Sì,
il titolo forse fa un po' libro di gossip o di memorie,
tipo "I miei anni con Lady Diana" o "I
miei anni con Aldo Fabrizi"
ma da qualche
parte occorreva pur partire
La premessa è semplice: non sono un programmatore,
ma mi occupo di redazione e grafica editoriale.
Con Giovanni Puliti la frequentazione andava avanti
da tempo per tutt'altre ragioni (comuni interessi sportivi
e musicali); nel 1999 Giovanni mi propose di occuparmi
degli allora nascenti progetti librari.
C'èra infatti l'intenzione di realizzare un libro
"tradizionale" da pubblicare con un'editore
interessato. Il materiale a disposizione era notevole,
il bagaglio di esperienze didattiche pure e così
partì l'operazione, destinata probabilmente a
rimanere un episodio sperimentale.
Da
allora, invece, tra titoli originali, traduzioni di
libri editi da O'Reilly e Wrox, cura editoriale di volumi
e altre pubblicazioni, la cosa è andata avanti,
a volte anche con qualche errore, fino ad oggi. In un
panorama librario affollatissimo, in cui accanto ad
ottimi titoli sono presenti anche pubblicazioni non
sempre all'altezza, il "marchio" MokaByte,
in accoppiata a quello di diversi editori tra cui Hops,
Tecniche Nuove, Hoepli, è riuscito a ricavarsi
uno spazio certo non imponente, ma assolutamente significativo.
Fin qui l'aspetto più propriamente professionale.
Ma, per un "profano" come me, questi sono
stati anni in cui ho potuto osservare con attenzione
e distacco l'evoluzione di Java, proprio perché
non coinvolto "tecnicamente". E la prima impressione
è stata quel passaggio da un mondo a tratti ancora
limitato, quasi "esoterico", da un linguaggio
(perché inizialmente si parlava ancora di "linguaggio
di programmazione") di cui i denigratori mettevano
spesso in luce i limiti, a un mondo di tecnologie strutturate,
sempre più integrate e potenti, sempre più
pervasive e mainstream. E ciò ha comportato un
cambiamento necessario anche nel modo di affrontare
i progetti e i problemi. Costringendo spesso i programmatori
più anziani a diventare architetti e a trasformare
la passionalità dell'entusiasta in una professionalità
molto più business-oriented. In una parola, un
"movimento" è cresciuto ed è
maturato.
Dall'altro lato, questi anni mi hanno consentito di
venire in contatto, oltre che con la controparte dei
responsabili delle case editrici, anche con svariati
articolisti e autori: al di là delle diverse
personalità, ho potuto riscontrare sempre un
tratto comune nell'entusiasmo e nella partecipazione,
nel "sentimento" che tutti mettono in quello
che fanno.
Devo confessare che, in certi casi, il cliché
del programmatore un po' geek, con le sue manie accompagnate
dalle sue genialità, ne esce sostanzialmente
rafforzato :. La cosa piacevole però, è
che in questi anni di contatti mi è spesso capitato
di incontrare persone connotate, oltre che da una dedizione
alla "causa Java", anche da passioni multiformi
che esulano dall'aspetto meramente informatico.
Ed è stato un piacere intrattenersi qualche volta
in interessanti disquisizioni sulla costruzione di amplificatori
a valvole, sui film trash degli anni Ottanta, sul mondo
dorato delle popstar internazionali, sulle gesta dei
mostri sacri del rock, su ciclismo agonistico e cicloturismo
e sulle alterne vicende della A.S Roma calcio (sì
anche questo).
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