MokaByte 100 - 8bre 2005
 
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I miei anni con MokaByte
di Francesco Saliola
fsaliola@mokabyte.it

Sì, il titolo forse fa un po' libro di gossip o di memorie, tipo "I miei anni con Lady Diana" o "I miei anni con Aldo Fabrizi"… ma da qualche parte occorreva pur partire…
La premessa è semplice: non sono un programmatore, ma mi occupo di redazione e grafica editoriale.
Con Giovanni Puliti la frequentazione andava avanti da tempo per tutt'altre ragioni (comuni interessi sportivi e musicali); nel 1999 Giovanni mi propose di occuparmi degli allora nascenti progetti librari.
C'èra infatti l'intenzione di realizzare un libro "tradizionale" da pubblicare con un'editore interessato. Il materiale a disposizione era notevole, il bagaglio di esperienze didattiche pure e così partì l'operazione, destinata probabilmente a rimanere un episodio sperimentale.
Da allora, invece, tra titoli originali, traduzioni di libri editi da O'Reilly e Wrox, cura editoriale di volumi e altre pubblicazioni, la cosa è andata avanti, a volte anche con qualche errore, fino ad oggi. In un panorama librario affollatissimo, in cui accanto ad ottimi titoli sono presenti anche pubblicazioni non sempre all'altezza, il "marchio" MokaByte, in accoppiata a quello di diversi editori tra cui Hops, Tecniche Nuove, Hoepli, è riuscito a ricavarsi uno spazio certo non imponente, ma assolutamente significativo.
Fin qui l'aspetto più propriamente professionale.
Ma, per un "profano" come me, questi sono stati anni in cui ho potuto osservare con attenzione e distacco l'evoluzione di Java, proprio perché non coinvolto "tecnicamente". E la prima impressione è stata quel passaggio da un mondo a tratti ancora limitato, quasi "esoterico", da un linguaggio (perché inizialmente si parlava ancora di "linguaggio di programmazione") di cui i denigratori mettevano spesso in luce i limiti, a un mondo di tecnologie strutturate, sempre più integrate e potenti, sempre più pervasive e mainstream. E ciò ha comportato un cambiamento necessario anche nel modo di affrontare i progetti e i problemi. Costringendo spesso i programmatori più anziani a diventare architetti e a trasformare la passionalità dell'entusiasta in una professionalità molto più business-oriented. In una parola, un "movimento" è cresciuto ed è maturato.
Dall'altro lato, questi anni mi hanno consentito di venire in contatto, oltre che con la controparte dei responsabili delle case editrici, anche con svariati articolisti e autori: al di là delle diverse personalità, ho potuto riscontrare sempre un tratto comune nell'entusiasmo e nella partecipazione, nel "sentimento" che tutti mettono in quello che fanno.
Devo confessare che, in certi casi, il cliché del programmatore un po' geek, con le sue manie accompagnate dalle sue genialità, ne esce sostanzialmente rafforzato :. La cosa piacevole però, è che in questi anni di contatti mi è spesso capitato di incontrare persone connotate, oltre che da una dedizione alla "causa Java", anche da passioni multiformi che esulano dall'aspetto meramente informatico.
Ed è stato un piacere intrattenersi qualche volta in interessanti disquisizioni sulla costruzione di amplificatori a valvole, sui film trash degli anni Ottanta, sul mondo dorato delle popstar internazionali, sulle gesta dei mostri sacri del rock, su ciclismo agonistico e cicloturismo e sulle alterne vicende della A.S Roma calcio (sì… anche questo).