Se
all'epoca pionieristica della Silicon Valley tutto iniziava
in un garage, era lecito aspettarsi che nell'epoca di
Internet tutto sarebbe nato in una mailing list. Infatti
così conobbi Giovanni e così iniziai a
collaborare con MokaByte. Ma andiamo per ordine.
Tutto
iniziò a fine 1995, quando avevo appena iniziato
il mio dottorato di ricerca all'Università di
Genova. Nell'ambito di un programma di collaborazione
con una grande azienda italiana stavo preparando un
seminario tecnico su Internet e dintorni (riguardate
la data: oggi navigano anche i bambini, ma era l'epoca
in cui Internet iniziava appena a far capolino fuori
dall'università, almeno in Italia). Un capitolo
era dedicato alle tecnologie del futuro e tra queste
mi era stato chiesto di illustrare brevemente Java.
Ne avevo appena sentito parlare e dopo un approfondimento
mi convinsi subito che avrebbe rivoluzionato il mondo
dello sviluppo software! Terminata la serie di seminari
tecnici richiesti, in cui Java ebbe un ruolo marginale,
decisi di focalizzarvi il mio dottorato - in quell'epoca
avevo anche capito che il mondo universitario italiano
non faceva decisamente per me e, pertanto, dovevo dare
un taglio "industriale" alle mie attività
di ricerca. Quale argomento poteva essere migliore di
una tecnologia nuova e promettente? Fu evidentemente
un'intuizione vincente.
Tuttavia
intuito e capacità personali non sono sempre
sufficienti. Bisogna incontrare anche le persone giuste
- da soli si può fare ben poco oggigiorno -,
quelle che sanno organizzarsi, hanno spirito d'iniziativa,
coraggio, capacità di presentarsi bene e quel
tanto di spregiudicatezza necessaria per percorrere
strade nuove mai percorse prima. Io fui anche fortunato:
stavo per fare un incontro, del tutto casuale, senza
il quale non sarei stato capace di esprimere tutto il
potenziale che avevo a disposizione.
Mi
ero da poco iscritto alla mailing list "strong-java"
per capirne di più (era il 1996 e ci scriveva
Gosling in persona!) quando fui contattato da un laureando
in informatica di Firenze, tal Giovanni Puliti, il quale
aveva in mente addirittura di fondare un e-magazine
focalizzato su Java e cercava collaboratori. Che idea
balzana! Ricordo che qualche mio collega all'università
ci fece su dell'ironia. Pertanto io decisi di aderire
subito all'iniziativa.
I
primi articoli furono una comparazione tra il linguaggio
C++ (che all'epoca era la mia competenza primaria) e
il nuovo linguaggio di Sun, seguiti qualche mese dopo
da RMI. Pochi mesi dopo Giovanni riuscì a portare
tutto il gruppo di Mokabyte ai Developer's Forum di
Infomedia, che pure aveva intuito il promettente avvenire
della nuova tecnologia. Di fatto eravamo i primissimi
in Italia a fornire formazione (e successivamente consulenza)
sul linguaggio Java e dintorni.
A
farla breve, negli anni successivi arrivarono le richieste
di docenze mirate, le consulenze, la collaborazione
con Sun Education Services, poi un'azienda fondata insieme
a due soci e tanta, tanta progettazione Java enterprise.
Ultimamente ho lavorato come libero professionista,
proseguendo in particolare la collaborazione con Sun,
sempre alternando formazione e progettazione. Da poco
tempo ho di nuovo una mia piccola azienda che funge
da contenitore delle mie attività e, oltre al
ruolo di Java Architect, mi occupo anche di project
management. E Java mi impegna ancora al 90%.
Che
dire di questi dieci anni? A parte la risposta scontata,
cioè che il tempo passa troppo velocemente, sono
stati anni divertenti. Java si è rivelata una
vera rivoluzione tecnologica all'interno della quale
chi si era mosso in anticipo, come Giovanni ed il gruppo
di Mokabyte, ha avuto ampie possibilità di manovra
e soddisfazioni professionali. Abbiamo fatto veramente
molta strada e possiamo dire di essere "cresciuti
con la tecnologia", anche perché, oltre
agli aspetti meramente legati al "linguaggio di
programmazione", abbiamo dato il giusto peso a
quegli argomenti che Sun Microsystems gli ha da sempre
associato: in poche parole quelli relativi al metodo
di progettazione - sto parlando di UML, UP, patterns
ed affini - le vere chiavi del successo di qualsiasi
progetto serio.
Ho
ancora un ricordo, in particolare, di quei primi anni
di Mokabyte. Consci del fatto che eravamo sbarbatelli
appena arrivati su quel palcoscenico, puntavamo molto
sulla precisione e sulla concretezza - in poche parole,
quando si parlava di evoluzioni future della tecnologia,
andavamo con i piedi di piombo. Purtroppo, in Italia,
se tenti di fare innovazione con troppo entusiasmo rischi
di passare per un visionario (è interessante
notare come questa stessa parola, che da noi ha una
valenza del tutto negativa, in USA indichi invece un
profilo professionale estremamente specializzato e ricercato
dalle aziende che vogliono mantenersi competitive -
poi chiedetevi se le aziende italiane hanno problemi
a stare sul mercato per propria miopia o per colpa dei
cinesi).
Ma
negli ultimi cinque minuti di un seminario, quando il
programma era stato portato a termine (e sempre con
grande soddisfazione degli utenti), concludevamo con
una breve "fuga in avanti". Illustravamo come,
nel giro di pochi anni, Java avrebbe conquistato il
settore entrerprise rivoluzionando il modo di progettare
sistemi per componenti. E come, qualche tempo dopo,
sarebbe stato distribuito in centinaia di milioni di
installazioni sui computer palmari e sui cellulari di
prossima generazione. Ricordiamoci che, ancora nel 1998,
Java era prevalentemente visto come un cazzillo per
mettere un po' di animazione nelle pagine Web e poco
più. Si iniziava appena a parlare di servlet
e gli EJB erano un acronimo del tutto sconosciuto. E
poi, essendo un linguaggio interpretato, Java doveva
essere necessariamente lento, lento, lento... Insomma,
per cose serie ci voleva il C++. Il risultato di quelle
panoramiche sul futuro era qualche sorriso ironico e
quelle due slide finali venivano considerate semplicemente
come il classico modo di terminare un seminario "in
leggerezza".
Noi
non avevamo la palla di cristallo: semplicemente ci
documentavamo su riviste scientifiche d'oltreoceano,
partecipavamo a discussioni su mailing-list di esperti,
cercavamo di guardare un po' oltre l'orizzonte. Potete
quindi immaginarvi quale sia la soddisfazione, a distanza
di anni, di aver visto Java conquistare gran parte del
mondo di back-office in banche, borse, assicurazioni,
compagnie telefoniche e di servizi. Per non parlare
dei telefonini. Fino ad arrivare in aree per certi versi
sorprendenti: se avrete il desiderio di leggere l'articolo
che presento in questo numero speciale di Mokabyte,
potrete apprendere come Java oggi sia usato con successo
come motore di distribuzione di dati di telemetria in
tempo reale in Formula Uno - e non si tratta di un prototipo
sperimentale, ma di un'applicazione reale e mission-critical
con cui si è appena vinto un mondiale.
Dieci
anni sono passati e la spinta propulsiva di Duke non
si è ancora esaurita. Lunga vita a Java. Lunga
vita a Mokabyte.
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