Serious gaming… apprendere giocando
A più riprese, su queste pagine, ci siamo occupati del gioco come strumento di apprendimento [1] analizzando le dinamiche dei giochi, la loro ideazione, la loro applicazione come “attrezzi del mestiere” per la trasmissione di concetti e la formazione esperienziale del personale. Abbiamo poi molte volte parlato di eventi, come la conferenza #play14 [2], in cui si fa esperienza di tale approccio.
Che cosa è un “gioco serio”
Un serious game è concepito non per il puro intrattenimento ma per scopi educativi, bilanciando l’aspetto ludico con quello formativo. Questi giochi sfruttano l’apprendimento esperienziale, rendendo l’esperienza diretta un potente strumento di formazione.
L’approccio “learning by doing” viene arricchito dall’elemento giocoso, essenziale per rendere l’apprendimento efficace. La pedagogia del serious gaming attinge da diversi modelli, evolvendosi dalla psicologia comportamentale a un approccio più olistico che coinvolge percezione, cognizione, comportamento, emozioni e motivazione.
Gli studi confermano l’efficacia dei serious games in vari ambiti di apprendimento, grazie alla capacità di simulare situazioni vicine alla realtà ma, grazie al contesto rilassato e divertente, riducendo l’ansia verso il nuovo e aumentando la fiducia e l’esperienza pratica degli utenti. La partecipazione attiva nel gioco facilita l’interiorizzazione delle conoscenze rispetto a metodi più passivi, come le lezioni frontali.
Inoltre, l’ambiente protetto e l’aspetto ludico promuovono un coinvolgimento maggiore e un’apprendimento meno giudicante e più spontaneo. La ripetibilità dei serious games consente ai giocatori di padroneggiare le dinamiche esplorate, preparandoli meglio alle situazioni reali.
Vari ambiti di applicazione
Oggi, i serious game trovano applicazione in svariati contesti, dalla formazione aziendale alle campagne educative, dalle attività promozionali alle simulazioni professionali in ambiti commerciali, tecnici e militari. Questi strumenti si rivelano particolarmente efficaci nell’addestramento di personale tecnico, nella gestione di situazioni di vendita e interazioni professionali, nonché nella preparazione per operazioni militari complesse, dimostrando la loro versatilità e il loro valore come metodi di apprendimento innovativi.
Il serious gaming nel mondo del lavoro
Recentemente si è iniziato a proporre l’uso di serious game anche nell’ambito della formazione formale; ma, per diventare uno strumento educativo praticabile devono essere presenti alcuni strumenti di verifica e di monitoraggio dei progressi affinché il contributo del serious gaming divenga riconoscibile nel contesto educativo o formativo in cui si stanno applicando.
Uno degli aspetti importanti è anche la conduzione del gioco da un facilitatore addestrato ed esperto che sappia tenere sotto controllo le tempistiche, l’evoluzione delle varie fasi e soprattutto che abbia competenze per gestire il debrief finale.
In questo articolo ci concentriamo in particolare su queste due aspetti.
La struttura di un gioco
In inglese ci sono due parole che sono associabili al nostro giocare: play e game. Sono due concetti differenti e soffermarci sulla differenza può essere utile per comprendere cosa sia il serious gaming.
Partiamo da un esempio spesso usato nella letteratura specialistica.
Play
Si immagini un bambino che si diverte con una palla. La lancia contro una parete e la palla gli torna indietro. La arresta con il piede e la rimanda nuovamente verso il muro. Attraverso questa attività, il bambino inizia a stabilire un collegamento tra determinate azioni del suo corpo e il tragitto della palla nello spazio. Questo tipo di interazione potrebbe essere definito come gioco associativo.
Si pensi poi che il bambino stia aspettando un compagno. Quando il compagno arriva, i due iniziano a muoversi lungo un vialetto, scambiandosi la palla mentre procedono. Il gioco, quindi, guadagna una dimensione sociale; le azioni di uno inducono una risposta nell’altro, e viceversa. Questa forma di interazione potrebbe essere interpretata come una conversazione spontanea, nella quale i due bambini si relazionano reciprocamente utilizzando la palla come mezzo. Questo tipo di gioco non ha un inizio o una fine precisi; si evolve piuttosto in modo fluido, passando senza interruzioni da un momento all’altro. Tale modalità potrebbe essere chiamata gioco continuativo.
Questo è quello che in gergo viene chiamato playing, che in italiano forse potremmo tradurre con un generico “giocherellare senza uno scopo”un’attività in cui le persone fanno cose senza un quadro, regole o un contesto.
Il gioco inteso come play ha sicuramente degli esiti positivi nello sviluppo di abilità e capacità, ma non può essere considerato vero e proprio game.
Game
Rispetto all’esempio della palla riportato sopra, giocare una partita di calcio ha invece una impostazione completamente differente. Quando parliamo di game, infatti, stiamo pensando a un gioco strutturato, con una sua “trama” e delle regole precise che vengono accettate da coloro che decidono di partecipare a tale gioco. Nel game si passa verso una realtà più complessa costituita da numerosi elementi.
Gli elementi del “game”
Il gioco inteso come game, abbiamo detto, si compone di elementi più numerosi e strutturati rispetto al più semplice play. Vediamoli di seguito.
Spazio o ambiente di gioco
Immergersi in un gioco equivale a varcare la soglia di un ambiente diverso, in cui, per un po’ di tempo, le consuete norme di vita vengono messe in pausa e rimpiazzate dalle regole del gioco. Un’attività non può definirsi gioco se i partecipanti vi sono coinvolti malvolentieri. L’intesa tra i giocatori di mettere in stand-by la realtà genera un ambiente protetto, dove è possibile adottare comportamenti che, nella quotidianità, potrebbero risultare azzardati, inopportuni o addirittura maleducati.
Limiti o confini del gioco
Ogni gioco è circoscritto da limiti temporali e spaziali. Esiste un istante preciso in cui il gioco prende avvio, con l’ingresso dei partecipanti nell’area di gioco, e un momento in cui essi la abbandonano, segnando la conclusione dell’esperienza ludica. Solitamente, il gioco si svolge entro confini spaziali definiti, oltre i quali le sue regole perdono di validità.
Regole del gioco e di interazione
Nell’ambito del gioco, i partecipanti si impegnano a rispettare determinate norme che governano la dinamica del mondo ludico.
Elementi di gioco
La maggior parte dei giochi si avvale di elementi fisici; i giocatori stessi possono essere considerati tali, in quanto la loro posizione nello spazio di gioco può rivelare informazioni sullo stato della partita.
Scopo
È essenziale che i giocatori dispongano di un criterio per determinare la conclusione del gioco; un obiettivo finale al quale tutti aspirano, riconosciuto e accettato da ciascun partecipante. In alcuni casi, come avviene in numerosi sport, il gioco può essere soggetto a delimitazioni temporali entro le quali ottenere l’obiettivo. Per esempio, nel calcio, entro i 90 minuti regolamentari, bisogna cercare di segnare dei goal, parola che significa, appunto, “obiettivo”.
Le fasi
Per essere efficace, specialmente come strumento didattico o di lavoro, un gioco deve essere strutturato in modo che segua uno schema tipico. Sarà compito del facilitatore che ogni fase abbia tempo/spazio opportuno e che tutto sia collegato con un senso logico ben preciso.
Fase di apertura
Il primo passaggio consiste nell’apertura, focalizzata sull’espandere gli orizzonti e sul generare nuove possibilità. È il momento dedicato alla riflessione innovativa, alla generazione di idee, alla vitalità e all’ottimismo. Il concetto fondamentale in questa fase è la “divergenza”, con l’obiettivo di abbracciare la più vasta diversità di punti di vista possibile.
Fase di esplorazione
Con l’energia e le idee ormai diffuse nell’ambiente, si procede con l’esplorazione e la sperimentazione. Il termine chiave in questa tappa è “emergenza” — nel senso di qualcosa che emerge, si manifesta — indicando l’intenzione di stabilire le condizioni favorevoli affinché possano manifestarsi elementi inattesi, sorprendenti e gratificanti.
Fase di chiusura
Nell’ultima fase, l’orientamento è verso la definizione di conclusioni, decisioni, azioni e direzioni future. È il momento per l’analisi critica delle idee, per una valutazione attenta e realistica. Non è possibile abbracciare ogni possibilità o seguire ogni opportunità. Quali sono le opzioni più valide? In quali ambiti conviene concentrare tempo ed energie? Il principio guida per la fase di conclusione è la “convergenza”.
Debrief di un gioco
Il debriefing nel contesto del serious gaming rappresenta un momento cruciale per massimizzare l’efficacia dell’apprendimento e garantire che le esperienze vissute durante il gioco si traducano in conoscenze e capacità applicabili nella realtà. Questa fase, che segue immediatamente l’attività ludica, è il ponte che collega l’esperienza diretta con la riflessione critica, permettendo ai partecipanti di analizzare le dinamiche sperimentate, discutere gli esiti e consolidare gli apprendimenti.
Durante il debriefing, i giocatori hanno l’opportunità di esprimere le proprie percezioni, sentimenti e pensieri scaturiti dall’esperienza di gioco. Questo scambio facilita la comprensione profonda dei concetti chiave e delle strategie adottate, evidenziando sia i successi che gli errori, in un contesto di apprendimento sicuro e non giudicante. La discussione guidata aiuta a identificare e a riflettere sulle decisioni prese, sulle strategie implementate e sulle loro conseguenze, promuovendo una maggiore consapevolezza delle proprie azioni e delle dinamiche di gruppo.
Il debriefing serve anche a rafforzare il legame tra teoria e pratica. Attraverso la riflessione guidata, i partecipanti possono collegare le esperienze vissute con i principi teorici sottostanti, facilitando l’integrazione dell’apprendimento e la sua trasferibilità in contesti reali. Questo processo di riflessione consente di trasformare l’esperienza in conoscenza applicabile, migliorando le competenze decisionali e la capacità di affrontare situazioni simili in futuro.
Durante il debriefing, un bravo facilitatore dovrebbe dare ampio spazio alle seguenti tre fasi, rispettandone l’ordine.
Re-live
Durante la prima fase, il facilitatore invita i giocatori a rivivere le fasi del gioco: che cosa hanno visto, cosa hanno sentito. cosa hanno fatto, come e perché. È importante che i primi a parlare siano proprio i giocatori, stimolati dal facilitatore che solo successivamente dirà cosa ha visto, e farà esempi, portando casi concreti e riferimenti. È una fase emozioanale.
Se il gioco ha suscitato molte riflessioni perché tocca molti argomenti, è bene elencare tutto quello che si è sperimentato per tutti gli argomenti/esempi/casi, prima di passare alle fasi successive. Se gli elementi emersi diventano tanti, è bene fissarli alla lavagna e fare nominalizzazione (vedi sotto).
Contestualizzazione con la vita reale
Questa fase si occupa di riportare nella vita reale quanto si è visto e sperimentato durante il gioco. Si tratta di dare un senso del perché un determitato elemento poi ce la ritroveremo in ufficio o in altro ambito lavorativo. Il facilitatore farà bene a chiedere anzitutto ai giocatori di fare questa “traduzione”, ponendo domande del tipo “Secondo voi, nella vostra vita di tutti i giorni, dove ritroviamo i concetti che abbiamo fissato al punto 1?”. Solo successivamente, il facilitatore fornirà un suo contributo con riportando esempi e connessioni.
Teoria
A questo punto il facilitatore spiega la teoria che sta dietro al gioco. Di fatto è questa la fase in cui il facilitatori parlerà in maniera prevalente, ma sempre dando spazio alle importanti domande e interazioni. È anhe questa una fase in cui è cruciale continuare con la nominalizzazione, di cui parliamo subito.
L’importanza della nominalizzazione
Per nominalizzazione intendiamo l’operazione di individuare bene le esperienze vissute e attribuire ad esse dei nomi adeguati, in grado di descrivere esattamente certi concetti.
In un debriefing a gioco concluso, la nominalizzazione è quantomai essenziale per concretizzare le esperienze, attribuendo appunto dei nomi a concetti o comportamenti emersi. Questo processo trasforma le dinamiche di gioco in entità linguistiche, facilitando la discussione e l’apprendimento.
Un esempio semplice può essere il fseguente: i partecipanti al gioco hanno rilevato, in diverse occasioni, che sono state adottate delle decisioni affrettate, senza aver fatto le giuste riflessioni. Allora ci si mette d’accordo di usare per questi comportamenti il nome “decisionismo impulsivo”. Durante il debriefing, Questa nominalizzazione trasforma le esperienze in parole ricche di significato e aiuta i partecipanti a riflettere criticamente sulle proprie azioni, promuovendo una comprensione più profonda delle dinamiche sperimentate.
La nominalizzazione migliora la memorizzazione degli insegnamenti, creando ancore mentali che facilitano il richiamo delle lezioni apprese e il loro trasferimento in contesti reali. Inoltre, stabilisce un linguaggio comune tra i partecipanti, rendendo la comunicazione più efficace e permettendo uno scambio di feedback costruttivo. Questo aspetto è cruciale per costruire una comprensione condivisa e per l’allineamento del gruppo, specialmente in ambienti formativi o organizzativi.
Attraverso la nominalizzazione, i principi pedagogici e le strategie osservate nel gioco vengono collegati a concetti teorici e applicazioni pratiche, arricchendo il bagaglio di conoscenze e competenze dei partecipanti. In sintesi, la nominalizzazione nel debriefing trasforma l’esperienza ludica in apprendimento significativo, rendendola uno strumento potente per l’efficacia dell’apprendimento esperienziale.
Si raccomanda l’attribuzione di un nome o di una parola chiave a un concetto, quale il titolo di una tecnica, di una pratica o di un principio teorico. È consigliabile l’uso di terminologie semplici o comunque facilmente comprensibili, al fine di facilitare la creazione di connessioni e ancore mentali. L’adozione di un linguaggio chiaro e accessibile contribuisce a rendere la comunicazione più efficace. Si suggerisce, inoltre, di inserire pause durante la presentazione, per consentire agli ascoltatori di prendere appunti, assimilare le informazioni e formulare domande.
Conclusioni
Giocare con il serious gaming rappresenta un ottimo modo per sperimentare tematiche legate al management, al coaching, alla gestione dei gruppi di lavoro, all’analisi e risoluzione dei problemi, al team building, all’analisi retrospettiva, all’apprendimento e molto altro ancora.
Il gioco serio consente di creare un ambiente rilassato e non giudicante e di rilasciare alcuni vincoli normali in ambito lavorativo, favorendo fortemente l’apprendimento e il trasferimento delle esperienze ludiche nella vita reale.
Riferimenti
[1] Giulio Roggero, Agile Gamification: apprendere le metodologie giocando. I parte: Il gioco e le metodologie Agile. MokaByte 182 – marzo 2013
(e tutti gli articoli successivi della serie)
https://www.mokabyte.it/2013/03/01/agilegamification-1/
[2] Marta Ghislandi, #Play14 Bologna 2023 – Il percorso continua. MokaByte 296 – luglio-agosto 2023
(e tutti gli articoli precedenti della serie)
https://www.mokabyte.it/2023/07/11/play14bologna2023/