Dopo diversi mesi di rumors e tentativi di acquisizione da parte di colossi del software proprietario (leggasi Oracle), alla fine il creatore dell‘Application Server JBoss e del fenomeno culturale ed economico alle sue spalle si è deciso a vendere l‘azienda. E alle sue condizioni.
Dopo diversi mesi di tentativi di acquisizione da parte di colossi del software proprietario (Oracle) [1], JBoss passa in mano a Red Hat, ma alle condizioni stabilite da Marc Fleury.
Un elemento su cui la trattativa con Oracle si è arenata in passato era infatti l‘indipendenza della “divisione” JBoss all‘interno della nuova organizzazione. Oracle voleva infatti acquisire l‘azienda e fonderla al proprio interno, gestendo direttamente le risorse. Marc Fleury voleva invece un‘azienda nell‘azienda, mantendo il controllo della divisione JBoss, che rispondesse direttamente al CEO dell‘acquirente. Il desiderio era quello di mantenere un ruolo chiave anche nella nuova organizzazione. Ad Oracle non andava bene, ma è proprio questa la configurazione accettata da Red Hat.
La vendita sarà perfezionata nei prossimi giorni. Anzi, quando leggerete questo articolo è possibile che sia già stata conclusa.
La mossa non sorprende più di tanto, se valutata a posteriori, viste le continue voci su JBoss che circolavano negli ultimi tempi; e sicuramente Red Hat, che affonda la propria storia in solide radici legate all‘Open Source, un terreno comune a JBoss, rappresenta un candidato decisamente migliore rispetto ad altre aziende con un modello di business tradizionale, come Oracle.
In termini pratici, le condizioni della vendita sono le seguenti [2]: il prezzo di acquisto, almeno 350 milioni di dollari, verrà corrisposto 40% in contanti e 60% in azioni Red Hat. Inoltre, ci sono in ballo altri 70 milioni di dollari, il cui pagamento sarà in funzione dei risultati finanziari della nuova azienda. Sicuramente un ottimo risultato per Marc Fleury, considerando che nel 2005 JBoss ha guadagnato solo dai 20 ai 30 milioni di dollari, mentre nel 2006 c‘è una previsione di 60 milioni di dollari e 80 per il 2007.
Prospettive
L‘acquisizione di JBoss si inserisce all‘interno della strategia di Red Hat di fornire uno stack di tecnologie Open Source completo, dal sistema operativo all‘infrastruttura di middleware. Il marketing suggerisce anche “per una più veloce implementazione di SOA”, anche se l‘impatto sul tradizionale panorama J2EE è comunque degno di interesse. L‘integrazione di uno dei più noti e affidabili Application Server J2EE consente dunque all‘azienda dal cappello rosso di non attendere che altri prodotti Open Source emergano e raggiungano un certo livello di sviluppo (come Geronimo).
Red Hat vendeva infatti il supporto per Jonas, l‘Application Server concorrente del consorzio francese ObjectWeb. L‘avventura con Jonas non è stata delle migliori, visto che il software è più noto in Europa ma quasi invisibile nelle ricerche di mercato relative agli Stati Uniti, dove invece JBoss è molto utilizzato.
Red Hat e JBoss hanno provato in passato a stabilire una collaborazione simile ma non è stato mai concluso nulla. Oggi queste due entità sono la stessa.
Inoltre, JBoss contiene una suite di middleware che include motori di portale, messaggistica e regole, oltre a gestori di processi di business e di transizioni. Come Web Server è promettente. Questi elementi software sono ora al cuore di qualsiasi infrastrutture IT, e tutti i fornitori offrono server, Web Server e portali, insieme ai propri Application Server.
Elemento importante, inoltre, è la presenza di una azienda già consolidata e con buoni profitti atta al supporto, sviluppo e sfruttamento di JBoss. Comprando l‘azienda, infatti, Red Hat si assicura anche tutti i clienti di JBoss, molti dei quali sono presenti nelle Fortune 500. Essendo presenti con l‘Application Server, il passo successivo naturale diviene quello di proporre la migrazione a Red Hat Enteprise Linux.
E gli sviluppatori?
La notizia di questa acquisizione potrebbe essere accolta positivamente dagli sviluppatori, soprattutto da coloro che hanno investito molto in JBoss, o che intendono farlo. Il fatto che Fleury abbia deciso di accasarsi all‘interno di una azienda con una solida cultura dell‘Open Source dovrebbe essere una garanzia di continuità del noto Application Server, anche se il costo dell‘operazione per le casse di Red Hat è stato notevole, tanto alto che alcuni analisti si chiedono se il gioco varrà la candela.
Con un eventuale passaggio di JBoss all‘interno di una organizzazione basata su modello di business tradizionale ci sarebbe stato da chiedersi se il “Professional Open Source” di Fleury avrebbe ancora avuto modo di esistere o sarebbe stato visto soccombere sotto il peso del modello proprietario.
Dal punto di vista pratico è possibile pensare ad una certa agevolazione futura dell‘uso di Linux come ambiente di sviluppo o di supporto allo sviluppo.
Il fatto di installare Red Hat Enterprise Linux (o anche Fedora Core?) su un computer ed avere automaticamente, segliendo solo i pacchetti relativi in fase di installazione, l‘Application Server JBoss, è una comodità non da poco. Ricorda un po‘ Mac OS X, che appena installato dispone già di Apache e PHP: per iniziare a sviluppare è sufficiente aprire un editor e scrivere una pagina.
Con RHEL ci potrebbe dunque essere una certa crescita dell‘uso di Linux nel middleware aziendale, sia esso relativo agli utenti che agli sviluppatori.
Conclusioni
L‘acquisizione di Red Hat deve anche essere analizzata nell‘ambito delle partnership in essere tra l‘azienda e diverse realtà importanti nel mondo del software. Con questa mossa Red Hat cambia il suo posizionamento anche in relazione ad altri partner, come la stessa Oracle e il colosso IBM. Con queste aziende Red Hat ha infatti in corso alcune operazioni di collaborazione relative a Linux. Come cambierà lo scenario, considerando anche che Red Hat + JBoss sono una formica, rispetto agli elefanti Oracle, IBM e BEA?
Il nuovo soggetto Red Hat + JBoss può costituire un‘azienda interessante per il panorama del middleware, anche se è ancora da vedere se la soluzione sarà profittabile. Il CEO di Red Hat ci ha scommesso un bel po‘. Fleury ha già vinto; ci riuscirà anche Red Hat?
Bibliografia
[1] M.Bigatti, “L‘Oracolo e l‘Open Source”, Mokabyte 4/2006
https://www.mokabyte.it/cms/article.run?articleId=MY9-RHR-559-4BV_7f000001_7470813_89dcb3d1
[2] M. La Monica, “Red Hat scoops up JBoss”, News.com 4/2006
http://news.com.com/Red+Hat+scoops+up+JBoss/2100-7344_3-6059293.html?tag=nl.e498
[3] C.Babcock, “Red Hat-JBoss: Hitching Open To Service-Oriented Architecture”, InformationWeek.com 4/2006
http://www.informationweek.com/story/showArticle.jhtml?articleID=185302881
Massimiliano Bigatti è sviluppatore senior, autore tecnico e appassionato di fotografia.
Certificato, tra le altre, come SUN Certified Enterprise Architect for Java2 Enterprise
Edition Technology, lavora presso un importante business solution provider.
Nel tempo libero scrive per diverse riviste di informatica e ha scritto una decina di libri,
quasi tutti su Java, tra cui "Java e Open Source", Tecniche Nuove 2005.
Il suo sito personale è raggiungibile all‘indirizzo www.bigatti.it.