Nel giugno scorso, a Trento, nella splendida cornice della struttura che ha ospitato la conferenza, scrum master, product owner e molti coach o aspiranti tali, si sono riuniti per discutere, scambiarsi esperienze e punti di vista su tutto ciò che ruota intorno al mondo dell’agile, alla gestione di progetti tramite Scrum, Kanban o XP e molto altro ancora.
La conferenza è stata organizzata secondo la formula della un-conference ([OST]e [UC]), un sistema particolarmente interessante che si sposa bene con la filosofia Agile. Differentemente da una conferenza convenzionale, che prevede una fase di progettazione e preparazione dei contenuti e dei vari talk (per esempio tramite il classico call for paper), gli organizzatori di una un-conference (detta anche open-conference) si preoccupano solo del contenitore e quindi gli aspetti logistici della conferenza (dalla location all’allestimento delle varie sale); i contenuti della conferenza sono invece decisi dai partecipanti, sia al momento della iscrizione (specificando a cosa vorrebbero assistere e come invece pensano di contribuire), sia poi organizzando i vari talk della conferenza stessa. Per esempio nel caso dell’ACC il form di registrazione (position paper) prevedeva queste due semplici domande.
- What do you plan to learn and explore at this camp?
- How do you plan to contribute?
Two feet law
Una open conference si basa su un format molto semplice e libero: ogni partecipante può assistere a ciò che reputa più interessante, entrare o uscire dai vari talk (sia per portare in altri gruppi quanto sentito altrove – la cosiddetta cross pollination – sia per non perdere tempo in discussioni non di suo interesse).
Le regole sono sintetizzate secondo quella che prende il nome di “legge dei due piedi” (two feet law), le cui regole e principi sono rappresentate in modo molto esplicativo dalle seguenti immagini (le immagini sono realizzate da Claudio Perrone e sono rilasciate su licenza Creative Commons):
Figura 1 – Legge dei due piedi: se non imparo o non ho nulla con cui contribuire alla discussione,
meglio spostarmi altrove.
La legge dei due piedi include alcuni principi che spiegano meglio cosa ci si può attendere dalla conferenza e quale è il giusto spirito che si deve trovarvi:
Figura 3 – Principio 1: chiunque partecipa è la persona giusta.
Figura 4 – Principio 2: in qualsiasi momento accada qualcosa, quello è il momento giusto.
Figura 5 – Principio 3: qualsiasi cosa accada, era la cosa giusta che doveva accadere.
Figura 6 – Principio 4: quando è finita, è finita.
La conferenza
A Trento il programma prevedeva l’inizio delle cerimonie la sera del venerdì con un aperitivo e successiva cena: molte persone già si conoscevano, per molti invece è stato il momento per incontrare nuovi colleghi provenienti da tutta italia e anche dall’estero.
Dopo la cena di benvenuto, la serata è proseguita nella sala principale dove, dopo la presentazione dell’evento, i vari partecipanti a rotazione si sono presentati raccontando che tipo di lavoro o di attività svolgono regolarmente e cosa si aspettassero dalla conferenza o come intendessero contribuire.
Figura 7 – Presentazione dei partecipanti la sera dopo cena.
Dopo questa carrellata di piccoli talk, la serata è proseguita in molto informale al bar o direttamente ai tavoli del parco dell’albergo.
La mattina successiva si è iniziato con la presentazione ufficiale della conferenza da parte del nostro ospite e organizzatore dell’evento (Pierluigi Pugliese) che ha rispiegato il format e ha mostrato la board principale dove si sarebbero poi inseriti i vari talk per la giornata.
Figura 8 – Pierluigi introduce alla conferenza, al format e alle poche regole che regoleranno la due giorni.
Tutti quelli che erano interessati a presentare un talk da proporre alla platea (“vorrei parlarvi di queste cose che conosco bene”), una discussione su un tema caro (“vorrei condividere queste riflessioni che sto facendo in questo momento per avere il vostro parere”), o anche semplicemente una richiesta di aiuto (“ho un problema in azienda, chi mi aiuta?”), hanno scritto il titolo del talk su dei cartoncini adesivi che poi avrebbero attaccato alla board.
La board con tutte le proposte è stata suddivisa in zone di discussione (le colonne corrispondenti alle le varie sale della struttura alberghiera) e in slot di 1h ciascuno (le righe corrispondenti alle ore della giornata). Ogni propositore poteva scegliere orario e location, sia fra quelle previste che altre scelte direttamente dai partecipanti (dalla sala grande, alle salette, ai tavoli nel parco, alla sauna o piscina o in qualsiasi altro posto si volesse proporre, perfino un pub in città).
Figura 9 – Preparazione dei cartoncini per la presentazione dei talk.
Successivamente i propositori si sono messi in fila per la presentazione dei propri talk: la regola e l’etichetta impone che chi ha più di una proposta, ne può presentare una per volta e poi si rimetta in fila. Rispetto e cortesia sono fra i principi agili più importanti e seguiti.
Figura 10 – Man mano che le proposte sono state presentate, la board ha preso forma fino a diventare il programma della giornata: foto col cellulare e tutti sapevano esattamente a cosa partecipare, quando e dove.
I talk si sono poi svolti in modo molto naturale: scelto l’argomento tutti hanno potuto entrare o uscire dai vari talk. Le formule con cui le discussioni erano organizzate spaziavano dalle classiche presentazioni con pennarelli e flipchart…
Figura 11 – Una presentazione basata sul format classico: lavagna e pennarelli.
.. alle discussioni al tavolo nel parco (rinominata la location “on” the trees)…
Figura 12 – “on” trees location.
… oppure tramite format più originali tipici di questo tipo di conferenze o dell’agile: per esempio uno particolarmente interessante è quello della fish-ball: quattro sedie a disposizione nel centro, tre persone a sedere, autorizzate a parlare e a portare avanti la discussione. Gli altri intorno in seconda fascia in rigoroso silenzio. Se uno degli esterni vuol partecipare entra obbligando un volontario ad uscire.
Figura 13 – Una discussione organizzata secondo il format del fish ball.
Al termine di entrambe le giornate l’owner ha guidato una discussione di gruppo in cui tutti hanno portato il feedback delle varie sessioni a cui avevano partecipato. Tutto rigorosamente in inglese per favorire la comprensione anche dei partecipanti esteri e con la conversazione regolata dal talking stick.
Figura 14 – La retrospective a fine serata.
Applicazione della metodologia agile direttamente alla conferenza
Nel dopo cena della prima della sera di conferenza, grazie al clima creativo e partecipativo (e a qualche birra) parlando in modo libero e spontaneo, ho avuto l’occasione di partecipare a una discussione che avrebbe dato vita a un progetto che avrebbe per sempre cambiato il corso della conferenza: da lì a poco sarebbe nato XPFactor.
Il gruppo ha iniziato a ragionare sulla possibilità di organizzare un “gioco” per la sera successiva con lo scopo di divertirci ma anche di mettere alla prova la metodologia agile.
Pur non essendo un’idea del tutto originale, l’abbiamo adattata sia per provare le capacità dei partecipanti sia la metodologia che spesso mettiamo in atto in azienda: di fatto è stato un interessante esperimento di visioning; l’analisi fatta il giorno successivo è stata condotta seguendo un tipico approccio da retrospective Scrum.
In sintesi, il gioco che abbiamo creato consiste nel creare un format strutturato su differenti livelli di complessità e che coinvolgesse i giocatori in una prova di public speaking e improvvisazione. Il partecipante, dopo aver scelto un argomento, doveva improvvisare una presentazione con slides scelte su Slideshare dalla giuria, in modo… più o meno a caso. Nel livello di difficoltà più elevato, anche la scelta dell’argomento era fatta dalla giuria.
Rispolverando il noto framework Cynefin (che offre un modello di classificazione della complessità) abbiamo ricreato una versione che suddivideva la difficoltà del gioco in quattro quadranti: i casi “semplice”, “complicato”, “complesso”, “caotico” sono stati goliardicamente rivisitati con classi di complessità di ispirazione “hot”.
Figura 15 – I quattro quadranti del Cynefin riadattati per la creazione della XPFactor Board.
La scala di complessità variava dal poter scegliere tema e pre-visionare le slides per 30” fino al mistero assoluto (giuria sceglie tema e non è consentita alcuna pre-consultazione delle slides). Ispirandoci ai match dell’improvvisazione teatrale, la categoria più difficile prevedeva di effettuare le presentazioni in rima, cantate, oppure in giapponese (ovviamente gramelot).
Il gioco è stato veramente divertente e per certi versi molto interessante. Seguendo le tecniche tipiche delle fasi di inception di un progetto (quando per comprendere scope e vision del progetto ci si avvale di tecniche “materiche”) il gioco è stato progettato secondo la nota tecnica dell’elevator pitch e ha visto la creazione del product box, nome del team, slogan etc.
Figura 16 – Uno dei creatori del gioco con in mano il product box del prodotto;
non mancano il nome del team e il logo sulla fascia in testa.
Restrospective
Il giorno successivo, prendendo spunto dalle tecniche di retrospective utilizzate per esempio in Scrum, abbiamo coinvolto alcune persone che avevano partecipato al gioco, per mettere in pratica un’analisi del gioco e di come è stato realizzato. L’idea era quella di identificare cosa era andato bene e cosa invece poteva essere migliorato, nell’ottica di creare un format che fosse riutilizzabile anche in altri eventi e conferenze. Ovviamente il vero scopo dell’attività non era tanto quello di creare veramente un nuovo gioco di società, ma di mettere in pratica le tecniche di valutazione e di azione su un qualcosa di atipico. Grazie a strumenti come learning matrix o starfish map (consiglio la lettura dell’ottimo libro [AR]) sono state individuati non solo possibili punti deboli o di miglioramento del gioco, ma anche azioni e responsabili delle stesse (owner degli interventi).
Figura 17 – Learning matrix con punti deboli o di valore e possibili interventi sul gioco.
Figura 18 – Action list con action owners.
Conclusione
La tre giorni è stata sicuramente una esperienza molto interessante e stimolante. Incontrare molte persone interessante al tema del coaching agile è certamente una esperienza memorabile. Personalmente ho trovato molto stimolante anche il semplice confronto sulle varie tecniche di condivisione e discussione, compreso il format della open conference. Per chi fosse interessato a eventi di questo tipo, ricordiamo che a settembre si terrà il POCamp Italy – 2013, evento a cui MokaByte partecipa in qualità di media partner.
Riferimenti
[OST] Open-space technology
http://en.wikipedia.org/wiki/Open-space_technology
[UC] Unconference
http://it.wikipedia.org/wiki/Non_conferenza
[AR] Esther Derby – Diana Larsen, Agile Retrospective: Making Good Teams Great
[POC] Product Ownership Camp – settembre 2013
http://www.pocamp.org