In questo articolo diamo uno sguardo allargato alle diverse incarnazioni dei principi lean. Se il Lean Manufacturing nasce in ambito industriale, per la produzione di auto, il Lean Software Development si è affermato in questi anni nello sviluppo software. Ma ci sono anche altri campi di applicazione: li vedremo in breve, insieme a una serie di critiche e limiti del paradigma Lean.
Lean per tutti…
È possibile riscontrare un approccio abbastanza diffuso nella comunità degli sviluppatori evoluti e di coloro che si occupano di gestire i processi di sviluppo software (coach, “manager”, scrum master e chiamiamoli con tutti i nomi adatti): si tratta al tempo stesso di un punto di forza e di debolezza. Stiamo parlando dell’entusiasmo per le novità inerenti il modo di gestire i progetti, di realizzare i prodotti, di intendere l’idea stessa di gruppo di lavoro e di impresa.
In pochi ambiti come in quello dello sviluppo software c’è stato negli ultimi anni un interesse per i principi e le metodologie che possano migliorare i processi, creare valore (come si dice con una locuzione che rischia però di diventare inflazionata), portare a un miglioramento delle competenze del personale coinvolto. Le diverse conferenze che, un po’ in tutto il mondo, affrontano questi temi sono infatti tra gli eventi più partecipati e portano spesso a un accrescimento delle conoscenze e a una diffusione di fecondi stimoli di riflessione e sensate pratiche estremamente valide quando si torna nelle “trincee” lavorative.
D’altro canto, però, questo entusiasmo rischia a volte di far perdere di vista tutta una serie di aspetti collaterali importanti: concentrati sulla novità e convinti, giustamente, della bontà di certe metodologie, si tende a restringere lo sguardo solo all’ambito dello sviluppo software e quasi solo alla realtà statunitense da cui in genere certe suggestioni provengono. In questo senso, alcune idee, che si sono fortunatamente affermate nella riflessione avvenuta in questi ultimi anni tra gli addetti ai lavori dello sviluppo software, non sono affatto “nuove” o eclusivamente legate al mondo dello sviluppo, ma sono magari state concepite qualche decennio addietro, o provengono da ambiti un tempo snobbati dagli “esperti di informatica”, come certe scienze umane quali la filosofia, l’antropologia, la sociologia, la psicologia, o da scienze fisiche e naturali quali l’ecologia: le teorie della complessità rappresentano un esempio calzante in tale senso, con l’idea di Cynefin che oggi viene citata da chiunque si occupi di organizzazione e gestione dei processi e dei team di sviluppo a proposito dei sistemi complessi adattativi. Dave Snowden, colui che ha messo a punto questa infrastruttura interpretativa, in ogni caso, proviene da una formazione filosofica ed economica.
La lezione del lean
Nella messa a punto del Lean Software Development, però, gli addentellati con la realtà “non software” sono fin troppo forti ed esplicitati: tutti coloro che, in un modo o nell’altro, si confrontano con il modo lean di sviluppare software e con le lavagne Kanban (e ancor di più con Kanban come concetto e metodologia, che non va ridotto alla sola lavagna) sanno bene che certi principi e certe pratiche provengono da un mondo industriale molto “classico”, quello della produzione di autoveicoli.
Le varie declinazioni lean
La storia del sistema di produzione Toyota, la genialità di figure come l’ingegnere Taiichi Ohno, i concetti dell’organizzazione dello spazio di lavoro, della logica pull e del sistema di fornitura Just In Time sono temi riportati non solo sui testi di economia e organizzazione aziendale [1], ma anche in quelli specificamente dedicati solo alla produzione snella nel mondo del software [2].
La lezione del Lean sta proprio nella sua “adattabilità”: nato e sviluppato nei decenni immediatamente successivi alla Seconda Guerra Mondiale come sistema di produzione specificamente tarato per una precisa realtà automobilistica (Toyota Production System, TPS), è stato sistematizzato come sistema industriale generale (Lean Manufacturing) tra la fine degli anni Ottanta e i primi Novanta del secolo scorso. Dalla riflessione sulla produzione lean, è nata l’applicazione di certi principi a realtà produttive e di progettazione diversificate (cosidetto Lean Thinking) [3], fino ad arrivare alla totale “smaterializzazione” del prodotto cui si assiste nel Lean Software Development.
In breve, i principi lean possono essere applicati a varie realtà, e queste realtà possono essere presenti contemporaneamente all’interno di un stessa grande azienda (ufficio progettazione, manifattura, ufficio contabile etc.), oppure possono essere ben distinte, seppur collegate, come accade nel caso delle piccole imprese.
Nei prossimi paragrafi vedremo alcuni esempi, e anche alcuni limiti, tipici delle varie declinazioni del paradigma lean, e concluderemo con l’osservazione del perche’, nella transizione verso il lean, il mondo dello sviluppo software (appartenende a chi realizza i cosiddetti “soft products”), che poi è quello che ci interessa da vicino, sia naturalmente “avvantaggiato” rispetto ad altri settori (quelli manufatturieri, che fabbricano “hard products”).
Lean e produzione manufatturiera
Chiaramente non staremo a fare tutta la storia del successo della Toyota, e delle svariate altre aziende manufatturiere che in diversi contesti industriali, in tutto il mondo, hanno adottato e applicato il Lean Manufacturing. Riportiamo però brevemente i principi lean teorici alla base dell’organizzazione del flusso di lavoro in questi contesti:
- Definire il valore, cioè stabilire che cosa il prodotto apporti di positivo dal punto di vista del cliente che ne usufruirà.
- Eliminare gli sprechi (da quelli di materie prime ai trasporti inutili, dalle giacenze di magazzino non utilizzate alla sovrapproduzione, da quelli legati ai tempi morti e agli intoppi nei processi a quelli costituiti dai prodotti difettosi). Da questo deriva l’importanza del tipo di fornitura Just In Time (JIT) che, come vedremo, è fondamento cruciale per la riuscita del sistema lean.
- Comprendere esattamente il processo da seguire e implementarlo con un flusso senza intoppi, in cui le varie fasi abbiano tra loro una transizione uniforme e continua.
- Logica pull: le fasi a valle “tirano” le fasi a monte quando hanno completato il lavoro precedente (non si lasciano tanti lavori a metà, WIP, ma si tende a completare). Il sistema dei cartellini kanban nasce proprio con questo scopo.
- Kaizen: analizzare quanto fatto e migliorarlo continuamente.
Gli “inconvenienti” del Lean Manufacturing
Da un punto di vista del lean applicato all’IT, spesso si colgono solo gli aspetti innegabilmente positivi derivanti dalla messa in pratica dei principi appena ricordati, ma non ci si rende conto che una produzione snella in campo manufatturiero è, al di là dell’innegabile validità dei principi, un’impresa decisamente ardua e complessa, che va affrontata a tutto tondo e che può essere messa in piedi solo in presenza di alcune condizioni.
Spesso si pensa che tale approccio sia possibile solo con le grandi aziende e non con le piccole e medie imprese, ma la questione non è assolutamente questa: concettualmente, il lean va bene anche per piccole realtà, ma il discorso è che invece le grandi aziende possono in genere incidere sul contesto socioeconomico del territorio in maniera decisamente più marcata rispetto a quella delle piccole aziende. All’azienda infatti non basta intraprendere un cambiamento interno, fatto di riorganizzazione dei processi, di formazione del personale, di esplicitazione delle pratiche snelle, di gestione pull del workflow.
La catena di fornitura
All’azienda manufatturiera lean serve anche un “ecosistema” in cui poter prosperare: la cosiddetta catena di fornitura snella (“lean supply chain”) è presupposto fondamentale per avere forniture (materie prime, semilavorati, servizi etc.) che consentano un’implementazione del sistema di approvvigionamento JIT. Senza questo tipo di catena di fornitura, l’azienda manifatturiera lean non può ridurre significativamente gli sprechi derivanti dai costi di magazzino, dai costi di trasporto e dagli inevitabili tempi morti che rischiano di verificarsi non per ragioni “interne” legate al lavoratore o alle attrezzature, ma per ragioni in parte esterne, legate alla difficoltà di gestire le tempistiche di fornitori e forniture con il sistema Just In Time.
Sia chiaro che questo è un discorso estremo, perche’ in realtà ci sono casi di successo in cui si è riusciti a instaurare questo tipo di flusso in maniera affidabile e funzionante: ma, specie in Italia, si tende troppo a concentrarsi su una sola delle variabili coinvolte in questa realtà complessa, invece di innovare in maniera olistica i modelli di produzione. Se il Lean Manufacturing è l’epitome della flessibilità, lo è su tutti i fronti: flussi logistici, tecnologie produttive, semplificazione organizzativa e gerarchica, progettazione e sviluppo, reti di rapporto con i fornitori. Tutte queste componenti devono essere investite da questi cambiamenti. Adottare nuove tecnologie, ma senza al contempo semplificare gerarchia e organizzazione, serve a poco… anzi fa più male che bene, perche’ aumenta il “time to market”. Aumentare la flessibilità dei lavoratori, come è avvenuto negli ultimi 15-20 anni anche da noi, ma senza adottare di pari passo tutti gli altri accorgimenti, finisce per deteriorare la qualità e la produttività, anche perche’ viene meno quel principio di miglioramento continuo da parte della manodopera che nella sua precarietà non percepisce più i necessari incentivi all’acquisizione di competenze professionali sempre più “raffinate” che poi si ripercuotono sulla produttività.
Nel nostro tessuto produttivo, fatto da molte piccole e piccolissime imprese [4], la competitività sui mercati globali si fa o riducendo drasticamente il costo del lavoro, oppure aumentando drasticamente la produttività, che è poi l’ottica in cui si pone l’idea di kaizen insita nel modello lean.
La lean production esiste, comunque
Pur con tutti i limiti appena esposti, e con la chiara consapevolezza che a tutt’oggi le aziende lean restano in minoranza, occorre comunque ribadire che oltre alla canonica Toyota, ci sono moltissimi casi di produzione snella in ambito manifatturiero in tutto il mondo, e anche in Italia: ACT Group [5] produce parti in composito per l’industria nautica e delle costruzioni; Wally Europe [6] realizza imbarcazioni e impiega principi lean dalla fase di progettazione in poi; MGM Mondo del Vino produce e distribuisce, appunto, vini e ha tratto giovamento dalla riorganizzazione dei flussi di lavoro derivante dalla transizione in senso lean [7]; e c’è poi qualche azienda farmaceutica che sta iniziando a portare i principi lean all’interno dei propri processi, sia per quanto riguarda l’area di ricerca e sviluppo, che per quella della produzione vera e propria.
Oltre la manifattura: Lean Services
Se la produzione manufatturiera snella presenta innegabili vantaggi, ma implica anche una rivoluzione copernicana in tutto il tessuto produttivo, abbiamo casi di successo nell’ambito di aziende la cui produzione è più “smaterializzata” e mette pertanto in gioco una quantità e una complessità di relazioni con la rete logistica che risultano minori rispetto all’azienda che crea “hard products”. Ma non si pensi che questo discorso valga solo per le software house. Ci sono esempi di Lean Thinking applicato a svariate tipologie di attività: vediamone alcuni esempi.
L’applicazione dei concetti del Lean Manufacturing ad ambiti “immateriali”, cioè non strettamente industriali, e che non devono produrre beni quali oggetti, meccanismi, macchine, dispositivi etc., ha preso il nome di Lean Services, ossia “servizi snelli” [8].
Nei Lean Services possono ricadere, oltre ovviamente allo sviluppo software, attività quali i centri di assistenza ai clienti di prodotti o servizi, i servizi sanitari, alcuni servizi di istruzione e formazione, alcuni servizi amministrativi e di contabilità, nonche’ attività di progettazione professionale come quella architettonica.
Il flusso di lavoro come chiave di volta
Come più volte spiegato per quel che riguarda lo sviluppo del software, una delle grandi differenze tra approccio “snello” e metodologie propriamente “agili” sta nel modo in cui si affronta il tema del flusso di lavoro: molte metodologie Agile (si pensi anzitutto a Scrum) propongono un ben preciso schema di flusso, con determinati ruoli, adeguate “cerimonie” e regolari scansioni temporali (gli sprint, la demo, la retrospettiva). In maniera un po’ diversa, l’applicazione dei principi lean parte invece dall’analisi del flusso di lavoro già esistente all’interno dell’organizzazione, che viene reso evidente a tutti, e i cui colli di bottiglia vengono messi in luce, ad esempio, dal modo in cui esso è rappresentato sulla kanban board: emergono gli eccessivi Work In Progress che poi non vengono mai completati, si notano i sovraccarichi (“muri”) di personale e risorse, e così via.
Chiaramente, l’applicazione dei principi lean all’ambito dei servizi ha richiesto degli adattamenti e delle riformulazioni e non è stata una pedissequa importazione di pratiche. Un esempio di questo adattamento viene data nel modo in cui i famosi 7 sprechi del metodo Toyota vengono ridefiniti per il mondo dei Lean Services [9]:
- Ritardi nei confronti del cliente che attende per il servizio (se il cliente si stufa, poi va da qualcun altro…).
- Duplicazioni: reimmissione reiterata degli stessi dati, compilazione di moduli con dati già disponibili, “rimbalzi” tra settori diversi dell’organizzazione per avere le stesse informazioni.
- Movimento inutile: dover rifare la fila in un ufficio, scarsa ergonomia nell’erogazione del servizio, etc.
- Comunicazione inefficace: la mancanza di chiarezza nella formulazione e nei contenuti crea spreco nel dover richiedere ulteriori spiegazioni, nel non capire come si usa un prodotto o servizio, nel non trovare un luogo o un’informazione necessaria.
- Inventario sbagliato: ritrovarsi senza determinati prodotti o servizi utili per lo svolgimento dei compiti necessari all’erogazione del servizio.
- Maleducazione: senza gentilezza e buone maniere, si spreca l’occasione per “conquistare” e fidelizzare clienti, si perdono possibilità di stabilire rapporti e reti di relazioni.
- Errori nella transazione che porta all’erogazione del servizio; difetti nel servizio; merci perse o danneggiate (per esempio nei servizi logistici di spedizione).
L’approccio lean ai servizi non è privo di criticità e difetti: va implementato in maniera molto mirata al tipo di attività che si deve gestire e, a detta di alcuni critici, non si presta sempre bene in alcuni contesti (per esempio quelli in cui la creatività assume un ruolo fondamentale). Di fatto, però, in certi settori questo paradigma ha avuto applicazione positiva, come vediamo di seguito.
Lean in contabilità
Uno dei campi in cui l’applicazione dei principi snelli sembra più difficile è proprio quello della contabilità tradizionale. Il Lean Accounting, però, è una frontiera verso cui si stanno timidamente spostando le aree “Amministrazione Finanza e Controllo” di alcune grandi aziende, anche in Italia. Attraverso il concetto di “flusso di valore”, vengono perseguiti degli obiettivi di semplicità, valore delle informazioni (vs. quantità), disponibilità delle stesse in ogni momento e non solo “a fine mese”. Si tratta di un campo molto specifico e forse tra i più difficili in cui applicare il “pensiero snello”, ma proprio per questo può rappresentare una importante area di sperimentazione.
Lean nella gestione della formazione universitaria
I principi lean sono stati applicati anche in alcune importanti istituzioni universitarie statunitensi e britanniche (University of Central Oklahoma, Rensselaer Polytechnic Institute, Winona State University oltreoceano, University of St. Andrews e Cardiff University nel Regno Unito). Si parla, in inglese, di Lean Higher Education, intendendo che il Lean Thinking viene applicato ad alcune attività proprie delle istituzioni che forniscono formazione di livello universitario e post-universitario.
Deve essere chiaro però, che l’applicazione delle pratiche lean in questo campo si estende a due grandi aree: da un lato, primariamente, i processi “amministrativi” in senso lato (dall’ammissione degli studenti all’assunzione dei professori, dagli acquisti di strutture e materiali alla gestione delle aule e delle altre infrastrutture, etc.); dall’altro attività accademiche propriamente dette (progettazione dei corsi e dei contenuti, gestione del feedback degli allievi, gestione degli orari e delle lezioni). Altre attività quali quelle di vera e propria ricerca e di insegnamento diretto sono rimaste ai margini di questi tentativi e rappresentano probabilmente una nuova frontiera cui tentare di applicare il Lean Thinking, senza dimenticare che, almeno in certi casi, potrebbe trattarsi di ambiti in cui tali principi non potranno essere applicati in maniera pedissequa, ma necessiteranno di una riflessione approfondita e di un adattamento alle particolari realtà
Lean nella progettazione architettonica
Concludiamo questa carrellata dell’applicazione del Lean Thinking parlando brevemente di un campo in cui un servizio immateriale come la progettazione si aggancia a qualcosa di molto materiale come il settore edile delle costruzioni. I principi lean vengono strettamente legati a un’idea di architettura sostenibile sia in termini ambientali che sociali, facendo seguito a una riflessione molto importante sull’impatto ambientale e sociale delle opere edili e dell’organizzazione degli spazi urbanistici che, almeno negli ultimi anni, sta assumendo sempre più importanza tra gli addetti ai lavori del settore architettonico e urbanistico [10].
La riduzione degli sprechi e il miglioramento continuo appaiono chiari nelle enunciazioni [11] di principi quali:
- Individuare le tipologie base di costruzioni (p.e.: casa, scuola, ufficio, negozio) e ripensarle inserite nel contesto ambientale e culturale in cui si opera.
- Ridurre gli sprechi anche riducendo la dimensione eccessiva degli spazi.
- Costuire il meno possibile: concentrarsi piuttosto sulla riqualificazione dell’esistente e sulla manutenzione.
- Educazione per lo sviluppo sostenibile: i concetti della bioedilizia e della bioclimatica aiutano a ridurre gli sprechi di energia e di materiali, ma occorre diffondere l’adozione di queste pratiche rendendole sempre meno “elitarie” e coinvolgendo sempre più persone.
- Ripensare l’architettura anche in termini concettuali: effettuare un cambiamento di prospettiva passando dall’ammirazione incondizionata per l’exploit dell’archistar all’importanza dell’ordinario. Questo cambiamento può essere inteso come applicazione spinta del kaizen.
E per concludere questa rapida incursione nell’architettura basata sui principi lean, segnaliamo che esiste anche un progetto di casa prefabbricata chiamata, molto esplicitamente “Toyota Home Project” [12]: chiudendo il cerchio, si ritorna dall’immateriale agli “hard products”.
Conclusioni
In questo articolo abbiamo guardato ai principi lean staccandoci per un po’ dalla stretta applicazione al mondo del software. Ma lo scopo di aver presentato diversi campi in cui il Lean Thinking è stato applicato ai processi necessari per realizzare prodotti o progetti di tipologia molto diversificata è duplice.
In primo luogo, abbiamo voluto richiamare l’attenzione sul fatto che il Lean Manufacturing, cioè la produzione industriale di prodotti “fisici” che richiedano materie prime e semilavorati è impresa che necessita di una adeguata “catena di fornitura” orientata anch’essa ai principi snelli che o esiste già nel territorio, o va creata. Senza questi presupposti, fare industria lean diventa problematico.
In seconda battuta, analizzando il mondo variegato dei Lean Services, abbiamo guardato alcuni casi di un’economia che fornisce beni immateriali e servizi e il modo in cui queste attività possano avvantaggiarsi dell’applicazione dei principi lean ancor più della produzione industriale, proprio perche’ i vincoli rappresentati dalla catena di fornitura possono essere decisamente ridotti, proprio per la non materialità di ciò che viene prodotto dal processo.
È anche in questo aspetto che sta la forza del Lean Software Development: l’adozione di un processo di sviluppo snello, con certe pratiche e alcuni strumenti, è un cambiamento che avrà un notevole impatto sull’organizzazione del lavoro, ma che può essere affrontato internamente alle aziende IT senza doversi preoccupare eccessivamente della necessità di una infrastruttura esterna che magari non esiste. Questo, unito al fatto che metodologie come Kanban possono essere applicate all’inizio senza rivoluzioni apparenti nel flusso di lavoro, rappresenta uno strumento potente nelle mani di chi si propone per aiutare le organizzazioni a gestire la loro evoluzione.
Riferimenti
[1] Womack J.P. – Jones D.T. – Roos D., “The machine that changed the world: the story of lean production”, Harper Business, 1991 (trad. it. “La macchina che ha cambiato il mondo”, Rizzoli, 1999)
[2] David J. Anderson, “Kanban: successful evolutionary change for your technology business”, Blue Hole Press, 2010
[3] Bonfiglioli Consulting, “Il Lean Thinking dalla produzione alla progettazione”, Franco Angeli, 2012
[4] Giancarlo Bonet, “Lean production… in Italiano”
http://www.organizzazioniaziendali.it/pdf/lean-production-in-italiano.pdf
[5] ACT group: produzione di parti in materiali compositi
[6] Le imbarcazioni di Wally
http://www.wally.com/wally-love/
[7] MGM mondo del vino
[8] Lean Service Forum
http://www.oeeuk.com/community/lean-service-forum/
[9] John Bicheno – Matthias Holweg, “The Lean Toolbox: the Essential Guide to Lean Transformation”, 4a edizione, PICSIE Books, 2009
[10] Franco La Cecla, “Contro l’architettura”, Bollati Boringhieri, 2008
[11] I cinque principi snelli nella progettazione architettonica, secondo David Week
http://www.architecturefordevelopment.com/2010/09/five-principles-of-lean-building-design/
[12] Ryan E. Smith, “Lean Architecture: Toyota Home Project”
http://scholarworks.umass.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=1020&context=wood