Nell’articolo precedente abbiamo presentato i contetti basilari della Business Process Architecture, mostrando la piramide BPA. In questo secondo articolo concludiamo la discussione presentando il BPA Model o BPA Diagram e spiegando come tale strumento possa integrarsi nella strategia aziendale.
Business Context
Per realizzare il BPA Model (o Diagram) è necessario adottare un approccio top-down. La prima attività da realizzare è quella di comprendere l’organizzazione in termini di obiettivi e strategie di business, di relazioni con i suoi principali stakeholder e di determinare le value chain responsabili della realizzazione delle strategie.
La catena di valore
Il concetto di value chain (“catena di valore”) è stato introdotto per la prima volta da Michael Porter: “Ciascuna azienda è una raccolta delle attività che sono eseguite per progettare, produrre, porre sul mercato, consegnare il suo prodotto e fornire assistenza riguardo a esso. Tutte queste attività possono essere rappresentate utilizzando una ‘catena di valore’…” [3].
In altre parole possiamo definire una value chain come un insieme di processi (“core”, di supporto e manageriali) più o meno indipendenti che generano prodotti o servizi di valore per un gruppo di clienti ben definito. Generalmente gli obiettivi e le strategie sono differenti per ciascuna delle value chain della organizzazione. Per esempio, per una azienda che vende prodotti on line e propone al mercato anche la piattaforma software di e-commerce sviluppata internamente, si potranno certamente definire almeno due value chain indipendenti, ognuna con obiettivi e strategie differenti, con clienti differenti: in sostanza ogni value chain ha un proprio modello di business.
Determinare le value chain di una organizzazione non è immediato e non c’è una formula unica che porta al risultato. Un approccio per determinare le value chain è quello che si basa sulla Customer Value Preposition, una chiara dichiarazione del valore fornito a un specifico gruppo o tipo di clienti, detto anche in altri termini, una chiara dichiarazione del problema o bisogno di definito gruppo di clienti a cui l’organizzazione fornisce una soluzione [8].
I diagrammi: referenti
I referenti per comprendere obiettivi e strategie di business, gli stakeholder e le value chain della organizzazione sono gli executive con cui è necessario fissare una serie di incontri.
Uno dei principali artifact che può essere usato e raffinato nel corso di questi incontri è l’Organization Context and Stakeholder Diagram (figura 1). Riportiamo un esempio in cui sono indicati i soli elementi utili allo scopo di illustrare l’approccio presentato in questo articolo.
Figura 1 – Organization Context and Stakeholder Diagram Business Process (fonte: [9], adattato dall’autore).
Questo diagramma è utile per il primo ingaggio, per le prime interviste con gli executive della organizzazione che non hanno necessità di entrare (e di perdersi…) nei dettagli e hanno invece bisogno di una “big picture” schematica e di semplice lettura.
Nei primi incontri, quindi, questo diagramma può essere costruito esattamente così come nella figura 1: con l’intera organizzazione rappresentata con un unico box senza alcun dettaglio interno e indicando gli input e gli output riferiti ad essa. Sulla sinistra sono rappresentati genericamente i fornitori e le risorse. In un successivo momento, se ritenuto utile, possono essere indicati i principali fornitori o categorie di fornitori; lo stesso dicasi per le risorse. Il medesimo approccio può essere adottato per i competitor, che sono rappresentati con un box sotto l’organizzazione, oppure indicando i principali competitor o categorie. Ugualmente si usa un box per indicare i fattori ambientali esterni all’organizzazione che la possono influenzare quali le leggi, i cambiamenti economici, le caratteristiche della società in cui opera l’organizzazione. Sulla destra del diagramma sono rappresentati gli shareholder e i clienti che ricevono i prodotti e servizi della organizzazione [1].
I diagrammi: le value chain
Con gli executive, come detto, si devono individuare anche le value chain della organizzazione. Pertanto l’Organization Context and Stakeholder Diagram può evolvere in una versione come quella di figura 2.
Figura 2 – Organization Context and Stakeholder Diagram e Value Chain (fonte: [9], adattato dall’autore).
Questa versione del diagramma dove vengono rappresentate le value chain e le categorie di clienti a cui forniscono i prodotti e i servizi, viene detta di Level 0, seguendo le convenzioni del Supply Chain Council. Le value chain sono state appositamente disegnate sopra la struttura organizzativa per enfatizzare che queste la attraversano orizzontalmente, sono trasversali ai dipartimenti, partono dalla risorse in input date dai fornitori e si concludono con i servizi/prodotti rilasciati ai clienti.
Una volta che sono state determinate le value chain, la successiva fase è quella dell’analisi di dettaglio di ciascuna di queste separatamente andando quindi a realizzarne il Business Process Architecure Model.
BPA Model
Come abbiamo già detto inizialmente, l’approccio presentato per realizzare la BPA è centrato sulle value chain: non esiste quindi una unica BPA dell’organizzazione, ma per ciascuna value chain viene determinata la BPA. Va anche detto che la maggior parte delle organizzazioni piccole e medie hanno in genere una sola value chain la cui BPA risulterebbe quindi riferita all’intera organizzazione. Vediamo ora come si realizza un BPA Model (o Diagram) per una data value chain.
BPA Model: stakeholder e value chain
In primis si individuano gli stahekolder della singola value chain che possono essere sia soggetti interni alla organizzazione sia esterni. Considerando una delle due value chain definite nell’esempio precedente, il diagramma che si potrebbe ottenere è quello di figura 3:
Figura 3 – Value Chain e Stakeholder (fonte: [9], adattato dall’autore).
In questo diagramma si vede come, oltre al cliente, altri soggetti hanno interesse alle perfomance e ai risultati della value chain: i vendor/fornitori che vendono servizi (p.e.: servizi di marketing) e prodotti (p.e: sistemi software di e-banking) alla banca, i dipendenti i cui stipendi e le cui carriere sono legati ai risultati della value chain, il management aziendale, etc.
BPA Model: i processi di supporto e gestione
Tradizionalmente, chi si occupa di architetture di processo tende a definire, misurare e gestire solo i processi core cioè quelli che generano prodotti e servizi per i clienti finali. Ma, per avere successo, un’azienda non può avere attenzione solo agli interessi del cliente, per quanto importante esso sia, ma deve avere attenzione e soddisfare anche i bisogni di tutti gli altri stakeholder. La BPA è quindi più complessiva e richiede che per tutti gli stakeholder della value chain siano determinati i processi di supporto e management.
Quindi in figura 4 possiamo vedere una versione di maggiore dettaglio del diagramma che si può realizzare partendo da quella precedente.
Figura 4 – Value Chain, Stakeholder e processi di supporto (fonte: [9], adattato dall’autore).
Questa versione del diagramma in cui vengono presentati i processi che hanno relazioni con gli stakeholder della value chain è detta di Level 1. L’esempio presentato sopra è una versione semplicistica del diagramma, ottenuta quando si è in una fase di analisi in cui si conosce ancora poco dei processi oppure quando si vuole procedere rigorosamente step by step con un approccio top-down.
Maggior dettaglio
Se si conosce qualcosa di più della relazione tra lo stakeholder e l’organizzazione, allora il diagramma di livello 1 può presentarsi più articolato. Quindi, con riferimento alla relazione tra il cliente e la banca dell’esempio precedente, in un diagramma di livello 1 possono presentarsi dei processi anche di maggiore dettaglio come quelli della figura 5.
Figura 5 – Value Chain, Stakeholder e dettaglio dei processi di supporto (fonte: [9], adattato dall’autore).
Una volta definiti i processi di livello 1, quelli che supportano i bisogni di ciascuno degli stakeholder, il successivo step è quello di andare ad analizzare ciascuno di questi andando a determinare i sotto-processi che li compongono, detti di Level 2.
Il livello 2: sottoprocessi
Procedendo a questa maniera e approfondendo è facile intuire che si arriva a determinare centinaia di processi di livello 2, tra processi core, di supporto e manageriali, ma è importare comprendere che in questa fase quello che si fatto è solo un mero elenco esaustivo di tutti i possibili processi di livello 2 che potrebbero essere necessari. A questo punto deve seguire una fase di riesame critico per arrivare a un elenco di processi coerente ed efficace.
Infatti è molto probabile che un processo di livello 2 sia ripetuto in più di una relazione con gli stakeholder e abbia solamente preso un nome differente, così come è possibile il caso in cui risulti utile accorpare due processi di livello 2 in un solo [1]. Anche qui, non esiste una formula univoca che possa essere usata e indicata, rigidamente dipendente dall’esperienza degli analisti di processo e dal contesto di business; non è difficile che si debba procedere con alcuni passi in avanti e qualcuno indietro: l’importante comunque è che i processi definiti abbiano più o meno tutti lo stesso livello di granularità.
Un quadro d’insieme
Al termine di questo riesame critico, si avrà quindi l’elenco dei processi di livello 1 e 2 che compongono la value chain, che può essere presentata agli executive nella forma di figura 5 dove sono presentati sia i processi di livello 1 che quelli di livello 2.
Figura 6 – Processi di Level 1 e Level 2 (fonte: [9], adattato dall’autore).
Il BPA Model si ferma normalmente a determinare i processi di livello 2; infatti in genere andare oltre non è utile ed è superfluo per quello che sono gli scopi del BPA Diagram che, ricordiamolo, è soprattutto uno strumento di management della organizzazione process-centric e deve essere compreso e usato dai business manager.
Per questo stesso motivo come si vede non si è fatto nessuno sforzo per definire il flusso di lavoro tra i diversi processi: sarebbe stato richiesto un lavoro oneroso e ne sarebbe derivato un diagramma illeggibile e, come detto, non utile per gli scopi della BPA.
Il flusso di lavoro
Rappresentare il flusso di lavoro, con formalismi ad hoc quali il BPMN – Business Process Model and Notification, è invece utile per i processi di livello più basso quando sono rilevate delle inefficienze ed è quindi necessario avviare dei progetti di process redesign and improvement, oppure quando è necessario automatizzare dei processi mediante dei sistemi software di tipo BPMS – Business Process Management System.
Conclusioni
Come detto l’argomento della Business Process Architecture è molto vasto, e abbraccia molti temi che spaziano da quelli di carattere manageriale, a quelli di carattere organizzativo, a quelli di carattere prettamente IT. In questo articolo abbiamo approfondito solo il BPA Model presentando un approccio top-down per realizzarlo partendo dalle value chain. La BPA è argomento di sempre maggiore interesse nel panorama del BPM e proprio perche’ è un terreno in cui si incontrano e confrontano discipline differenti, va detto che non c’è un unanime consenso sul vocabolario e anche sugli approcci. L’approccio presentato in questo articolo è quello proposto da Paul Harmon e Roger Burlton, più volte citati come fonti, animatori dei web site BPMTrends [5] e BPMTrend Asscociates [6]. Harmon e Burlton hanno pure elaborato una metodologia per lo sviluppo della BPA denominata BPMTrends BPA Methodology su cui sono realizzati corsi e rilasciate certificazioni.
Riferimenti
[1] Paul Harmon, “Business Process Change” (teza edizione), 2004, The MK/OMG Press
[2] Roger Burlton, “Business Process Management. Profiting from Process”, 2001, Sams
[3] Michael Porter, “Competitive Advantage. Creating and Sustaining Superior Performance”, 1998, The Free Press
[4] Jan vom Brocke – Michael Rosemann (a cura di), “Handbook on Business Process Management 2”, 2015, Springer-Verlag
[5] BPMTrends
[6] BPMTrends Associates
http://www.bptrendsassociates.com
[7] Column 2 BPM, Enterprise 2.0 and technology trends in business
[8] P. Harmon, “Business Process Trends Newsletter”, May 2008
[9] P. Harmon, “Business Process Trends Newsletter”, June 2014