XPDays Benelux: un’occasione in cui imparare
Il 3 e 4 dicembre scorsi si è tenuta presso lo Elewijt Conference Center vicino a Machelen, a mezz’ora di viaggio da Bruxelles, l’edizione 2015 di XP Days in Benelux [1]. Il claim della due giorni la definisce come il luogo ideale in cui “imparare come far crescere il valore del proprio software e creare sistemi che supportino i bisogni del business”. Slogan a parte, si tratta senza dubbio di una delle più importanti conferenze internazionali legate al mondo dell’agilità.
Alla due giorni belga sono andato con Giulio Roggero, Marco Calzolari, Stefano Leli, Antonio Carpentieri, colleghi di Agile Reloaded [2], azienda che si occupa di Agile Coaching. Oltre ad assistere ai vari talk, diciamo con malcelato orgoglio che lo scopo della nostra trasferta di quest’anno era anche quello di contribuire con la nostra esperienza maturata nel lavoro di Agile Coach: tra talk e workshop, il comitato organizzatore ha infatti ammesso al programma della conferenza tre interventi da noi proposti.
Cosa abbiamo presentato
Giulio Roggero ha parlato della sua esperienza nel condurre un progetto agile in un contesto non agile, vale a dire quello del cliente che lo chiedeva: il talk, dal titolo Agile Fixed Price [3], si portava dietro il sottotitolo The more complex is the project, the more difficult is to meet the customer’s expectations. Let’s see how Scrum can streamline customer collaboration in a Fixed Price project. Si tratta di una tematica “scottante” che però abbiamo visto emergere in molti diversi contesti, specie in quest’ultimo periodo in cui anche da parte di organizzazioni tutt’altro che agili si tentano comunque delle sperimentazioni delle metodologie Agile almeno su certi progetti.
Proseguendo a scorrere il programma della conferenza, i colleghi Antonio Carpentieri e Stefano Leli hanno presentato Look ma, no frameworks! [4], in cui hanno parlato del modo in cui implementare un progetto software rispettando uno dei principi base di XP, ossia la semplicità, e di come invece l’introduzione di un framework metta a serio rischio questo requisito.
Il mio workshop Ice breakers, powerful tools for teambuilding [5], era stato inserito fra i primi della conferenza, dato che presentava una serie di tecniche e strumenti utili per facilitare e semplificare la fase di creazione e di amalgama dei team: per “rompere il ghiaccio” appunto. Gli “strumenti” che ho presentato sono stati raccolti in anni di esperienza come coach e facilitatore di gruppi di lavoro.
Visto il tema del workshop che presentavo, mi è stato affidato il compito di rompere il ghiaccio: mi è stato concesso l’onore di aprire la conferenza con un esercizio/gioco in sessione plenaria alla mattina della prima giornata. Nell’arco dei 5’ concessi, ho proposto un divertente esercizio dal titolo Impara l’italiano in 5 minuti, un gioco che spesso mi è capitato di fare in contesti internazionali, ad esempio vedi Play14 quest’anno in Lussemburgo [6].
Le attività
La due giorni è iniziata con la cena di benvenuto il mercoledì sera ed è poi partita a pieno regime il giovedì mattina per terminare il pomeriggio del venerdì. Vivere in modalità full immersion in lingua inglese per due giorni di fila è certamente una esperienza molto arricchente ma anche stancante. I momenti di relax sono quindi necessari e anche piacevoli, specie se accompagnati da ottime birre belghe offerte dall’organizzazione. I partecipanti hanno potuto quindi sfruttare i momenti liberi nel programma per socializzare e per scambiare opinioni e pareri professionali e non. Il dopocena in particolare è stato dedicato in questi casi alla conversazione di gruppo, ai giochi e al relax.
Per i più nerd e appassionati dei giochi da tavolo, si sono tenute delle sessioni di gaming in tema — cosa che non rientra esattamente nel mio concetto di relax nel tempo libero — come quello riportato nella foto di figura 3, che in maniera piuttosto articolata simula la gestione di un processo Scrum.
Cosa abbiamo visto
Essendo molte le sessioni in parallelo, purtroppo non sempre sono riuscito a seguire quello che mi sarebbe interessato, spesso perché i posti a disposizione finivano alla svelta.
Kanban e i posti disponibili
A tal proposito, era molto interessante il sistema di gestione dei posti disponibili: è stato realizzato tramite l’uso di cartellini kanban. Funziona nel modo seguente: se ti interessa un talk, prendi dal panel del programma il cartoncino corrispondente; quando i cartoncini sono terminati, significa che non c’è più posto in sala (figura 4). I cartoncini sono utilizzabili sul retro poi per fornire feedback allo speaker.
Il framework LeSS per scalare lo sviluppo agile
Fra le presentazioni interessanti a cui ho partecipato c’è stata certamente quella su LeSS [7] dal titolo poco originale Do More with LeSS [8], sessione tenuta da Jurgen De Smet e da Nelis Boucké. LeSS è un framework che si pone l’obiettivo di permettere di scalare lo sviluppo con modalità agile su team multipli. LeSS è costruito sopra i principi di Scrum come l’approccio sperimentale, la cross-funzionalità e l’auto-organizzazione dei team e fornisce quindi un framework per applicare tali principi su scala più ampia rispetto al mono-team mono-progetto.
Il talk è stato particolarmente interessante anzitutto per come ha presentato il problema: in una organizzazione in cui i team sono organizzati per componenti, non solo spesso manca un visione business oriented, ma manca anche un interlocutore che possa rispondere al cliente, per il quale viene creato un ruolo, quello del PM o dell’account. In secondo luogo, il talk ha funzionato molto bene anche e sopratutto perché è stato fatto precedere da una minisessione di lavoro in cui i partecipanti hanno discusso, tramite le tecniche del system thinking, sulla complessità di un sistema architetturalmente non banale.
Concetti memorabili: made to stick
A seguire, un altro talk che ho potuto apprezzare è stato Made to stick, ispirato al libro omonimo, in cui le due speaker, nonché autrici del libro, Sandra Warmolts e Lilian Nijboer hanno mostrato quali sono le caratteristiche che un’idea, un progetto, un messaggio comunicativo, dovrebbero avere per essere efficaci nel trasmettere un concetto che rimanga impresso nella testa di chi ascolta.
Il pattern di riferimento in questo caso è quello identificato dall’acronimo SUCCESS.
L’arte della delega
In un’organizzazione, il processo di delega è spesso visto dal management, ma anche dalle altre persone, come un elemento necessario per la crescita sia delle persone che dell’organizzazione stessa. Ma delegare è difficile: spesso non ci si riesce. Quali sono quindi i razionali che possono aiutarci a delegare un compito o una decisione? E, soprattutto, il processo di delega è sempre uguale a se stesso? Si può delegare in parte? Ci sono vari livelli di delega?
Buona parte di queste domande sono state affrontate durante il workshop Delegation is an art [9] a cui ho partecipate con molto interesse. Strettamente ispirato al lavoro di Jurgen Appelo — anzi, a dire il vero, il workshop è parte integrante del corso Management 3.0 di Appelo — il workshop mostra, tramite una serie di giochi, come il processo di delega sia più articolato del semplice “non faccio fare / faccio fare agli altri”, ma come ci siano molte sfumature: dal “decido io perché so come funzionano le cose” al “ne parliamo e lascio decidere” per arrivare al “meglio che decidiate voi perché io non saprei in alcun modo come fare”.
Nella figura 10 sono riportate le carte con i vari modelli di delega applicabili nei differenti contesti. Per chi fosse interessato, consiglio comunque la lettura del libro di Appelo Management 3.0 [10] o di partecipare a uno dei suoi corsi: sono conscio che il lavoro di Appelo è molto discusso e non da tutti condiviso, ma penso anche che la valutazione può essere rimandata direttamente alle persone interessate.
La fabbrica del cioccolato
Infine, molto istruttivo il gioco messo in scena da Dajo Breddels e Sabina Renshof: Willy Wonka’s chocolate factory è la divertente simulazione di un processo di lavorazione. Iin questo caso, si simula il processo di lavorazione in linea, in una fabbrica di cioccolato, quella di Willy Wonka appunto. Avevo in passato partecipato a giochi simili, come quello su Kanban Pizza, e ho trovato questo una valida alternativa da portare in aula in un corso su Lean o su Kaban. Consiglio di dare uno sguardo alla scheda del gioco, utile sia per i docenti che per i partecipanti.
Cosa ci portiamo a casa
La conferenza ha rappresentato certamente un’esperienza interessante e molto arricchente, come capita tutte le volte che partecipo a eventi internazionali di questo tipo. Confrontarsi per due giorni con persone che vivono esperienze simili alle proprie, che svolgono un lavoro simile o che operano in contesti analoghi in altri Paesi è fonte di ispirazione, di approfondimento e in generale è una esperienza stimolante.
Quello che resta dopo questa conferenza è una serie di strumenti, di punti di vista, di strategie per affrontare tematiche che possono andarsi ad aggiungere a quelle che normalmente già utilizziamo. Per chi inizia a muoversi nel contesto dell’Agile Developing eventi come questo sono molto importanti per imparare una tonnellata di concetti e di strumenti. Per chi invece mastica da tempo questi argomenti, partecipare a conferenze come XPDays è utile per confrontarsi con colleghi (formatori, scrum master, speaker, coach, consulenti e altro ancora) e per cogliere il diverso approccio nell’affrontare tematiche importanti come queste.