Introduzione agli archetipi
Con questo breve articolo, completiamo la discussione iniziata in questo stesso numero di MokaByte, continuando a sviluppare il tema dei modelli mentali.
Gli archetipi sistemici sono degli schemi mentali utilizzabili nel processo di analisi e interpretazione del comportamento di un sistema complesso.
Tramite un archetipo sistemico possiamo evidenziare la catena causa–effetto che lega le azioni che si intraprendono all’interno di un sistema e le conseguenze ad esse legate, in modo da comprendere la ragione di risultati spesso controintuitivi.
Tramite un archetipo sistemico possiamo quindi provare a comprendere come mai le nostre azioni risultano inefficaci o addirittura negative: un archetipo, oltre a fornire un’interpretazione, spesso prova a suggerire azioni alternative a quelle che intuitivamente ci verrebbe di applicare.
Alcuni esempi di archetipi
Di seguito, ci limiteremo a presentare alcuni degli archetipi più famosi facendo riferimento a P. Senge [1]; nella prossima puntata, invece, vedremo il modo in cui questi archetipi possano essere utilizzati per spiegare alcuni fenomeni che sperimentiamo continuamente.
Drifting goal | ridimensionamento degli obiettivi
Il gap fra il valore attuale e quello desiderato potrebbe essere ridotto tramite una qualche azione correttiva (A) oppure, tramite una azione palliativa, ridimensionando l’obiettivo in modo da ridurre la distanza.
La differenza fra le due strategie è che nel primo caso sono necessari maggior tempo ed energia rispetto a un semplice ridimensionamento. Ridurre il goal è quindi la soluzione più rapida e meno impegnativa, scelta spesso per “tamponare” la situazione in attesa della strategia correttiva. Purtroppo il fatto che il gap si sia ridotto, porta a una pressione e urgenza minore nel mettere in atto poi la strategia correttiva.
Un abbassamento delle performance è un indicatore del fatto che si è scelta la strada più semplice, quella del ridimensionamento degli obiettivi. Un modo per riconoscere se si può incorrere nel rischio di un ridimensionamento degli obiettivi è cercare di individuare quali e dove sono i razionali che hanno portato alla nascita di tali obiettivi. Se sono al di fuori della sfera di competenza dell’organizzazione, ci sono buone probabilità che essi non siano alterabili o ridimensionbili.
Uno scenario in cui vi sia reale concorrenza e metriche dettate dal mercato, o da altri attori in concorrenza, spinge l’organizzazione verso la soluzione strategica e non verso il palliativo, che vuol dire soccombere… Questa potrebbe essere una spiegazione di quali possono essere i contesti in cui ha senso o può funzionare l’applicazione dell’agilità, come di una qualsiasi pratica che spinge al miglioramento continuo).
Escalation
In questo archetipo, due parti sono in competizione fra loro. L’azione intrapresa da uno dei due, viene percepita come una minaccia dall’altro attore che quindi reagisce con una contromossa per contrastare la minaccia, minacciando l’avversario in modo maggiore. Il diagramma (figura 2) mostra che questo schema può essere descritto come un processo a rinforzo complesso, in contrapposizione a quello a rinforzo semplice visto nella precedente puntata, composto da due sistemi che si autoalimentano.
Un campanello d’allarme del fatto che si è in una situazione di escalation è quando uno dei due attori manifesta il desiderio che l’altro la smetta di controreagire, per potersi dedicare ad attività di maggior interesse o valore. Una buona strategia per uscire dalla escalation è provare a capire quali potrebbero essere le azioni da intraprendere per permettere a entrambi gli attori di guadagnare provando per esempio a capire quali sono i reali obiettivi di entrambi.
Risolvete quel problema | effetti collaterali
In questo caso, dall’organizzazione emerge l’urgenza di risolvere un determinato problema che è sotto gli occhi di tutti. Si corre a cercare ed applicare la soluzione che possa tamponare il problema, senza però valutare gli eventuali effetti collaterali che spesso finiscono per amplificare il problema stesso. Dopo poco il problema torna a manifestarsi come prima, se non peggio.
Si è applicata una soluzione sintomatica e non la cura. Come nel caso del ridimensionamento degli obiettivi, anche in questo caso la soluzione sintomatica rappresenta la via breve. Un attacco su tutte e due le strade potrebbe offrire risultati nel breve, garantendo pero’ la sostenibilità sul lungo periodo.
Crescita e ridimensionamento
In questo archetipo, il sistema registra una crescita a volte anche considerevole per poi stabilizzarsi su un livello determinato, o addirittura diminuire o collassare. Questo fenomeno è dovuto alla contrapposizione di un processo a crescita costante che viene bilanciato e spesso soverchiato da quello in controtendenza in bilanciamento.
Il problema in questo caso è che raramente si sente lo stimolo di intervenire con azioni correttive quando il processo di crescita è prevalente su quello a bilanciamento. Quando invece se ne vedono gli effetti potrebbe essere troppo tardi.
La strategia, come in casi analoghi visti in precedenza, è quella di trattenersi da intervenire sul processo in crescita, ma di agire invece rimuovendo il contro-bilanciamento.
Quando un sistema di trova in un trend di costante crescita, una buona prevenzione contro l’insorgere di freni e bilanciamenti potrebbe essere quella di osservare quali pressioni si generano durante la crescita del sistema; quando si osserva un rallentamento o un’inversione, si potrebbe provare a intervenire su tali pressori.
Spostare il problema | risolvere con nuove dipendenze
In questo caso il problema è risolto tramite l’introduzione di una soluzione che sposta l’attenzione altrove dalla soluzione principale. Secondo uno schema additivo, la nuova azione intrapresa fornisce risultati positivi che alimentano, secondo un processo di crescita, l’applicazione della stessa soluzione esterna; si riduce quindi al contempo la possibilità di intervenire con la soluzione interna.
In questo modo si crea però dipendenza da un fattore esterno: questo indebolisce e, sul lungo periodo, danneggia l’organizzazione stessa, nel momento in cui il bilanciamento dell’intervento esterno non basterà più.
La tragedia delle risorse condivise
in uno scenario di concorrenza su risorse finite — ad esempio, fra Stati per l’accaparramento delle risorse naturali, fra aziende per le quote di mercato, fra i cuccioli per il latte della mamma — si innesca spesso una competizione fra un circolo virtuoso e uno vizioso. Appena uno degli attori prende il sopravvento sugli altri, si innesca un processo di indebolimento degli altri che consente al vincitore di disporre di forze ancora maggiori per accaparrarsi ancora più risorse e crescere ulteriormente. Il forte diventa ancora più forte.
Quando però l’accaparramento supera il limite naturale che l’ecosistema può sopportare, tutti ne hanno un danno e iniziano a decrescere, perché la risorsa inizia a scarseggiare per tutti.
Questo tipo di scenario si verifica spesso a causa di azioni dei singoli, ma gli effetti sono quasi sempre sistemici.
Una strategia per limitarne la presenza potrebbe essere quella di chiedersi quali incentivi hanno le persone per proseguire in tale comportamento. Mettere a confronto (provando a riconciliare) i benefici a corto con quelli a lungo termine. Spesso una politica protezionistica sulla risorsa condivisa può aiutare a limitarne lo sfruttamento oltre il livello di sostenibilità.
Conclusione
Termina qui questa trattazione sugli archetipi sistemici. Abbiamo quindi introdotto, nella puntata precedente, alcuni elementi base della grammatica fondamentale del System Thinking e visto come questi elementi possano essere d’aiuto nella creazione di archetipi con i quali comprendere determinati modelli comportamentali del sistema.
Dalla prossima puntata proveremo a mettere alla prova questi modelli teorici per vedere come possano aiutarci nella comprensione della realtà. Per chi volesse maggiori approfondimenti, rimandiamo al solito alla lettura del fondamentale libro La Quinta Disciplina [1].