Agile O’Day alla seconda edizione
Il 18 giugno l’Agile Community Campania, in collaborazione con l’Università Federico II e l’Italian Agile Movement [1], ha organizzato la seconda edizione dell’Agile O’Day [2], portando a Napoli, nel cuore del Sud Italia, le tematiche Agile, Lean, DevOps e tutto quanto ruota intorno al concetto di organizzazione in continua trasformazione.
Nel panorama delle “conferenze agili” esiste ormai una positiva caratterizzazione degli eventi, in cui i partecipanti possono scegliere di volta in volta la formula che preferiscono: alcuni sono declinati sulla formula della singola giornata, altri “spalmati” su più giorni, alcuni vengono condotti con modalità più classiche, altri nella cornice della “non conferenza”.
Pertanto, le varie conferenze stanno assumendo una loro precisa fisionomia, spesso caratterizzandosi per un tema specifico o per una formula particolare, limitando il rischio delle conferenze “fotocopia”; altro aspetto da notare, è come esse si stiano diffondendo su scala nazionale, anche in piazze che inizialmente hanno avuto minore attrattiva.
Oltre a questo, va notato come in gran parte delle occasioni si assista a una partecipazione significativa: i numeri non sempre sono sinonimo di qualità, ma in questa edizione possiamo dire che i due elementi sono andati di pari passo: 15 deep talk da 40 minuti, 6 light talk da 20 minuti e 2 workshop hanno coinvolto circa 300 persone, le quali hanno dato vita a un networking spontaneo e ricco di spunti interessanti. E questo aspetto del conoscersi, reincontrarsi, confrontarsi resta sempre uno dei valori fondamentali insiti nell’evento vissuto in presenza e in prima persona, come da sempre andiamo ripetendo.
L’Agile verso il mainstream
A confermare quanto appena detto, va notato come Agile O’Day 2018 sia stato anche il momento conclusivo di un percorso avviato in stretta sinergia con la prof.ssa Anna Rita Fasolino (DIETI) nell’ambito del Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Informatica della Federico II. Tale percorso ha coinvolto oltre cinquanta studenti nella scoperta del mondo Agile, attraverso una serie di seminari e la preparazione di elaborati di gruppo a tema.
Da segnalare anche la proficua collaborazione con l’Ordine degli Ingegneri di Napoli, cosa che ha permesso agli iscritti partecipanti all’evento la possibilità di avere 6 crediti formativi: anche qui i numeri sono molto interessanti, con oltre 60 presenze.
Si tratta del tentativo di coinvolgere nella scoperta dell’agilità i professionisti (o futuri tali) che spesso non hanno conoscenze in tal senso; occorre farlo in maniera sensata, da un lato con la massima inclusività e aprendo la comunità agile — che a volte corre il rischio dell’autoreferenzialità — anche a chi non è già addentro; dall’altro, garantendo che i contenuti, ossia i principi e le pratiche che vengono raccontate, siano quanto più accurati possibile, per non correre l’altro rischio, che è quello dei cargo cults.
I contenuti della giornata
Fatte già all’inizio queste riflessioni conclusive… passiamo a vedere molto brevemente di cosa si è parlato e quali sono stati alcuni motivi portanti di Agile O’Day 2018.
Il tema della conferenza è stato “Change Transformation Stories: field solutions, improvement experiences and innovations” e l’approccio scelto si è orientato a raccontare storie concrete, con protagonisti coloro che le hanno sperimentate in modo diretto.
Trasformazione e flow
Il compito di ispirare l’intera giornata è toccato a Emiliano Soldi con il suo keynote Transform Organizations by Surfing on a State of Continuous Flow [3] che ha illustrato l’importanza di trovarsi nello “State of flow” una condizione in cui ogni persona riesce a dare il massimo valore possibile rispetto a quanto sta realizzando.
L’intervento è partito dalle intuizioni dello piscologo Mihály Csíkszentmihályi sullo State of Flow ossia quella condizione psicologica in cui si lavora al massimo della creatività e della produttività e che deriva da un perfetto bilanciamento tra grandi competenze possedute e grandi sfide affrontate, senza che l’uno o l’altro elemento prevalga: il giusto equilibrio tra competizione e competenza.
Anche la trasformazione di un’organizzazione deve trovare il giusto stato di flow: un equilibrio continuo, tra forze spesso contrapposte. Servono sicuramente forti competenze di Agile, di Change Management e di System Thinking. Ma occorre facilitare tali trasformazioni con opportune azioni che devono adeguarsi al sistema in cambiamento: occorre capire quando rallentare o accelerare, quando privilegiare la strategia o la tattica, quando aumentare o diminuire le sfide da superare, quando parlare al cuore e quando alla mente.
Il keynote sullo State of Flow non è stato l’unico intervento a toccare i temi della trasformazione in senso agile, della gestione del cambiamento, di quelle che fino a qualche anno fa venivano chiamate “trasizioni agili”, con una terminologia che oggi si tende a non usare più. Ci sono stati infatti altri talk che in un modo o nell’altro si sono occupati di trasformazione e, in senso più ampio, di organizzazioni agili.
Tra questi, possiamo citare quello intitolato Si cambia! O no? presentato da Fabio Armani, che ha condiviso esperienze derivanti dalla lunga “militanza” nell’ambito delle trasformazioni Lean/Agile.
Anche i progetti agili possono fallire: in Dica 33, Dimitri Favre ci ha spiegato come diagnosticare in tempo i sintomi che portano al fallimento e curarli.
L’Agile nelle organizzazioni
Altri interventi si sono focalizzati maggiormente su aspetti più circoscritti relativi all’organizzazione aziendale che si evolve in senso agile, e in particolare ha colpito il fatto che al rapporto tra felicità e produttività si siano dedicati ben due interventi, quello di Nunzio Gianfelice intitolato Felicità e produttività. Come un’azienda felice arriva ad aumentare la propria produttività? e quello presentato da Franco Lombardo che ha parlato di Agile Happiness.
L’importanza della comunicazione e della comprensione sistemica dell’organizzazione in cui si lavora è stata trattata da Mattia Rapisarda in Liberiamoci dei nostri limiti.
Non è mancata poi la proposta dedicata al tema dell’antifragilità, affrontato da Matteo Carella in Coaching antifragile teams, dove il concetto di antifragile diviene fondamentale per un team che sia capace di sopravvivere a incertezza, volatilità, stress e variabilità cambiando in maniera adattiva piuttosto che rimanere sempre lo stesso.
Luigi Tascino ha raccontato la sua esperienza di introduzione delle metodologie Agile in una situazione che non era prettamente di sviluppo software, presentando Agile as tool box: Adozione di metodologie Agile in contesti ibridi
Marco Negri ha illustrato la tecnica dell’Agile Project Inception, basata su 10 domande da porsi prima di affrontare un progetto che abbraccia l’agilità.
Cinzia de Monte ha parlato di come Innovare trasformando la presentazione dei dati: storytelling e data-storytelling. I dati dicono molto se vengono “narrati”, oltre i classici grafici a torta…
Giovanni Taffon in Scrum sometime ha illustrato un esempio di introduzione di pratiche agile in una grande azienda di telecomunicazioni.
Di Agile Business Analysis hanno parlato Anna Acanfora Izzo, Giuseppe Di Iorio, Stefania Liguori, Chiara Pezzella
Architetture e tecnologie
Ma non sono mancati tanti interventi di argomento più strettamente tecnologico, in cui “il software funzionante” e i metodi utilizzati per realizzarlo sono stati dibattuti in modo approfondito.
Il tema delle archietture a microservizi è tornato a più riprese. Domenico Musto in Getting out of the monolith hell ha passato in rassegna una vera storia di migrazione architetturale attraverso i diversi passaggi. Paolo Vitiello ha proposto Un’architettura software “Agile”: i microservizi in cui ha messo in luce i parallelismi tra i metodi agili per lo sviluppo del software e la progressione da architettura monolitica a struttura scomposta tramite l’approccio architetturale a microservizi.
In una prospettiva futura si colloca l’intervento di Giulio Roggero: Eliminare le Spaghetti API: come progettare le architetture software in modo che il debito tecnico non rallenti il time to market e non influisca sul valore di business. Il talk si concentra infatti sul software che produrrà valore nei prossimi dieci anni e che stiamo costruendo ora: concetti come API, piattaforma, containers, microservizi saranno lo scheletro portante di questa strategia.
Anche la tematica DevOps in senso ampio è stata presente nel panorama dei diversi interventi. Riccardo Porrini ha illustrato Principi e pratiche efficaci di continuous delivery mentre Giovanni Bombelli ha parlato di d4r^7, ambiente di continuous delivery che gira in container Docker.
Il tema caldo della blockchain è stato affrontato da Paolo Campegiani, che l’ha declinato in relazione all’identità digitale e alle direttive sulla riservatezza dei dati. La blockchain ha una notevole possibilità di utilizzo anche al di fuori delle criptovalute e occorre esplorare tali scenari in modo competente e approfondito.
Gaetano Paternò ha invece parlato di Visual Studio App Center per compilare, testare e distribuire le app su piattaforma iOS, Android, Win e Mac OS.
Stefano Muro ha illustrato il concetto di codice “flaccido”. Anche in contesti Scrum che funzionano sul piano del gruppo e delle interazioni, si può verificare la produzione di codice di bassa qualità. Come è possibile migliorare la qualità del software allora?
Ruoli e professione
Anche le tematiche legate al ruolo, alle competenze, alla declinazione della professione in ambiti Agile sono state oggetto di alcuni talk.
Mariano Severino ha raccontato in Riscoprirsi Scrum Master la sua peculiare esperienza che lo ha portato, da ingegnere civile, a “trasformarsi” in Scrum Master e ad applicare metodi agile nella gestione dei team.
Andrea Provaglio ha presentato The Heart of Agile Coaching, in cui ha esplorato le dimensioni nelle quali opera un Agile coach e in che modo questo è diverso da altre attività che comprendono la formazione e l’affiancamento.
Massimiliano Fattorusso ha affrontato con una serie di esempi reali il tema degli OKR: OKR will disappoint you…if you do the following 6 mistakes (Gli errori da evitare quando si lavora per obiettivi)
I workshop
Come in ogni evento Agile di questi ultimi anni che si rispetti, sono state previste anche sessioni più interattive con il coinvolgimento primario dei partecipanti. I due workshop presentati sono i seguenti.
Massimo Sarti – Toyota Kata: raggiungere i miglioramenti lungo percorsi imprevedibili
Si tratta di un’attività in cui si lavora in team e si utilizza il Lego per costruire dei modellini. Basato sulle attività descritte in “Kata to Grow” e “Toyota Kata” di Mike Rother, questo workshop suggerisce un modo di pensare e di fare le cose che può essere utile per creare in azienda una mentalità orientata agli esperimenti. Tale mentalità si dimostra particolarmente efficace quando si devono gestire cambiamenti organizzativi e programmi di trasformazione.
Ilaria Favelli – Serious Gaming: esperienze agili per imparare divertendosi
Una serie di attività che promuovono l’importanza dell’ascolto, dell’(auto)organizzazione e della creatività e che possono essere applicate alla quotidianità lavorativa… e non solo. Attraverso la formula del “gioco serio”, Scrum Master, sviluppatori e altri professionisti hanno potuto trovare idee e spunti da proporre al proprio team.
Conclusioni
Citando solo alcuni degli interventi, si fa sicuramente torto a coloro che non sono stati nominati, ma va detto che il contributo di tutti al successo di questa giornata è stato davvero importante. Sul sito dell’Agile O’Day [2] sono comunque in via di pubblicazione le slide e altri materiali relativi ai vari talk.
Non resta quindi che darvi appuntamento per il prossimo anno alla terza edizione.
Felice Pescatore è Innovation Manager e Microsoft MVP.
Nel suo lavoro, impiega quotidianamente approcci Lean/Agile per lo sviluppo di soluzioni software enterprise.
Nell’ultimo periodo si è dedicato particolarmente al mondo delle Startup con Lean Startup e all’ottimizzazione della Value Chain tramite DevOps, con uno sguardo sempre più ravvicinato al mondo della Internet of Things (IoT).