Dove l’hai presa?
Nonostante forme e modalità di acquisto siano profondamente cambiate negli ultimi anni, il passaparola non è certo passato di moda. Oggi, come ieri e come domani, non cambierà la voglia di raccontare i propri acquisti.
Prima dell’era digitale le persone si scambiavano consigli direttamente in spazi fisici: al bar, al cinema, al ristorante, negli spogliatoi di impianti sportivi e così via. Oggi lo fanno anche tramite luoghi virtuali come i forum di settore, la messaggistica dei social media, i gruppi di Facebook e le chat di Whatsapp.
La tendenza dell’essere umano è quella di raccontare le proprie esperienze a chi condivide interessi, passioni e obiettivi: soddisfare un cliente significa, oggi più di ieri, trasformarlo in un ambasciatore del brand. È da questa considerazione che si deve partire per strutturare una strategia di promozione.
La formula magica
Quando un’impresa decide di fare marketing, spesso pretende una “formula magica” che moltiplichi il fatturato spendendo il meno possibile: purtroppo, nella realtà del commercio digitale, “risparmio” non fa rima con “guadagno” e non esiste una magia che trasformi gli utenti in clienti.
Lasciando stare gli incantesimi, vediamo invece con quale approccio e con quali mezzi è possibile mettere in piedi una strategia che valorizzi il passaparola.
Strutturare l’offerta…
Fare marketing significa aumentare le possibilità che le persone vengano a conoscenza della promessa di vendita: il punto primario è pertanto strutturare un’offerta che soddisfi le esigenze dei potenziali clienti e poi mettere il pubblico potenziale a conoscenza che questa offerta esiste.
Ogni prodotto risolve un problema diverso ed è pertanto legato a differenti modi di pensare, cercare e parlare: chi cerca un televisore online spesso aggiunge anche il numero dei pollici, così come chi cerca un anello vuole sapere se l’incisione è gratuita.
Valore oltre a quello del prodotto
Costruire una promessa di valore significa studiare abitudini e necessità dei potenziali clienti per strutturare l’offerta usando parole appropriate, servizi adeguati, guide all’acquisto e quant’altro serva per rispondere alle domande prima ancora che vengano poste: quando un utente accede a uno store online deve avere subito la sensazione di essere nel posto giusto, quello che risolverà il problema o soddisferà l’esigenza che lo ha portato lì.
Un’offerta di valore passa anche dalla consapevolezza di quali promesse è possibile sostenere: una promessa non mantenuta ha soltanto effetti controproducenti. Acquistare liste di 10000 indirizzi email per inviare una newsletter quando lo store è ospitato da un hosting condiviso, a 50 € annuali, significa proporre agli utenti un sito offline per le troppe connessioni simultanee. Così come investire soldi su Facebook nonostante non si sia in grado di rispondere ai messaggi si trasforma in una brutta immagine che il brand dà di se stesso.
…focalizzandola
In guerra è un suicidio attaccare lungo un fronte troppo ampio. La sola strategia che ha una possibilità di successo è un attacco su un fronte limitato. “Penetrazione profonda su un fronte ristretto” è il mantra dei militari. In una guerra economica valgono gli stessi principi. La forza è nella concrentrazione. Nella diversificazione sta la debolezza. [2]
Nel momento in cui sto scrivendo questo articolo, a febbraio 2020, ogni segmento di mercato vede realtà potenti e conosciute: anche senza considerare Amazon ci sono decine di siti ai vertici della catena di comando.
Quando qualcuno fa la voce da grosso generalista — ad esempio, un grosso store che tratta giardinaggio — la verticalizzazione su un sotto-argomento correlato ma più specifico — ad esempio, la cura delle piante — è una valida strategia. Sembra un controsenso: il ragionamento logico ci dice che più prodotti si offrono, più probabilità si ha di vendere. In realtà, più il catalogo è ampio, più aumentano pratiche da gestire, costi e stress, oltre ai concorrenti.
Quando si focalizzano le forze su un unico argomento si riducono le difficoltà del gestire una moltitudine di prodotti, fornitori e grossisti: si intrattengono pochi ma buoni accordi commerciali; si riesce a stare al passo con il mercato e con le novità, spesso proponendole per primi; si riducono i problemi, si concretizzano le soluzioni.
Ma, sopratutto, si conosce perfettamente il consumatore del prodotto, il suo modo di cercare, le questioni che lo interessano e i problemi che lo preoccupano. Focalizzarsi fa diventare un punto di riferimento nel mercato per quel dato sotto-argomento, e dunque significa aumentare le probabilità che lo store venga identificato come la soluzione ad un problema specifico.
Molti negozi che iniziano l’avventura online hanno però di base una forte generalizzazione; inoltre il concetto di verticalizzazione non è quasi mai visto di buon occhio dai loro gestori: “Ho il magazzino pieno di merce, perchè dovrei venderne solo una parte online?!”. Un buon compromesso dunque è quello di proporre un catalogo generalista, ma convogliare gli sforzi — di marketing, di gestione, di comunicazione — verso un’unico segmento di prodotti.
Le tre vie del marketing
Costruita l’offerta di valore, si deve fare in modo che i clienti ne vengano a conoscenza. Sono sostanzialmente tre le strade che si devono percorrere: sebbene sia possibile spingere sopratutto su una specifica via, devono essere comunque prese tutte e tre in considerazione, perchè si influenzano a vicenda.
Le persone che cercano: desiderio attivo
Sono le persone che cercano un prodotto in maniera attiva. Dunque, nella stragande maggioranza dei casi, si parla di Google o, comunque, di un motore di ricerca. C’è da fare un appunto: negli ultimi anni, sono sempre di più gli utenti che utilizzano Amazon come motore di ricerca di prodotti e Google come motore di ricerca di informazioni.
La tecnica utilizzata è la SEM, ossia Search Engine Marketing, che si suddivide poi in SEA (Search Engine Advertising) e SEO (Search Engine Optimization).
La SEA sono le sponsorizzazioni su Google Ads o Google Shopping: si paga Google per apparire come primo risultato, in un meccanismo ad asta che premia il miglior offerente.
La SEO, invece, è molto meno immediata ma dai risultati più concreti e duraturi nel tempo. Sono quell’insieme di tecniche — sia interne che esterne al sito internet — che si utilizzano per farlo posizionare organicamente, vale a dire, “naturalmente”, più in alto nelle pagine dei risultati di ricerca. Vale a dire che, indipendentemente dalla pubblicità che si può pagare, il nostro sito sarà comunque molto alto nei risultati di ricerca perché ha già le giuste caratteristiche per esserlo, di per sé, in modo naturale.
Le tecniche interne riguardano l’utilizzo delle parole giuste nei menù, nei titoli e nelle descrizioni dei prodotti, ma anche la struttura, la qualità del codice e l’usabilità del sito; l’ottimizzazione esterna, invece, si ricollega direttamente alla seconda strada del marketing.
La reputazione del brand
Spesso non ci accorgiamo affatto che il nostro atteggiamento verso una cosa è stato influenzato dal numero di volte che vi siamo stati esposti in passato [2]
Uno dei principi più importanti nella scienza della persuasione recita che siamo più portati a scegliere qualcosa che conosciamo rispetto a qualcosa che non conosciamo. Lavorare sulla reputazione del brand significa dunque fare in modo che il pubblico target sia messo a conoscenza della promessa di valore che il brand fa loro.
Una delle tecniche più note, che ha influenza positiva anche per quanto riguarda il posizionamento SEO, è la creazione di un blog interno al proprio sito. Purtroppo è un’arma a doppio taglio: si inizia con entusiasmo pensando sia facile gestirlo da soli, salvo poi scoprire che scrivere pezzi interessanti e pubblicarli con cadenza periodica è veramente complicato. E così il blog non viene più aggiornato ottenendo l’effetto opposto di quello desiderato.
Più semplice del blog interno, e di pari efficacia per alcuni aspetti, è la pratica del guest posting, ossia la pubblicazione di un proprio articolo nel blog di qualche altro autore. Oltre a conferire autorevolezza e far conoscere il brand al pubblico naturale del blog, questa pratica porta con sé un’importante dote: un link diretto verso lo store.
La Link Building, ossia la costruzione di un profilo di link che rimandino allo store da altri siti, è non solo legata ai fattori esterni della SEO ma anche della costruzione della reputazione del brand. Far parlare di noi qualcun altro, infatti, è la migliore forma pubblicitaria che si possa avere: la trasmissione di autorevolezza da un sito a un altro non avviene infatti soltanto per gli occhi di Google.
Infine la pratica delle pubbliche relazioni (Digital PR): niente altro se non intrattenere dialoghi e relazioni nei luoghi di discussioni digitale, come i forum o i gruppi a tema su Facebook.
Le persone che non cercano: desiderio latente
Sono tutte le persone che sono “potenzialmente” interessate ai prodotti, ossia coloro che potrebbero comprare, oggi o domani, ma attualmente non stanno effettuando una ricerca attiva.
I prodotti risolvono problemi che prima o poi accadono nella vita di tutti i giorni: cercare questi potenziali clienti prima che diventino attivi significa aumentare le possibilità che la loro futura ricerca non inizi da Google, ma dallo store in questione. Non solo: tramite i social come Facebook ed Instagram è possibile anche suscitare in loro il desiderio, tramite particolari offerte o prodotti vantaggiosi, che poi si traduce in vendite.
Vi è inoltre una categoria di persone che non cercano che è un sotto-insieme più interessante: coloro che hanno già acquistato. Non solo sono già a conoscenza dell’efficienza del servizio, ma è possibile anche raggiungerli facilmente tramite attività di remarketing sui social o tramite email marketing — le famose newsletter — nel caso il sito sia stato strutturato così bene da aver convinto il cliente a iscriversi alla lista di invio.
L’offerta di valore
Cosa è l’offerta di valore? È una promessa che che viene fatta al proprio segmento di clienti: deve rispettare le loro abitudini, i loro problemi e necessita’. Una promessa, per essere di valore, deve essere concreta e veriteria e la relazione con il cliente è oggi giorno una parte importante sua costruzione. Vedremo nel prossimo articolo quanto la customer care sia parte integrante della riuscita di un e-commerce.
Federico Capanni si occupa, da più di dieci anni, di aiutare le micro- e piccole imprese Italiane a lanciare e gestire i propri canali di vendita online. Dopo aver lavorato per quattro anni come eCommerce Manager per una catena di negozi di provincia, ha deciso di iniziare la sua carriera da consulente, consapevole del fatto che molti ecommerce falliscono soltanto perchè ricevono i consigli sbagliati. Questa lunga esperienza in prima persona gli ha insegnato infatti che, accanto alle dinamiche strutturali e commerciali vi sono quelle umane, fondamentali ma spesso tralasciate. Il suo motto è una frase di George Orwell: "Per vedere cosa c'è sotto il proprio naso occorre un grande sforzo".