Il contesto
Partiamo anche questa volta con qualche domanda: che cos’è un team? Cosa lo differenzia da un normale gruppo di lavoro? Come far crescere un team fino a farlo diventare altamente performante?
Ma affrontiamo una domanda per volta!
Da gruppo a team
Possiamo definire un gruppo di lavoro come un insieme di persone, ognuna con i propri obiettivi, che lavorano insieme. Ogni persona, quando lavora insieme con le altre, affronta un costante tiro alla fune interiore: si sforza di trovare un equilibrio tra i bisogni personali e gli obiettivi del gruppo di lavoro. A volte è presente anche un chiaro obiettivo condiviso. Quasi mai l’obiettivo è comune. Lasciamo al lettore ragionare sulla differenza tra “condiviso” e “comune”…
Una delle più sintetiche e apprezzate definizioni di team è quella di Katzenbach e Smith [1]: un team è “un gruppo di persone poco numeroso con competenze complementari che si impegnano per il raggiungimento di uno scopo (purpose) comune con un approccio nel quale si ritengono tutti mutuamente responsabili”. Il team è definito dal suo purpose, non dai suoi membri.
Secondo Peter Hawkins, uno dei pilastri del team coaching, un team diventa efficace e altamente performante quando è in grado di comunicare in un modo che aumenta il morale e l’allineamento; quando sa ingaggiare i gruppi di stakeholder in un modo che aumenti le performance del team stesso; quando offre apprendimento e sviluppo costante ai membri del team e al team come collettività.
Possiamo poi andare oltre il concetto di performance basato sul raggiungimento di obiettivi e spostare, invece, l’attenzione sulla produzione di valore. Prendendo sempre spunto da Hawkins: “un team è creatore di valore quando è in grado di co-creare un maggior beneficio con e per tutti gli stakeholder attuali e futuri”.
Adesso che abbiamo un dizionario comune, vediamo quali sono i passi fondamentali per poter partire con il modello di business per i team.
L’“io” e i “noi”
Come dicevamo prima, in un gruppo di lavoro esiste una tensione costante dovuta alla continua ricerca di un equilibrio tra gli obiettivi personali e quelli del gruppo. Questa tensione è alla base del dualismo tra l’io e il noi.
Il primo passo per superare questo dualismo è supportare le persone del gruppo nello smettere di pensare all’io per cominciare a concentrarsi sul noi. Per farlo possiamo fare leva su quattro fattori: scopo, autonomia, connessione e padronanza.
Scopo
Per chiunque voglia far parte di qualcosa di più grande, che non riguardi solo il singolo, è necessario come primo passo individuare uno scopo comune e condiviso.
Autonomia
Le persone vogliono sentirsi capaci di gestire le proprie vite e portare avanti delle scelte avendo sempre in mente il bene comune. Rendere un team responsabile è il secondo passo.
Connessione
A tutti piace mettersi in relazione con gli altri e sentirsi connessi. Creare le corrette relazioni all’interno di un ambiente psicologicamente sicuro (psychological safety) è il terzo passo.
Padronanza
Ognuno di noi vuole migliorare in qualcosa condividendo questa crescita per migliorare il gruppo. Creare un ecosistema in costante miglioramento è il quarto passo.
Il compito del leader che vuole guidare un team è quindi quello di saper parlare tanto all’io personale di ogni membro del gruppo quanto a quel senso di noi che si mette al servizio del gruppo. L’obiettivo è fare in modo che le persone si comportino riferendosi a un noi, riconoscendo comunque il valore di ogni singolo io.
Non più incarichi, ma ruoli
Uno stratagemma utile per arrivare al noi è chiarire la differenza tra incarico e ruolo.
Al giorno d’oggi ogni posizione lavorativa è definita dal titolo e dagli incarichi che ci si aspetta la persona ricopra. La descrizione degli incarichi implica un elenco di doveri, compiti precisi da assolvere nonché di risultati personali da raggiungere. In poche parole, l’indicazione del livello di potere che ha una persona.
Al contrario la definizione di un ruolo mette a fuoco la relazione con le altre persone. L’assegnazione di ruoli pone tutto il team in relazione a cosa ogni suo membro può offrire per il benessere e la crescita del team stesso. La descrizione di un ruolo andrebbe sempre fatta nella forma di “cosa mi aspetto che quella persona faccia per il bene del team”. Tutto quello che non è presente all’interno di quella descrizione esula dal ruolo di quella persona.
Questo procedimento aiuta anche nell’individuare quelle aree che non sono coperte da nessun ruolo ma che, invece, dovrebbero esserlo per il raggiungimento dello scopo comune. Si potranno così colmare eventuali gap individuati, prima di rendere operativo il team.
Business Model Team
Ed eccoci dunque pronti per compilare il modello di business per il team. Ma questa volta non vedremo un nuovo canvas! Infatti, il canvas è esattamente il Business Model Canvas visto nel primo articolo. La differenza sta nella sua compilazione: le voci andranno compilate pensando al team come entità per la quale si vuole ideare il nuovo modello di business.
Vediamo insieme qualche suggerimento per una corretta compilazione del canvas dal punto di vista del team.
Customer Segments
La domanda principale che il team deve porsi per individuare i propri segmenti di clienti è: “come team, svolgendo il mio lavoro, a chi sono di aiuto?”.
Pensiamo alla situazione lavorativa: il cliente principale del team è colui che decide di usufruire del risultato del lavoro del team stesso!
Come per il modello di business aziendale, un modello di business per un team può avere più di un segmento di clienti. Possono essere clienti esterni all’azienda o anche clienti interni. Per ogni segmento di clienti si rende necessario individuare la giusta proposizione di valore.
Un aiuto nella compilazione di questo blocco viene dal PINT! No, non è una pinta di birra, anche se potrebbe aiutare comunque! PINT è l’acronimo per Problems, Issues, Needs e Trends.
Si tratta di una tabella nella quale, per ogni segmento di clienti, andremo a descrivere prima e prioritizzare poi i seguenti elementi.
- Problems (problemi / opportunità). Descriviamo qui le cose che non vanno o che non stanno funzionando bene. Ma anche le opportunità di fare qualcosa di nuovo per il cliente.
- Issues (questioni). Indichiamo tutte quelle condizioni a contorno che vanno rispettate al fine di soddisfare le necessità dei nostri clienti, come norme e regolamenti.
- Needs (bisogni). Identifichiamo ciò che manca o ciò che si vorrebbe mettere in atto di nuovo e diverso.
- Trends (tendenze). Guardiamo in che direzione ci si sta muovendo, ciò che sta cambiando e come sta cambiando.
Queste quattro voci aiutano nel descrivere il cliente, nel conoscerlo meglio e nel mettersi nei suoi panni per poter decidere quali degli elementi individuati si ritengono essere i più importanti. Il team può decidere un ordine di priorità delle evidenze riscontrate con il PINT così da sapere su quali conviene concentrarsi per prime e quali invece si possono affrontare in un secondo momento.
Queste informazioni aiuteranno ad approcciare alla compilazione della Value Proposition con una maggiore cognizione di causa.
Value Proposition
“In che modo, come team, mi rendo utile?” Questa è la domanda che identifica la value proposition di un team.
Capire cosa il team è in grado di offrire ai propri clienti e, soprattutto, in che maniera ciò che offre aggiunge valore alla loro vita è uno dei passi più importanti per il corretto disegno di un modello di business.
Per riuscire a compilare correttamente la Value Proposition, oltre a quanto abbiamo visto nel precedente articolo, possiamo utilizzare il corrispettivo del PINT usato nella definizione del Customer Segments. In questo caso parliamo del SIRP, acronimo per Solutions, Innovations, Resources e Positioning ideas.
La tabella SIRP offre la possibilità di trovare le risposte agli elementi indicati nel PINT. Queste risposte sono una potenziale Value Proposition. Vediamo nel dettaglio i quattro elementi del SIRP.
Solutions (suggerimenti / soluzioni). Qui elenchiamo rimedi, soluzioni o suggerimenti per nuovi metodi, servizi o prodotti che possano risolvere i problemi / opportunità.
Innovation (innovazione). Cerchiamo nuovi adattamenti dei fatti e delle circostanze con atteggiamento proattivo per affrontare una o più questioni.
Resources (risorse). Sono le persone, i soldi, i beni materiali o immateriali e le proprietà intellettuali che soddisfano uno o più bisogni.
Positioning idea (idea posizionante). Cerchiamo una proposta per sfruttare una o più tendenze o minimizzarne l’eventuale rischio.
Una volta individuati i due blocchi di Customer Segments e Value Proposition, anche grazie all’aiuto del PINT e del SIRP, non risulterà complesso compilare il resto del Business Model Canvas per il team.
Esternalità positive e negative
Una nota va comunque fatta per i blocchi Revenue Streams e Costs Structure.
Se nel modello di business aziendale possiamo identificare i flussi di ricavi e le strutture di costi in maniera relativamente semplice, ragionando per team potrebbe essere più difficile, non avendo un contatto diretto con un cliente pagante. Possiamo allora ragionare secondo il concetto di esternalità.
Definiamo le esternalità come quelle conseguenze, negative o positive, che gravano su persone che, in realtà, non hanno scelto di sostenerle.
Possono essere esternalità positive i benefici ricavati dall’automazione di alcuni processi ottenuti grazie al lavoro del team, o, ancora, un abbattimento delle tempistiche di gestione di un ordine grazie ad una nuova logistica studiata del team.
Mentre esternalità negative potrebbero essere, ad esempio, l’aggiunta di un livello di comunicazione tra due aree dell’azienda dovuto all’esistenza stessa del muovo team oppure l’innalzamento di un costo indiretto introdotto da un nuovo processo pensato dal team.
Spesso nei modelli di business dei team troviamo in maggior numero le esternalità positive e negative piuttosto che i classici Revenue Streams o i Costs Structure. In tal senso è corretto considerarli all’interno del business model team.
Superare l’organigramma
Un utilizzo aggiuntivo del modello di business per i team è come valido sostituto al classico organigramma.
I diagrammi organizzativi descrivono le relazioni, spesso gerarchiche, che esistono all’interno di una impresa, ma non danno indicazioni sul funzionamento dell’organizzazione a livello sistemico, ossia nella sua interezza considerando anche, ad esempio, le modalità di interazione tra le parti.
Il business model invece descrive “a colpo d’occhio” ciò che accade in un sistema utilizzando una visualizzazione grafica che prende in considerazione tutti gli aspetti relazionali e di business grazie ad una visione sistemica a più livelli.
Conclusione
Dopo i primi tre articoli siamo già in grado di collegare il modello di business aziendale e quello di team. Nel prossimo articolo vedremo il Personal Business Model e potremo così creare un allineamento completo dei modelli di business.