Che cosa è una Intranet?
Cerchiamo su Wikipedia l’accezione più informatica del termine e leggiamo che:
In informatica e telecomunicazioni l’intranet è una rete azienfale privata completamente isolata dalla rete esterna (Internet) a livello di servizi offerti (es. tramite LAN), rimanendo dunque a solo uso interno, comunicando eventualmente con la rete esterna e altre reti attraverso opportuni sistemi di comunicazione (protocollo TCP/IP, estendendosi anche con collegamenti WAN e VPN) e relativa protezione (es. firewall).
Ma una Intranet non è solo questo. Una Intranet è prima di tutto un servizio (digitale) progettato per le persone di un’azienda che ha — o può avere — un impatto sull’intera organizzazione. “Progettato” e “persone” sono le due parole chiave che gettano le basi per un servizio di successo.
In questo articolo e nel successivo vogliamo raccontare quali sono i momenti chiave nel percorso di progettazione e adozione di un digital workplace che non sia soltanto un raccoglitore di strumenti applicativi più o meno necessari o uno smistatore di task e di comunicazioni verso i dipendenti.
È sempre una questione di esperienza
Quasi sicuramente avrete già sentito parlare almeno una volta di user experience o customer experience: l’esperienza dell’utente o del cliente è determinante nel processo di acquisizione, uso e retention di un prodotto/servizio e per questo motivo rappresenta un punto di attenzione con cui le aziende hanno iniziato a confrontarsi per essere sempre più competitive sul mercato.
La Intranet è il riflesso digitale dell’organizzazione e l’organizzazione è fatta di persone. Le persone che vivono gli spazi fisici dell’azienda sono le stesse che si muovono e operano nella sua sfera digitale. L’esperienza da modellare è per loro, siano esse impiegati, assistenti, dirigenti, operai, direttori, commerciali, amministrativi, tecnici o altro. Si parla in generale di progettare la employee experience.
La employee experience è definita dall’interazione di tre sfere: gli spazi fisici in cui si muove il dipendente, le sue relazioni sociali e il lavoro che deve svolgere [1].
Durante una giornata lavorativa, questa tre sfere si intersecano, evidenziando sei differenti aspetti della employee experience.
Una visione sistemica
La employee experience ha quindi radici molto profonde in un’azienda: tocca aspetti relativi alla gestione e alla strategia organizzativa, è influenzata dagli spazi di lavoro ma anche da processi e flussi operativi, si riflette nelle interazioni tra le persone e nella creazione di una cultura aziendale comune.
Se nella progettazione della Intranet non si applica una visione sistemica che tenga in considerazione le relazioni e le connessioni tra i diversi ambiti si rischia di non ottenere l’impatto atteso; ad esempio, nessuno la utilizzerà perché mancano delle funzionalità o lo strumento impone regole e cambiamenti estremi ai processi in essere. Peggio ancora, c’è il pericolo di avere effetti collaterali indesiderati: “È l’ennesima soluzione imposta dall’alto”.
Applicare un approccio olistico e iterativo al cambiamento può portare gradualmente i dipendenti a percepire i miglioramenti significativi apportati dalla Intranet al loro lavoro e ad accettare l’idea di reinventarsi continuamente.
L’obiettivo è triplice:
- elaborare una serie di azioni strategiche — sia tecniche che organizzative — volte a massimizzare l’efficacia del nuovo strumento tramite l’ingaggio degli utenti;
- progettare la migliore esperienza utente (user experience) per tutti i profili che accederanno alla piattaforma sfruttando anche le possibili intersezioni tra canale fisico e canale digitale, modellando i touchpoint e gli scenari di utilizzo, pianificando un corretto onboarding e organizzando contenuti e strumenti in modo coerente con gli obiettivi e le attività delle persone;
- creare una soluzione condivisa a tutti i livelli aziendali coinvolti, sintesi di un percorso di comunicazione e partecipazione, attraverso la progettazione e proposizione di valore in un design incentrato sugli utenti.
Co-progettare con le persone per le persone
L’approccio che descriviamo unisce due metodologie progettuali complementari: progettazione incentrata sull’utente (User Centered Design) e Design Thinking.
Sia il Design Thinking (DT) che lo User Centered Design (UCD) partono dal principio del “mettersi nei panni dell’utente finale”. Il DT però si focalizza sul modo di pensare lo sviluppo di nuovi prodotti/servizi per creare innovazione e trovare soluzioni a problemi complessi. Lo UCD invece insiste sul miglioramento dell’usabilità e dell’esperienza d’uso di un prodotto o servizio [2].
Il nostro obiettivo è progettare un servizio, fornito sotto forma di applicativo software, che dovrà essere utilizzato da tutti i dipendenti dell’organizzazione. Allo stesso tempo la soluzione dovrà essere tecnicamente fattibile e sostenibile dal punto di vista economico.
La metodologia UCD include al suo interno diverse discipline come architettura dell’informazione, User Experience (UX) Design, Service Design, accomunate da un approccio progettuale che individua l’utente finale come centro del processo e da un iter procedurale [4] basato su step consecutivi di:
- ricerca: mappatura e analisi dei dati esistenti;
- definizione :organizzazione dell’informazione prodotta in fase di ricerca e analisi;
- prototipazione: Scelta, iterazione e test di diverse soluzioni possibili;
- produzione: convergenza verso la soluzione finale.
Coinvolgimento degli stakeholder
Un altro passaggio fondamentale per il successo del progetto è riuscire a coinvolgere attivamente tutti gli stakeholder nel processo di progettazione. Stakeholder è da intendersi nel senso più ampio del termine, includendo sia le persone per cui la soluzione viene progettata — tutti quelli che saranno chiamati ad utilizzarla — sia i portatori di interesse che hanno promosso il progetto all’interno dell’azienda.
Averli al tavolo di lavoro dall’istante zero ci permette di ipotecare un primo risultato: garantire che il prodotto/servizio incontri i loro bisogni e le loro aspettative. Ecco perché il co-design (o co-progettazione) è il collante perfetto tra User Centered Design e Design Thinking.
Il percorso progettuale
La fase di analisi e progettazione si divide in due momenti:
- una prima fase esplorativa e divergente di raccolta informazioni (obiettivi, bisogni, valori, risultati attesi) e analisi dei problemi da risolvere da cui possiamo ottenere una serie di vincoli da rispettare, criticità e rischi da mitigare, opportunità da cogliere;
- una seconda fase convergente di sintesi e di elaborazione della strategia da mettere in campo e delle soluzioni da implementare che saranno successivamente classificate in base a tempi, risorse e priorità degli obiettivi di progetto.
Ma gli step e gli output di questo percorso li vedremo nel dettaglio nel prossimo numero.
Conclusioni
Per questo mese ci fermiamo qui, rimandando al prossimo numero per l’illustrazione dettagliata del percorso progettuale nelle sue varie fasi. Ciò che ci interessava raccontare in questa prima parte è come l’approccio del design thinking e la focalizzazione sull’utente rappresentino un punto di partenza nel processo di progettazione, su cui si può fare sempre affidamento.
Massimo Azzolini ha ricoperto diversi ruoli nella sua carriera professionale: da web developer a imprenditore, a product owner quando ha abbracciato le metodologie Agile. Attualmente si occupa di progettazione di servizi e di sviluppo del business. Ha fondato RedTurtle nel 1999 e Giallocobalto nel 2015.
Libera professionista in continua evoluzione. In RedTurtle si occupa prevalentemente di content strategy e UI/UX Design. Con Giallocobalto cerca di contaminare il mondo del Service Design con metodi e approcci agili, affiancando team di aziende e Pubbliche Amministrazioni nella (ri)progettazione di servizi, dalla definizione degli obiettivi al modello di business.