Progettare le esperienze
Lo scorso mese abbiamo parlato di esperienze e di quanto siano criciali nella progettazione di un servizio o prodotto per il raggiungimento degli obiettivi di business. Ci siamo soffermati in particolare sulla prima parte di questa equazione:
Experience Design + Value Design = Business Design
Riprendiamo da dove eravamo rimasti, per scoprire come e dove entra in gioco il concetto di valore.
Perché è sempre una questione di valore
Anche il valore, come l’esperienza, può essere progettato. Ma che cosa è valore?
Nella sua forma più semplice possibile, potremmo dire che è qualcosa che rende “felici” le persone, nel senso più ampio e inclusivo del termine.
Se parliamo di un servizio o di un prodotto, solitamente attribuiamo valore a
- qualcosa che fa quello che ci aspettiamo: può essere qualcosa che troviamo confortevole, che non ci crea problemi, che ci offre esattamente ciò che ci aspettiamo;
- qualcosa che svolge il suo compito in modo migliore rispetto a quello che ci aspettiamo;
- qualcosa che fa più di quello che ci aspettiamo, oppure aggiunge una componente inattesa che ci sorprende positivamente.
Valore reale vs. valore percepito
A questo punto occorre introdurre una distinzione importante: valore reale vs. valore percepito. Entrambi concorrono a determinare il successo del nostro business, ma il valore percepito può essere molto diverso dal valore effettivo di un prodotto/servizio.
Il valore reale è direttamente correlato al costo del servizio o del prodotto: è ciò che il prodotto vale effettivamente senza alcuna aspettativa da parte dell’utente.
Il valore percepito è invece il valore attribuito dal consumatore per un prodotto: può essere determinato dalla combinazione di opinione del mercato e benefici attesi.
Siamo disposti a pagare solo in base al valore che percepiamo.
La nostra percezione di valore e la nostra predisposizione all’acquisto di uno stesso prodotto possono essere molto differenti, o perché legate alle nostre esperienze pregresse o perché siamo influenzati diversamente da pubblicità e passaparola.
Succede perchè entrano in gioco molteplici componenti che contribuiscono a formare la nostra personale idea di valore senza che ce ne rendiamo conto: la funzione, il prezzo, la componente emozionale, l’identità e il significato che attribuiamo al prodotto [3].
La somma di tutte le componenti determina il valore complessivo che associamo al prodotto.
Funzione o valore d’uso: “Fa quello che mi serve?”
Se parliamo di funzione, allora stiamo prendendo in considerazione l’uso che il consumatore vuole fare del prodotto. È un criterio oggettivo: le caratteristiche, le funzionalità e le prestazioni del prodotto devono essere in grado di soddisfare una necessità della persona.
Il valore d’uso corrisponde alla domanda “Per cosa devo utilizzare questo prodotto?”.
Prezzo o valore economico: “Vale la pena a questo prezzo?”
Guardando il prodotto e pensando al valore che gli attribuiamo, siamo disposti a spendere la cifra riportata sul cartellino? In definitiva, il prodotto potrebbe anche avere un valore basso; ma, se costa poco, ci facciamo tentare.
Viceversa, potrebbe essere estremamente costoso, e avere per noi un valore intrinseco altissimo, però non ce la sentiamo di spendere così tanto: questo perché le altre componenti del valore non sono sufficienti a bilanciare il prezzo.
Emozione o valore edonistico: “Come mi fa sentire?”
Nella componente emozionale del valore percepito, troviamo una delle sfaccettature più soggettive: quello che viviamo e proviamo durante l’esperienza con il prodotto. In questo caso l’atto di consumo è più emotivo che razionale: l’esperienza del consumatore è vissuta come una fonte di emozioni. Per questo motivo il valore edonistico, durante l’atto di acquisto, è spesso sottolineato dal marketing. Il valore edonistico corrisponde alla domanda “Che sensazioni mi sta procurando questo prodotto?”
Identità o valore di status: “Sono io? Mi rappresenta?”
L’identità è il modo in cui noi cerchiamo di comunicare agli altri chi siamo attraverso i prodotti che acquistiamo. Si tratta di un valore simbolico: è un segno di riconoscimento sociale (status). La domanda corrispondente è “Il prodotto mi rappresenta? È in sintonia con la mia personalità?”. L’identità include anche il valore del brand: ci sono brand che ci rappresentano e altri che cerchiamo di evitare accuratamente.
Significato o valore della realtà: “Appartiene al mio mondo?”
In inglese si parla di meaning. È il significato di cui abbiamo parlato il mese scorso, nel primo articolo della serie.
Il significato è il valore più soggettivo e personale, quello legato alla nostra storia e alle nostre esperienze passate. Spesso è qualcosa che gli altri non possono capire o condividere perchè non conoscono il nostro passato, non sanno come quel significato si posiziona nella nostra scala di valori.
Uno degli aspetti da tenere presente nella considerazione del valore è che il significato trascende il valore economico e persiste più di un’emozione.
Il significato è quello più vicino all’io della persona, al suo essere. È la connessione più profonda che possiamo creare con un cliente/utente e con un’intera audience.
L’obiettivo, quindi, è progettare esperienze significative.
Experience design: evocare significati attraverso gli impatti
La persona paga per il valore (totale) percepito che a sua volta è determinato dall’impatto che riusciamo a creare su di lei o sulla sua vita. Possiamo progettare l’impatto progettando l’esperienza che lo genera e di conseguenza arrivare a progettare la percezione del valore.
Cosa intendiamo con il termine impatto? Dal dizionario: urto, incontro più o meno violento di un corpo con una superficie, scontro. Nell’experience design, l’impatto è un cambiamento nel comportamento delle persone, nelle loro convinzioni o assunzioni.
Da progettisti, possiamo usare un impatto per risvegliare significati, sensazioni, emozioni legate al valore percepito di esperienze passate.
Impact Mapping: mappare (e progettare) gli impatti
Gojko Adzic, che ha descritto un approccio interessante all’impatto nel suo libro Impact Mapping [5], afferma che:
Impact mapping is a strategic planning technique […] can help you build products and deliver projects that make an impact, not just ship software.
L’Impact Mapping è una mappa mentale che parte dagli obiettivi di business. Serve a farci ragionare sulle persone coinvolte nel servizio che vogliamo progettare e su quali impatti il nostro servizio può (o deve) portare nei loro comportamenti e nelle loro abitudini.
Come si procede?
Si parte dagli obiettivi strategici.
Si identificano gli attori che possono aiutarci a raggiungerli (collaboratori, stakeholder, utenti finali e chiunque possa influenzare in qualche modo i nostri potenziali clienti).
Si mappano quali azioni possono provocare un cambiamento nelle loro abitudini (impatti) o su quali convinzioni fare leva per raggiungere gli obiettivi iniziali.
Impact Mapping e Liminal Thinking: una sinergia possibile
Impatti e convinzioni… perché allora non mettere in relazione l’Impact Mapping con il Liminal Thinking?
Nel primo articolo della serie, pubblicato il mese scorso, abbiamo spiegato come il Liminal Thinking può aiutarci a capire come sono fatte le persone, come vedono il mondo, come si comportano e come prendono le loro decisioni.
D’altra parte non tutti i comportamenti di una persona sono funzionali ai nostri obiettivi: solo quelli che possono migliorare il nostro business saranno quelli che vorremo influenzare attraverso esperienze significative.
Proviamo allora a ridisegnare il processo di Impact Mapping aggiungendo la componente liminal. Il flusso completo risulta quindi quello illustrato in figura 7.
Le nostre azioni, progettate secondo ciò che abbiamo appreso in fase di ricerca, hanno l’obiettivo di creare esperienze significative per la persona a cui sono indirizzate, tali da far vacillare le sue certezze e produrre un cambiamento nei suoi belief.
Un esempio per mettere a terra questi ragionamenti
Prendiamo N26, la banca nata nel 2013 che ha basato l’intera esperienza bancaria “al dettaglio” sul paradigma mobile. La banca è sempre con le persone e non è un luogo a cui accedere attraverso uno sportello o dal desktop.
Vediamo come l’Impact Mapping si possa applicare al loro modello di business. Chiaramente è una estrema semplificazione: gli obiettivi di business sono molteplici, così come gli attori e gli impatti da produrre.
Prendiamo come esempio di obiettivo l’attrarre nuovi correntisti. Il nostro attore ha già un conto corrente, non è felice, vorrebbe cambiare, ma “serve tempo per aprire un conto in una nuova banca”. Vogliamo cambiare questa convinzione.
Progettiamo due impatti. Il primo va verso l’eliminazione della necessità di avere degli sportelli: la banca è sempre con te, anche prima di avere un conto. L’accesso è via smartphone, la UX è immediatamente comprensibile, i blocker all’entrata sono minimi.
Il secondo è relativo alla velocità di apertura del conto: sono subito chiari i passi da effettuare e anche quello più complicato — l’identificazione — è effettuato via smartphone. L’esperienza non si interrompe mai, nasce e continua sul fronte digitale.
In 8 minuti il conto è disponibile, l’opinione del nostro attore è stata cambiata dai fatti, o dalla promessa di avere quell’esperienza.
In breve, hanno convertito l’esperienza fisica delle persone — entrare in banca e fare la fila allo sportello — in esperienza digitale — riconoscimento da videochiamata — perfezionando tutti i momenti del servizio.
Conclusioni
Henry David Thoreau (1817-1862) filosofo, scrittore e poeta statunitense affermava che
The question is not what you look at, but what you see.
Ormai è chiaro che il punto non è quello che le persone guardano ma quello che vedono e percepiscono nelle cose. Perché il valore che percepiamo va oltre quello che vediamo e noi siamo disposti a pagare solo in base al valore percepito.
Ricordate il principio del Liminal Thinking di cui abbiamo parlato nel primo articolo? Ognuno di noi sta guardando la stessa cosa, ma ognuno di noi la vede in modo differente e formula i propri giudizi e le proprie convinzioni su cosa sia giusto e cosa sbagliato in quello che sta vedendo.
Le persone vivono la stessa esperienza in modi diversi.
Progetta il valore
Lavora sul valore percepito ancor prima che la persona entri in contatto con il tuo prodotto o servizio. Conosci i tuoi clienti, fai ricerca qualitativa e non solo quantitativa, cerca sempre di anticipare i bisogni e le aspettative delle persone.
Progetta gli impatti
Non lasciare le cose al caso. Progetta gli impatti che i tuoi prodotti e servizi possono avere nella vita, nelle abitudini e nei comportamenti delle persone. Il valore percepito aumenta se offri interazioni coinvolgenti e personalizzate.
Progetta l’esperienza
Crea esperienze uniche per ogni persona, progetta tutto intorno a loro: solo così riuscirai a trasmettere il massimo valore possibile. Se l’individuo si sentirà al centro di questa esperienza, se avrà l’impressione che sia stata creata proprio per lui allora le attribuirà un significato particolare e la ricorderà come memorabile e preziosa. Noi potremo successivamente evocarla nella sua mente come momento positivo e di valore.
Progetta il tuo business
Creare ricordi attraverso le esperienze produce un aumento del valore e di conseguenza della revenue del nostro business.
L’esperienza conta ed è qualcosa per cui le persone sono disposte a pagare.
Riferimenti
[1] Jay Cassano, The Science Of Why You Should Spend Your Money On Experiences, Not Things. Fast Company, 2015
https://tinyurl.com/yazkjs5b
[2] B. Joseph Pine II – James H. Gilmore, Welcome to the Experience Economy. Harward Business Review, 1998
https://hbr.org/1998/07/welcome-to-the-experience-economy
[3] Nathan Shedroff, The Value Design Brings to Business. WebVisions Portland 2016 https://tinyurl.com/y5892cr7
[4] Dave Gray, Liminal Thinking. Create the change you want by changing the way you think. Two Waves Books, 2016
[5] Gojko Adzic, Impact Mapping: Making a big impact with software products and projects. Provoking Thoughts, 2012