Nei mesi passati questa serie ha illustrato le diverse tematiche legate al gioco come metodologia per trasmettere concetti: abbiamo parlato delle basi di un gioco, di giochi famosi e di giochi autoprodotti. In questo articolo affronteremo l’argomento della ideazione di un nuovo gioco.
Nel primo articolo della serie [1] ho elencato gli ingredienti tipici di un gioco, mostrando nel corso degli altri articoli come certi giochi ben si prestino per trasmettere principi e meccanismi legati alle metodologie agili.
Oggi vediamo come amalgamare questi ingredienti in modo bilanciato e “appetitoso” per creare una “ricetta” nuova, ossia come ideare un gioco a partire da zero (o quasi) che sia in grado di veicolare i concetti che ci siamo riproposti di far sperimentare a coloro che lo giocheranno.
Gli ingredienti
Nella ideazione di un gioco, abbiamo a disposizione i seguenti ingredienti:
- contesto
- astrazione dalla realtà
- ruoli
- regole e meccaniche di gioco
- competizione, collaborazione e premi
- messaggio e tematica che si vuole trasmettere
Ci si rende facilmente conto di come sia limitato tentare di puntare su uno solo di questi ingredienti: ad esempio, il gioco pensato come evento competitivo dove si vincono dei premi è inizialmente interessante ma con il passare del tempo rischia di annoiare. Prendiamo la morra cinese: carta-forbice-sasso. Chiaramente all’inizio è divertente ed è bello vincere, ma dopo qualche minuto la sfida diventa noiosa e ripetitiva. Di contro se pensiamo a un gioco pieno di regole e di dettagli, esso poi potrebbe risultare troppo frustrante e difficile da iniziare e quindi verrebbe abbandonato prematuramente.
Le dosi
Bisogna pensare a un buon equilibrio tra semplicità d’ingresso e grado di difficoltà, amalgamando bene gli ingredienti di gioco anche in rapporto al livello dei giocatori. Trovate una formula per la quale le persone siano attratte dal gioco, lo capiscano velocemente, lo provino e affrontino sfide sempre più impegnative ma raggiungibili man mano che il loro livello di abilità cresce. Fatto 100% il peso del gioco, la ricetta che suggerisco si compone delle dosi riportate di seguito.
10% di contesto
Il contesto aiuta a coinvolgere inizialmente i giocatori. Presentare una situazione simile, o in qualche modo agganciabile, al reale, e che ha in più degli spunti divertenti, permette ai giocatori di capire in che ambito stanno giocando e li prepara a impersonare un ruolo che potrebbero anche non impersonare abitualmente. Consiglio di non esagerare con i dettagli del contesto altrimenti si rischia di spostare l’attenzione dal gioco ai dettagli.
10% di astrazione dalla realtà
Per non esagerare con i dettagli sul contesto, è bene astrarlo semplificandolo laddove il dettaglio non porta nessun valore aggiunto. Un esempio: in un gioco si prevede che i giocatori vivano 15 giorni di lavoro. Queste giornate hanno diverse fasi: le due pause caffè, la pausa pranzo, le riunioni con i colleghi. Se queste fasi non sono importanti per gli scopi del gioco, è possibile astrarre dalla realtà, riassumendo la giornata come un momento continuo di 5 minuti. Poi magari si può raccontare a voce che ci sono queste fasi ma senza interrompere i 5 minuti; ad esempio, passati 4 minuti di turno, potete dire: “siete alla pausa caffè del pomeriggio, ormai manca poco alla fine della giornata”.
10% di ruoli
Il ruolo è importante per vivere il gioco. Senza la definizione del ruolo i giocatori fanno fatica a capire come giocare e come raffrontarsi con gli altri. Definendo bene i compiti di ciascun ruolo il giocatore riesce a impersonare al meglio il ruolo e quindi a capire la situazione che sta vivendo durante il gioco. Un consiglio: poche e chiare regole altrimenti impersonare un ruolo è molto difficile.
20% di regole e meccaniche
Le regole costituisco l’ossatura del gioco. Come nel software anche nei giochi ci sono diversi “pattern” e le meccaniche di gioco permettono di riassumerle in modo efficace. Come avevo scritto nel primo articolo, esistono diverse tipologie di meccaniche: dal gioco ad asta a quello di commercio e costruzione. In un gioco usato per imparare è bene che la complessità delle regole sia proporzionale alla conoscenza della materia trattata da parte dei giocatori. Regole troppo complesse perche’ introducano un argomento rischiano di sviare l’attenzione dal messaggio che si vuole trasmettere. Regole troppo semplici per giocatori esperti rischiano di essere banali e di poco interesse. Consiglio di costruire giochi modulari nel regolamento e creare espansioni delle regole man mano che il livello dei giocatori aumenta.
20% di competizione, collaborazione e premi
Un gioco senza obiettivi può essere poco motivante. Offrire un premio o un obiettivo da raggiungere, in comune o in competizione, aiuta i giocatori a mantenere la concentrazione durante tutta la fase del gioco. È importante che l’obiettivo sia raggiungibile, ma non troppo facilmente. Bilanciare la difficoltà del gioco non è semplice. Nella mia esperienza cerco di ideare giochi che si bilancino da soli, facendo definire dai giocatori stessi gli obiettivi da raggiungere (come nel caso di Agile: the Board Game Reloaded).
30% di messaggio e tematica
L’obiettivo di un gioco per imparare è proprio il messaggio che si vuole trasmettere. È bene che questo messaggio arrivi ai giocatori in modo progressivo per tutta la fase del gioco. Alla fine del gioco i giocatori riflettono sulla partita appena giocata e di quello che hanno osservato, vissuto e imparato. La retrospettiva del gioco è fondamentale.
La “chimica”
Gli ingredienti, nelle giuste dosi, vanno mescolati e si combinano secondo precise reazioni chimiche e attraverso vari passaggi.
Un gioco ha tipicamente tre fasi:
- apertura
- esplorazione
- chiusura
Figura 1 – Le tre fasi tipiche di un gioco: apertura, esplorazione, chiusura (immagine tratta da “Gamestorming”, di Gray – Brown – Macanufo).
Nella fase di apertura i giocatori entrano nel ruolo e nel contesto del gioco e aprono a diverse possibilità di gioco. Nella fase di esplorazione i giocatori esaminano le diverse opportunità sul tavolo, valutandole secondo le regole del gioco. Nella terza e ultima fase, la chiusura, i giocatori convergono per trovare la soluzione che massimizza il risultato finale del gioco.
Queste tre fasi possono essere ripetute all’interno del gioco come se fossero tanti mini-giochi.
Narrazione
Se ci pensate siamo abituati a queste sequenze. Prendiamo un romanzo o un film nel quale si racconta una storia. Uno schema narrativo tipico è questo: la vita dei protagonisti è apparentemente normale; a un certo punto succede un avvenimento negativo, e i protagonisti si trovano ad affrontare diverse situazioni cercando la soluzione al loro problema; dopo diverse vicissitudini, un evento illuminante porta alla soluzione, che solitamente è a lieto fine. È uno dei pattern classici dello storytelling che risulta molto utile anche per impostare i giochi.
Usare questi schemi, per far vivere queste emozioni ai giocatori, migliora il coinvolgimento, aumenta notevolmente la concentrazione e favorisce l’apprendimento.
La ricetta
Nella nostra metafora “culinaria”, abbiamo visto gli ingredienti per la preparazione, le loro dosi e il procedimento per cui essi si combinano chimicamente attraversando diverse fasi. E adesso non resta che preparare il piatto completo. Da dove partire? Vi passo la mia ricetta: attenzione non è l’unico modo possibile ma con questa sequenza mi trovo bene.
Vi consiglio di partire dall’ingrediente più “pesante”: il messaggio che si vuole trasmettere. Spesso succede che questo messaggio è “tra virgolette” imposto dall’esterno; vuoi perche’ state progettando un corso, vuoi perche’ il cliente vi chiede un gioco per ravvivare una giornata a tema.
Fissato il messaggio cercate di capire quante persone sono coinvolte. Il numero di persone è un fattore importante da tenere presente per scegliere quale meccanica usare. Si gioca tutti insieme? Si gioca a squadre? A coppie? Si gioca cooperando? Oppure competendo? Occorre valutare bene tutte queste variabili e le altre che possono influenzare la meccanica di gioco.
Scelta la meccanica seguono contesto, astrazione, ruoli e premi. Tutti e quattro gli ingredienti sono da bilanciare facendo alcuni test per capire se stanno bene insieme. Durante il test emerge man mano l’insieme di regole che va a definire il gioco finale.
Le regole non sono quindi fissate a priori ma sono il collante degli altri ingredienti e hanno bisogno di essere raffinate man mano che il gioco è provato.
Difficoltà bilanciate
Ricordate di bilanciare la difficoltà del gioco e fare in modo che diventi più difficile man mano che i giocatori imparano a giocare. In questo modo avrete l’attenzione e il coinvolgimento delle persone per tutta la durata del gioco. Se invece il vostro gioco fosse subito troppo difficile o alla lunga troppo facile, correreste il rischio di un abbandono del gioco prima di trasmettere il messaggio.
Disciplina
Vi consiglio di mantenere disciplina nel regolare il gioco. Il facilitatore è anche il master delle regole. I giocatori devono rispettare le regole altrimenti tutto il gioco perde di senso e il messaggio si vanifica! A tal fine uso molto spesso un timer proiettato per scandire i tempi di gioco e sono inflessibile sul loro rispetto.
E se l’idea non venisse?
Due mesi fa ho progettato due giochi, dove messaggio, ruoli e contesto erano fissati a priori dal cliente per ragioni organizzative. In questo caso farsi venire in mente un’idea di un gioco non è banale. All’una di notte ero in giro per casa a lanciare aeroplani di carta… e l’idea non veniva. L’aeroplano era parte del contesto pre-fissato e quella sera per me era bloccante.
Se vi trovate in questi casi vi consiglio di cambiare ingrediente. Il contesto non vi ispira, cambiatelo! Ho fatto cosi, ho pensato ad un altro contesto, l’idea mi è venuta e ho progettato il gioco. Finita la prima fase di progettazione ho ripreso il contesto originale e il gioco funzionava ancora!
Per cui se l’idea non viene pensate ad altro che vi ispira, l’importante è il messaggio che si vuole trasmettere. Il resto (contesto, astrazione, ruoli, regole, meccaniche e premi) è modulare, non fatevi trarre in inganno!
Il follow up
Quando gioco con i miei amici ai giochi da tavolo, alla fine della partita scambiamo quattro chiacchiere ripercorrendo le fasi più avvincenti del gioco e le mosse più importanti. Non facciamo altro che fare un follow-up della serata per imparare a giocare ancora meglio la prossima volta.
Nel caso in cui un gioco viene utilizzato per trasmettere concetti e principi Lean/Agile, diventa ancor più fondamentale che questa fase finale di retrospettiva sia svolta al termine delle attività. Oltre a capire cosa è andato bene e cosa è andato male, chiedete ai partecipanti se l’esperienza vissuta è un’esperienza che si ripete anche durante il loro lavoro. Lasciategli spazio per esprimere le opinioni facendovi da parte. Ora non siete più il Master ma un osservatore esterno che facilita l’emergere delle idee. Se la retrospettiva fa emergere il messaggio che si vuole trasmettere e il messaggio ha riscontro nella vita reale, significa che il vostro gioco ha centrato il bersaglio: avete progettato un gioco che offre spunti sulla realtà in modo divertente e costruttivo. Bravi! Condividetelo. Il modo efficace per migliorare il gioco è giocarlo!
Conclusione
Creare un gioco da zero non è attività immediata e richiede esperienza, analisi degli scopi e della realtà aziendale/lavorativa in cui si proporrà, nonche’ la conoscenza di aspetti “tecnici” che abbiamo illustrato in questo articolo. Come detto, però, il primo aspetto da tenere presente è il messaggio che si intende trasmettere, e questo vale sia per giochi a scopo esclusivamente ricreativo, che per quelli che usiamo per comunicare i concetti delle metodologie agili e per facilitarne l’apprendimento.
Riferimenti
[1] Giulio Roggero, “Agile Gamification: apprendere le metodologie giocando – I parte: Il gioco e le metodologie Agile”, MokaByte 182, marzo 2013
https://www.mokabyte.it/cms/article.run?articleId=Q9H-FMA-FET-368_7f000001_26089272_3bd6fd77
Come CTO e co-founder di Mia-Platform, aiuta i team a semplificare la digital transformation delle aziende concretizzando le loro strategie in software funzionante.
Ingegnere Informatico, è anche tra i fondatori di Agile Reloaded srl e ricopre il ruolo di Strategic Partner di Intré srl.