Il 5,6,7 maggio si è tenuta la seconda edizione italiana di #Play14, una un-conference di due giorni dedicata al serious gaming in cui si affronta il tema del gioco come strumento di teambuilding, analisi retrospettiva, apprendimento, modellazione, problem solving e molto altro ancora. Fin dalla prima edizione, l’obiettivo della conferenza è stato quello di portare la personale esperienza e le proprie conoscenze in merito all‘utilizzo di varie tecniche di gioco tramite le quali apprendere alcuni dei concetti fondamentali dell‘Agile, del lavoro di gruppo della collaborazione.
Durante l’edizione milanese i partecipanti hanno potuto sperimentare in un ambiente estremamente informale, divertente e stimolante varie tematiche legate al management al coaching, alla gestione dei gruppi di lavoro, alla analisi dei problemi ma anche condividere strumenti per studiare un sistema, per definire un modello di un sistema, per fare una retrospettiva in modo diverso (e divertente), per isolare la causa di un problema.
Sulle colonne di MokaByte già in passato abbiamo avuto occasione di parlare sia dell’edizione lussemburghese (alla quale ho partecipato per tre anni) sia di quella milanese grazie a un articolo scritto da Roberta Trucco pubblicato esattamente un anno fa.
Un-Conference e il market place
Dato che si tratta di una unconference, il programma viene stabilito dai partecipanti sul momento secondo il classico meccanismo del “marketplace” dove le persone sono libere di proporre contenuti, orari e scegliere il posto.
Le varie sessioni sono quindi proposte tramite dei cartelli che sono apposti su un tabellone diviso per orari e sale: nasce in questo modo il “programma” della conferenza lasciando la possibilità agli altri partecipanti di scegliere le attività a cui partecipare in base alla fascia oraria ed al tema.
La regola più importante di una un-conference è quella che prende il nome di “legge dei due piedi” (two feet law): l’idea è quella di stimolare la libertà di partecipazione e la contaminazione fra le varie sessioni: ogni partecipante può assistere a ciò che reputa più interessante, entrare o uscire dai vari talk per portare in altri gruppi quanto sentito altrove oppure per dedicare il tempo a cose di maggiore interesse.
(I disegni delle regole dell’unconference sono realizzate da Claudio Perrone e sono rilasciate su licenza Creative Commons)
Anche per quest’anno play14 si è tenuta presso lo spazio MIL che sorge all’interno di un’area ex Breda di Sesto San Giovanni, al confine con Milano, recuperata secondo i canoni dell’archeologia industriale siderurgica, dove si è svolto l’evento. La struttura era totalmente in sintonia con quelle impiegate nelle precedenti edizioni di #play14.
L’area all’interno era talmente grande che gli organizzatori dell’evento per velocizzare gli spostamenti nelle varie aree usavano monopattini e skateboard! L’uso del monopattino per spostarsi, o semplicemente per divertirsi, è diventata da subito una pratica diffusasi anche tra i partecipanti dato il clima cosi familiare che si è creato sin da subito.
Due giorni per imparare giocando o viceversa
E’ difficile riportare per scritto il clima e il senso di una conferenza di questo tipo: il fatto di far parte dello staff che organizza l’evento, mi ha permesso di godere di un punto di vista particolare con cui osservare quanto accaduto durante la due giorni. Come accaduto nei reportage precedenti cercheremo di farlo raccontando in modo rapido e sintetico i vari giochi che si sono svolti nell’arco dei due giorni e mezzo.
La conferenza è iniziata il giovedì sera quando, dopo un aperitivo di benvenuto, i partecipanti hanno svolto il primo gioco della sera: l’idea del gioco è nata da una esigenza che avevamo, ovvero quella di creare un po’ di intimità e di isolamento acustico fra i vari gruppi di lavoro. Per far questo abbiamo pensato a far costruire direttamente ai partecipanti dei… giganteschi muri in cartone.
Si è iniziato con un prima attività per conoscerci: i partecipati, seduti su un lungo tavolo uno di fronte all’altro, dovevano osservare la persona di fronte in modo da coglierne caratteristiche fisiche e provare a immaginare quelle più caratteriali. Lo scopo era quello di farne un ritratto su una busta di carta
Successivamente tutte le buste sono state appese su un muro che è diventato il FaceWall: l’effetto scenografico è stato decisamente bello.
La terza fase è consistita nel creare le squadre del gioco: tre capitani, preventivamente sorteggiati, hanno fatto le scelte (come ai tempi delle partitelle di pallone nel cortile) per formare le proprie squadre
Passaggio obbligatorio a questo punto è la immancabile foto di gruppo: una per squadra
La fase finale è stata quella della costruzione dei muri tramite degli scatoloni di carta.
Nonostante avessimo previsto l’eccezionale fantasia dei partecipanti, siamo rimasti certamente particolarmente stupiti dalla magnificenza dei risultati ottenuti.
Alla fine, due severissimi giudici, Mattia 9 anni e Leone 12 (figli rispettivamente del sottoscritto e di Pino mio collega), hanno osservato e valutato i lavori completati secondo tre metriche (o KPI come dicono le persone serie): resistenza, isolamento acustico e bellezza.
La serata è stata nel complesso piacevole e molto divertente, i risultato finale certamente imprevisto. Il gioco, che abbiamo progettato in un paio di giorni, è stato interessante, sia per la componente di stimolo della fantasia, per il teambuilding, per l’estrema energia che ha creato nell’ambiente. Se vi dovesse servire qualcosa che stupisca le persone del vostro staff, guardate queste foto e prendete spunto (oppure chiedete a noi).
Altri giochi visti a play 14
Organizzare un evento, vuol dire molto lavoro prima e tanta stanchezza dopo. Vuol dire anche molta responsabilità nel seguire ogni dettaglio in modo che tutto fili liscio. Noi dello staff durante play14 abbiamo certamente potuto giocare meno del previsto, dato che spesso eravamo attenti alla gestione delle varie attività. Grazie all’uso di un velocissimo monopattino, siamo comunque riusciti a star dietro a tutto e anche a seguire qualche gioco (come non notare 10 persone con un sacchetto in testa, coordinati da Pino che guidava il gioco). Sono riuscito anche a partecipare attivamente a un paio.
Nel seguito dell’articolo vi riporto quindi un po’ di storie di giochi visti, giocati, goduti.
GIOCO: fai il tuo cerchio
#teambuilding, #empatia #leadership
Uno dei giochi che era difficile non notare (vista la “montura” dei partecipanti) è quello portato in scena dal collega Pino: dieci persone bendate (in questo caso incappucciate) partendo da una formazione a cerchio, dovevano formare un quadrato. Gioco molto interessante e tutt’altro che banale. Dopo molti tentativi le persone hanno sperimentato la difficoltà di collaborare insieme senza un coordinamento (potevano solo parlare fra loro). Pino ha raccontato come questo gioco, fatto in azienda, abbia più volte messo in evidenza la reale leadership del gruppo (quella persona che tutti seguono perché il vero leader del gruppo) in raffronto con leader “nominati” come per esempio nel caso di gerarchie o anzianità di servizio.
GIOCO helium stick
#ascolto, #coordinamento, #lavoro_di_gruppo
In questo gioco le persone dovevano abbassare un’asta di plastica appoggiata sulle dita. Il movimento deve essere sincronizzato e all’unisono (pena la caduta dell’asta). C’è voluta quasi un’ora affinché i partecipanti riuscissero a compiere il lavoro, anche grazie alle numerose interruzioni di Quinto, il facilitatore, che più volte interrompeva il gruppo per far osservare errori o suggerire riflessioni su quanto accadeva. Il gioco ha messo in evidenza la difficoltà di lavorare in modo paritario, mostrando come spesso siamo noi stessi a creare impedimenti che invece imputiamo ad altri (“hei ma sei tu ad alzare l’asticella” quando invece era lui stesso ad abbassarsi troppo). Un gioco semplicissimo, ma molto potente.
GIOCO giochi con arduino
Una sessione per nerd è stata quella basata sull’uso di schede Arduino collegate a PC e strani altri oggetti. Si sono ricreati combattimenti fra Jedi, suonato tramite cavi elettrici applicati a banane e piante e giocato ad Arkanoid con l’ausilio di una cuffia di cartastagnola, un bambino e uno skateboard.
GIOCO Racconta una storia
#storytelling, #publicspeaking
In questo gioco il facilitatore ha fornito ai partecipanti alcune semplici indicazioni con le quali si dovevano poi creare delle storie; i partecipanti dovevano sperimentare alcune schemi tipici dello story telling, anche tramite l’ausilio di costruzioni in Lego, e poi raccontare in pubblico i risultati degli esercizi. Passo dopo passo, il facilitatore ha inserito poi impedimenti di vario tipo nella storia per rendere più difficile la costruzione delle puntate successive. Un gioco semplice ma utile quando si deve imparare a raccontare un fatto (es. presentare un progetto) o parlare in pubblico seguendo una costruzione logica e coinvolgente.
GIOCO Cynefin Playing Cards
#complexity #cynefin
Presentati da Bernhard Sterchi (di palladio.net) questa serie di giochi ha aiutato i partecipanti a capire e muoversi all’interno di scenari di differente grado di complessità. Tramite alcuni esempi concreti, i partecipanti hanno lavorato per cercare differenti approcci per comprendere e muoversi in scenari complessi. Questa sessione ha dimostrato una volta di più come il gioco possa essere utile ed efficace per spiegare e comprendere anche argomenti particolarmente difficili come quello della complessità, grazie all’uso di sperimentazioni e osservazioni concrete. Secondo la testimonianza del partecipante più giovane (Leone, 12 anni), sembra funzionare alla grande!
GIOCO: Slackline walking
#abilità_atletiche, #problem_solving #miglioramento_continuo
Fatto anche l’anno passato, (ma sempre molto seguito), questo gioco tanto semplice quanto efficace, dimostra come la fiducia nel proprio gruppo aiuti a raggiungere un obiettivo: in questo caso si trattava di camminare a turno su una fettuccia sollevata circa 20 cm da terra, cercando di mantenere l’equilibrio e rassicurati dalla presenza ai lati dagli altri partecipanti sui quali la persona poteva appoggiarsi, in caso di difficoltà, per arrivare alla meta.
GIOCO: Jack says
#ice_breaking #fun #teambuilding
Il gioco fatto con mio figlio Mattia di nove anni, era una raccolta di ice breakers presentati e guidati da Mattia stesso. In questo caso l’obiettivo era più che altro divertirsi e imparare una serie di tecniche utili da usare in un team quando si deve rompere il ghiaccio. Personalmente ho trovato molto interessante lavorare Mattia: anche in questo caso il gioco ha dimostrato come il serious gaming possa rompere le barriere (in questo caso di età) e consentire a tutti di confrontarsi con un linguaggio e una modalità comune.
Giochi, giochi, giochi dappertutto
i partecipanti, ormai presi dallo spirito del gioco hanno iniziato a improvvisare giochi anche direttamente sul posto. C’è chi ha creato un gioco per gestire e rispettare la fila alla macchina del caffè e chi invece ha proposto una sessione durante il market place il cui scopo era proprio quello di inventarsi un gioco da giocare poi tutti insieme durante la conferenza.
Infine…
Il clima formatosi all’interno dello Spazio Mil anche quest’anno è stato molto divertente e piacevole.
Tutti i giochi e i workshop sperimentati a Play14 hanno mostrato la loro utilità come strumenti per imparare, per capire quale sia il modo migliore per lavorare in gruppo e comprendere come coordinare un team che deve raggiungere un obiettivo. Play14 oltre a essere una esperienza per imparare è anche una ottima occasione per fare team building; caso emblematico l’anno scorso quello di un intero team da Londra che pur avendo Play14 nella propria città, sono venuti a Milano per fare una esperienza tutti insieme per fare gruppo e conoscersi meglio.
Un altro esempio molto interessante è quello di 7Pixel, azienda che l’anno passato partecipato con un nutrito gruppo di persone i quali che successivamente hanno poi riportato l’esperienza fatta in azienda organizzando degli eventi interni che ci hanno raccontato durante una sessione di play14.