Introduzione: la partecipazione per una democrazia 2.0
Negli eventi di progettazione partecipata, così come in tutti i processi partecipativi, si cerca di avviare un dibattito che possa favorire l’ascolto e il confronto tra punti di vista diversi, rappresentando un’occasione generativa per poter creare nuove idee e innovazioni per l’intera comunità coinvolta.
Al centro dell’attenzione di questi metodi sta lo scambio di opinioni finalizzato alla costruzione di una volontà comune, possibilmente orientata a una decisione consensuale. Nell’articolo si presenterà, attraverso il racconto di più eventi organizzati da Laborplay — start up e spin off dell’Università degli Studi di Firenze — come poter coniugare la partecipazione di tante persone a un processo decisionale generativo attraverso l’utilizzo di tecniche e metodologie afferenti al mondo del “team working” e con un pizzico di digital rappresentato da piccoli strumenti informatici per favorire la comunicazione live di centinaia di persone.
Dalla democrazia partecipativa…
La parola partecipazione rimanda da un lato al concetto di “prendere parte” (dal latino partem capere) a un determinato processo, dall’altro a quello di “essere parte” di un gruppo, di una comunità. Giorgio Gaber nel lontano 1973 cantava “Libertà è partecipazione”, ma la questione è quanto mai attuale.
Sempre più spesso si sente parlare del concetto di democrazia partecipativa intesa come “un relazionamento della società con le istituzioni” che comporta “un intervento di espressioni dirette della prima nei processi di azione delle seconde” [1].
L’idea di una participatory democracy nasce negli Stati Uniti negli anni Sessanta del Novecento e trae poi ispirazione dai grandi movimenti giovanili di quel decennio. Attraverso questa espressione, si valorizza l’importanza di processi di decisione politica che vedano l’intervento attivo e diretto dei cittadini e che vadano oltre ai concetti di informazione e consultazione: è attraverso la partecipazione che si può praticare una modalità democratica dell’assumere o prendere decisioni.
Il problema sembra risiedere non tanto nella sua definizione, quanto nella sua applicazione concreta. Quali sono le metodologie attraverso le quali possiamo implementare la democrazia partecipativa?
…alla progettazione partecipata
La progettazione partecipata è una metodologia che ci può venire in aiuto per rispondere a questo quesito. Con tale termine si intende la collaborazione dei vari attori di una comunità (cittadini o gruppi sociali destinatari di un’iniziativa, amministratori e tecnici) che, attraverso spazi e momenti di elaborazione e confronto, sono coinvolti nell’ideazione o nella realizzazione comune di un progetto caratterizzato da proposte operative che avranno poi ricadute positive sui partecipanti e sul loro gruppo di appartenenza [2].
Cambiamento
Il tema centrale è quello del cambiamento: un cambiamento che parte dalle persone ed è prodotto dalle persone. Sappiamo infatti che un cambiamento imposto dall’esterno (o dall’alto) ha meno probabilità di essere implementato e condiviso rispetto a un cambiamento prodotto dall’interno (o dal basso).
Sappiamo anche che la partecipazione attiva produrrà un processo di empowerment nei partecipanti. Sappiamo, infine, che più un problema è complesso e maggiore sarà la necessità e l’utilità di un confronto tra più soggetti poiché il gruppo ha una capacità di generare idee e contributi molto superiore rispetto a quanto possa fare il singolo [3].
Il ruolo della democrazia partecipativa e della progettazione partecipata diviene strategico in particolar modo quando la questione da affrontare risiede nella formulazione di politiche e specialmente all’interno di un contesto come quello delle Pubbliche Amministrazioni dove è sempre più necessario andare pienamente incontro a criteri di funzionalità, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa.
Una ricetta per la progettazione partecipata
Strettamente associato al tema della partecipazione c’è quello del coinvolgimento. Coinvolgere diventa il mezzo attraverso cui la partecipazione può attivarsi e che Laborplay ha pienamente adottato nello sviluppo degli eventi di progettazione partecipata. Nel corso degli anni abbiamo infatti organizzato molti eventi promossi dalle PA, specialmente all’interno del settore turistico.
Prima di passare in rassegna alcuni dei vari eventi che abbiamo creato vi presentiamo una delle possibili “ricette” per la preparazione di un evento di progettazione partecipata. Ogni ricetta è ovviamente personalizzata in base all’obiettivo e alle esigenze specifiche del contesto, ma esistono alcuni “ingredienti” a cui, a nostro avviso, non si può proprio rinunciare.
Una prima esperienza che ci ha visti coinvolti è stato l’evento Ecosistemi Digitali 2016 promosso dal MiBACT (Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo), dal MiSE (Ministero dello Sviluppo Economico), da Regioni italiane, e sviluppato assieme alla Regione Toscana e a Toscana Promozione Turistica.
Il Piano Strategico di Sviluppo del Turismo 2017-2022 ha rappresentato l’occasione e il contesto adeguato in cui poter utilizzare un approccio partecipativo. L’intento era quello di raccogliere i principali stakeholders del settore turistico italiano, al fine di agevolare una riflessione collettiva e stimolare una condivisione delle azioni prioritarie da mettere in atto nell’immediato futuro, generando così un “Indice delle priorità delle azioni sul turismo digitale in Italia”.
Electronic Town Meeting
La cornice metodologica, da cui ha tratto spunto la progettazione dell’evento, è rappresentata dal cosiddetto Electronic Town Meeting (ETM), ossia un modo per coinvolgere i partecipanti nella discussione delle esigenze e delle politiche del proprio territorio, attraverso lo svolgimento di incontri pubblici e che fa largo uso di strumenti digitali.
Durante l’evento, 120 professionisti del settore turistico, provenienti da tutta Italia, sono stati suddivisi in piccoli gruppi, allo scopo di confrontarsi sulle migliori strategie e azioni di digitalizzazione del settore turistico italiano. In questo modo è stata avviata una condivisione e una contaminazione delle esperienze e delle migliori pratiche organizzative.
Attraverso un attento percorso di facilitazione, ciascun tavolo ha avuto la possibilità di confrontarsi sui tre temi individuati e l’intera assemblea è giunta, nell’arco della mattinata, a stilare una classifica delle priorità delle azioni da intraprendere per favorire lo sviluppo del Turismo Digitale in Italia.
Con il nuovo anno, è stata creata una nuova ricetta per l’edizione 2017 dell’evento. Questa edizione è servita a presentare lo stato di avanzamento della “Carta comune per lo sviluppo della digitalizzazione nella promozione turistica della Destinazione Italia”.
Si è trattato di un grande laboratorio di idee per sviluppare nuove strategie, infrastrutture e strumenti per il turismo. Oltre cento partecipanti, tra esperti provenienti da tutta Italia e start-up di settore, si sono confrontati a Firenze per favorire la contaminazione delle idee tra i vari livelli che operano all’interno del settore turismo tra pubblica amministrazione e privati, così da facilitare la diffusione delle best practice che molto spesso non riescono a trovare canali di propagazione sul territorio.
Sempre nel corso del 2017 è andato in scena a Trieste, organizzato da PromoTurismo FVG in collaborazione con l’Università degli Studi di Udine e con Laborplay, il “Forum del Turismo in FVG – Verso il 2025”. L’obiettivo era quello di pianificare e programmare il turismo del Friuli Venezia Giulia attraverso la partecipazione diretta di chi, quel turismo lo vive quotidianamente in prima persona.
Si è trattato di una due giorni di brainstorming e di confronto, che ha raccolto al Molo IV di Trieste 270 operatori del sistema turistico regionale (istituzioni, operatori e imprese), che, distribuiti in 19 tavoli, hanno affrontato 5 diversi focus tematici: il significato del turismo, la sostenibilità, le nuove imprenditorialità, le nuove tecnologie, la formazione life long learning.
I risultati dei Tavoli di Lavoro stanno contribuendo all’individuazione delle linee guida per la strutturazione del Piano del Turismo del Friuli Venezia Giulia 2018-2025.
Ma il Forum del turismo di Trieste non si è concluso nelle giornate del 5 e 6 settembre scorse. Promoturismo FVG e la regione Friuli Venezia Giulia hanno scelto di proseguire il confronto con gli operatori per definire il Piano del Turismo del Friuli Venezia Giulia 2018-2025.
Alla prima fase di progettazione partecipata, è seguita una fase di condivisione dei risultati, per tradurre in azioni concrete le sfide emerse al Forum di Trieste. È partito così un tour, chiamato “Forum del Turismo 2017 FVG – On the Road”, costituito da 8 tappe territoriali in cui, assieme a Bruno Bertero (direttore marketing di Promoturismo FVG) e tutto il suo valente staff, si sono confrontati ben 320 operatori del turismo.
World Cafè
La metodologia utilizzata in questo caso è stata quella del World Cafè [4]: un format che permette a un grande numero di persone di dialogare insieme, sviluppare una comprensione condivisa delle situazioni che vengono trattate, e convergere verso iniziative che uniscono.
È una pratica di dialogo che, anche grazie all’informalità che la caratterizza — durante l’evento vengono distribuiti caffè proprio come in una “chiacchierata al tavolo di un bar” — favorisce la trasmissione e l’evoluzione delle idee dei partecipanti che si influenzano reciprocamente, sentendosi parte di un insieme attraverso un processo definito di cross-pollination.
Terminiamo questa rapida carrellata di eventi nel quale abbiamo utilizzato diverse “ricette” di progettazione partecipata, tornando nuovamente in Friuli Venezia Giulia per una giornata, promossa stavolta dall’Assessorato allo Sport della Regione FVG che aveva un duplice obiettivo: da un lato presentare alle associazioni del territorio il lavoro svolto dalla Regione FVG mettendolo a confronto con le altre Regioni italiane, dall’altro attivare una politica di proposte per presentare modelli di sviluppo alternativi a quanto già fatto fino a quel momento.
Si è trattato di una raccolta dal basso di proposte sostenibili per dare modo all’Assessorato di compiere in futuro scelte efficaci e lungimiranti. Per raggiungere questo obiettivo sono stati creati quattro tavoli tematici attraverso la metodologia del World Cafè.
Si è discusso di progetti 3S a sostegno delle scuole, nuove formule di management, disabilità e cultura della condivisione e di nuove progettualità per la valorizzazione dello sport. La dinamicità del metodo ha consentito di far leva appieno sul concetto di cross pollination, arrivando così a definire delle proposte fattibili e sostenibili da applicare in futuro.
Gli elementi chiave della progettazione partecipata
Condivisione, comprensione e coinvolgimento sono sicuramente le tre parole chiave per esprimere in sintesi la filosofia degli eventi di progettazione partecipata. Il messaggio veicolato di volta in volta è stato la necessità di condividere le informazioni in un unico linguaggio per poter comprendere — e prevedere — al meglio gli andamenti presenti e futuri.
Le relazioni che si creano in questi eventi generano, infatti, una sorta di “arena democratica”, una agorà in cui si producono mutazioni nella forma e nei contenuti delle questioni affrontate, in cui il pensiero del singolo viene “contaminato” da quello degli altri partecipanti fino ad arrivare alla produzione di idee di gruppo che rappresentano qualcosa di più e di diverso rispetto alla somma delle singole idee individuali.
Abbiamo più volte sottolineato l’importanza della presenza di facilitatori esperti in dinamiche di gruppo proprio perché è grazie allo sviluppo di una discussione “democratica” che si possono raggiungere gli obiettivi di creazione di proposte condivise in cui ogni partecipante, alla fine dell’evento, possa riconoscersi.
Motivi a favore della progettazione partecipata
Ma perché si dovrebbe prendere in considerazione la possibilità di organizzare eventi di consultazioni partecipate all’interno di una qualunque comunità? Le motivazioni sono ovviamente molte, ma ci preme sottolineare come con queste modalità si valorizzi innanzitutto la comunità stessa e le risorse che sono in essa presenti.
I singoli componenti della comunità coinvolta percepiranno un più alto livello di “engagement generativo” che condurrà a un circolo virtuoso nel quale la partecipazione porterà a partecipare sempre di più alla vita della comunità stessa.
Le ricadute
Questi eventi lasciano in dote una grande eredità. Prima di tutto la consapevolezza che è possibile costruire dei momenti di confronto nel quale i diversi attori istituzionali del territorio (regionale o nazionale) abbiano la possibilità di dialogare e costruire linguaggi e significati nuovi e condivisi, di creare uno spazio di confronto e condivisione.
Secondariamente hanno mostrato la valenza e l’importanza dello scambio e della contaminazione dei saperi e dell’esperienze orientata all’innovazione ed alla creazione di azioni fattibili e prioritarie per lo sviluppo del settore.
La terza e ultima eredità, non meno importante delle altre, è lo spirito di questi eventi, la sua quintessenza: la voglia di scoprire, la curiosità, la convinzione che al di là dell’orizzonte ci sia ancora molto da scoprire [5]. Questa forse è l’eredità più difficile da custodire, assai fragile se non rinforzata e alimentata nel tempo con azioni concrete.
Conclusioni
Durante gli eventi si sono incontrate persone che, a prescindere dai loro ruoli istituzionali o organizzativi, hanno creato un luogo dove l’interesse collettivo ha vinto al di sopra di personalismi miopi, dove c’è stata la volontà di costruire una strategia che possa guardare più in là del proprio naso e del proprio “orticello”, dove ha vinto il “noi”, dove le informazioni hanno avuto modo di circolare liberamente e sono state condivise, dove il “know-how” e le esperienze sono state tirate fuori dal cassetto e raccontate agli altri. Perché ricordiamoci che “la libertà non è star sopra un albero […], libertà è partecipazione”.