Introduzione
Negli ultimi venti anni, la conoscenza dell’approccio Agile si è progressivamente diffuso nella consapevolezza di coach, consulenti, manager e strutture aziendali in genere.
Inizialmente “confinato” all’ambito dello sviluppo del software, si è successivamente espanso ad ambiti molto più estesi della cosiddetta “economia dell’immateriale”, che rappresenta un settore molto esteso nell’ambito delle attività produttive contemporanee e che ha dirette e concrete ricadute sull’economia “materiale”.
Attraverso contaminazioni, trasformazioni, aggiustamenti di focus, svolte, adattamenti, tante sono state le declinazioni dell’agilità applicate all’organizzazione aziendale.
Eppure, sulla base di esperienze maturate in tutti questi anni di agile coaching e consulenza, e alla luce delle tante “ondate” che si sono succedute — alcune ancora molto attuali, altre quasi “mode del momento” se le riguardiamo in prospettiva — a mio modesto parere un libro resta fondamentale per il lavoro di chi debba confrontarsi con ogni tipo di organizzazione in qualche modo strutturata: si tratta de La quinta disciplina [1].
Scritto da Peter Senge più di trenta anni fa e subito tradotto anche in italiano, ne esiste una seconda edizione [2] del 2006 riveduta e corretta, che è stata tradotta in italiano solo nel 2019, presso diverso editore [3].
Un libro che invecchia bene
Ebbene, senza neanche tanta sorpresa, ho constatato che molti dei concetti che con gli anni sono diventati dei punti nodali nell’assistere le aziende a fare trasformazioni digitali, migliorare la produttività, incentivare la partecipazione e la soddisfazione di chi ci lavora dentro… sono trattati nel libro, ovviamente in modo più rigoroso rispetto a quanto possa fare io in questi articoli.
Il mio intento è di fornire una sorta di “taccuino di appunti” che derivano dalla riflessione su quanto appreso durante lo studio e l’applicazione delle tematiche di organisational learning e system thinking.
Perché Organisational Learning?
Una delle colonne portanti del movimento Agile, a partire dall’Agile Manifesto in poi, è quello di accettare il cambiamento e l’incertezza e di evolvere da un approccio predittivo deterministico verso uno adattivo ed evolutivo.
Volendo spingersi oltre il concetto “Il cambiamento è benvenuto”, si potrebbe non solo accogliere il cambiamento per sopravvivere (approccio resiliente), ma addirittura pensare a una strategia che si avvantaggi delle difficoltà, degli impedimenti e degli imprevisti. È quello che rientra sotto il termine di antifragile di cui abbiamo spesso parlato sulle pagine di MokaByte: una delle caratteristiche che dovrebbe avere un’organizzazione che voglia crescere ed evolvere nel tempo — il cosiddetto Kaizen tanto caro al mondo lean — è quella di abilitare la cultura dell’apprendimento, dando vita a quello che Peter Senge chiama Organisational Learning.
Dalla scomposizione…
Quando si deve provare a risolvere un problema, un atteggiamento che ci viene insegnato fin dai primi anni di scuola sta nell’applicare un processo scompositivo: ci è stato suggerito di dividere i problemi in sottoparti nell’intento di ottenere contesti più piccoli e meno complicati.
La teoria della complessità, in particolar modo il lavoro fatto da Dave Snowden col suo modello interpretativo Cynefin [4], ci dice che l’approccio scompositivo purtroppo non funziona quando ci si muove e opera in contesti complessi — e non complicati — dove il comportamento del sistema è dato dall’interazione dei singoli componenti: questi hanno un comportamento differente se presi singolarmente rispetto a quando sono inseriti nell’ecosistema completo.
Peter Senge ci ricorda quanto sia importante scrollarci di dosso l’idea che il mondo sia costituito di elementi sconnessi ininfluenti fra loro. Scomporre, oltre a non rappresentare la strategia più efficace, talvolta introduce un costo indiretto altissimo: la perdita della visione d’insieme che lega causa ed effetto fra tutti gli elementi di un sistema.
… alla visione d’insieme
Viviamo costantemente all’interno di sistemi complessi fatti di elementi collegati fra loro ma in modalità che spesso ci sfuggono a causa della difficoltà che la nostra mente incontra nel cercare di vedere queste cose in modo sistemico. Per questo è essenziale contemplare il sistema nella sua completezza invece che cercare di interpretarne i singoli elementi.
Solo tramite una visione sistemica potremo creare le organizzazioni che apprendono [5], organizzazioni composte da persone che continuamente si applicano per raggiungere i propri obiettivi.
“Le nuvole si ammassano, il cielo si rabbuia, le foglie si alzano verso l’alto: sappiamo che pioverà. Sappiamo anche che dopo il temporale la pioggia andrà ad immettersi nella falda freatica a chilometri di distanza e che domani il cielo sarà chiaro. Tutti questi eventi sono lontani nel tempo e nello spazio, eppure sono tutti collegati nell’ambito dello stesso sistema. Ognuno di essi ha influenza sul resto, un’influenza che normalmente è nascosta alla vista. Si può comprendere il sistema di un temporale soltanto contemplando l’intero, non una qualsiasi singola parte di esso.”
Come si evince da questa citazione tratta da La quinta disciplina, cercare di interpretare i singoli segnali o solole parti elementari di un sistema spesso ci porta nella disillusione circa l’impossibilità di risolvere i problemi con i quali ci scontriamo.
Come fare per apprendere
La gran parte di noi vuole apprendere, e siamo naturalmente portati a farlo. Quando siamo bambini non dobbiamo essere addestrati a sperimentare, scoprire, imparare dalla cose che ci circondano: è così che impariamo a camminare, parlare. Per un adulto che lavora in un team non è molto differente.
Creare un’organizzazione che apprende è possibile non solo perché è nella nostra natura apprendere, ma anche perché è una cosa che amiamo fare. Senge afferma che ci sono 5 discipline che in modo più o meno spontaneo stanno convergendo e forniscono strumenti per innovare il processo di creazione di organizzazioni che apprendono; queste discipline sono:
- System thinking (pensiero sistemico)
- Personal mastery (padronanza delle proprie capacità personali)
- Mental models (modelli mentali)
- Building shared vision (costruzione di visioni condivise)
- Team learning (apprendimento del gruppo)
Pur riconoscendo l’importanza e gli effetti delle altre, ci concentreremo anzitutto sulla prima, il pensiero sistemico, che è poi il punto centrale di tutto il lavoro di Peter Senge.
Il concetto di disciplina
Un interessante parallelo utile per comprendere meglio il senso e l’importanza delle cinque discipline è quello di paragonare l’apprendimento organizzativo con i processi di innovazione in ambito ingegneristico. Si pensi per esempio alle innovazioni nel settore aeronautico o del personal computer: in questo caso le singole tecnologie sono gli elementi abilitanti all’evoluzione stessa, come accade ad esempio per gli aerei con i progressi nella metallurgia delle leghe leggere.
Gli elementi abilitanti per l’innovazione nelle scienze comportamentali si possono considerare come delle vere e proprie discipline: un insieme di teoria e tecniche che devono essere studiate per essere poi messe in pratica. Una disciplina, riprendendo il significato della parola latina, può essere vista come un percorso di apprendimento finalizzato all’acquisizione di competenze o capacità. Per questo motivo, praticare una disciplina è un’attività che può durare tutta la vita.
System thinking
System Thinking (ST) è un framework concettuale che propone un approccio sistemico alla realtà che ci circonda, e che fornisce alcuni strumenti per classificare i vari pattern operativi e le dinamiche evolutive.
Il ST, secondo Senge, fornisce alle altre quattro discipline un significato differente, trasformandole da semplici strumenti, o mode del momento, in qualcosa in grado di far evolvere l’organizzazione. Le singole discipline, sempre secondo Senge, perdono di significato senza quell’approccio sistemico portato dal System Thinking. In particolare:
- Costruire una visione condivisa (shared vision) favorisce l’impegno delle persone/organizzazione sul lungo periodo.
- I modelli mentali stimolano quell’apertura necessaria per scoprire i limiti del nostro attuale modo di vedere il mondo.
- L’apprendimento collettivo del team learning sviluppa la capacità del gruppo di guardare alle cose da un punto di vista collettivo che vada oltre la percezione individuale.
- Infine la personal mastery (traducibile con un generico “padronanza” delle proprie capacità) fa leva sulla motivazione personale di continuare ad apprendere il modo in cui influenzare il sistema tramite le proprie azioni. Senza la personal mastery le persone spesso cadono nella trappola di considerare il sistema la causa dei propri problemi (“qualcuno sta agendo contro di me”).
Conclusioni
Questa rapida introduzione si conclude qui. Nel prossimo numero, entreremo nel vivo, facendo in particolare degli esempi pratici che ci consentiranno di iniziare a comprendere meglio che cosa è il System Thinking.
Riferimenti
[1] Peter Senge, La quinta disciplina. L’arte e la pratica dell’apprendimento organizzativo. Sperling & Kupfer, 1992
[2] Peter M. Senge, The Fifth Discipline: The art and practice of the learning organization. 2nd revised edition, Random House Business, 2006
[3] La seconda edizione, tradotta in italiano
https://editorialescientifica.it/prodotto/la-quinta-disciplina/
[4] David J. Snowden – Mary E. Boone, A Leader’s Framework for Decision Making, “Harvard Business Review”, November 2007, pp. 69–76
[5] Fabio Ghislandi, Creare organizzazioni che apprendono. Un caso reale, in quattro mosse. MokaByte 243, ottobre 2018
https://www.mokabyte.it/2018/10/15/organizzazioniapprendono/