Indagine sullo stato dell’Agilità
Come ormai succede da tre lustri, sono stati di recente pubblicati i risultati dell’indagine sullo stato dell’Agile che viene annualmente condotta presso aziende che adottano in qualche modo tali pratiche e principi.
Il report è consultabile liberamente [1] dal sito Digital.ai; e al documento originale rimandiamo chi desideri leggere approfonditamente i risultati. In questo articolo ci limitiamo a porre l’attenzione su alcuni dati e qualche tendenza che risultano sicuramente interessanti.
Su cosa si basa il report
I risultati riportati nella relazione finale derivano dall’elaborazione dei dati raccolti attraverso un questionario proposto sia online che di persona durante la seconda metà del 2022. In totale sono state raccolti 3220 questionari completati.
Anche nomi di primo piano, come Jeff Sutherland, sostengono la compilazione di tale questionario [2], riconoscendo all’indagine un valore di indipendenza e informazione nel campo della enterprise agility.
I dati sono stati raccolti presso aziende di dimensione diversa (figura 1), il cui numero di dipendenti/collaboratori è distribuito come segue:
- il 29% arriva a 1000 persone;
- il 18% è compreso tra 1001 e 5000;
- il 19% è compreso tra 5001e 20000;
- il 34% supera le 20000 persone.
Non meno importante è guardare alla distribuzione geografica delle aziende che hanno risposto. Se la maggior parte delle aziende coinvolte è nordamericana — come del resto succede in tutto ciò che riguarda ambiti tematici come quelli in oggetto — anche la realtà europea è ben rappresentata con il resto del mondo comunque presente, seppur in misura minore (figura 2).
Infine, non va trascurata la profilazione del chi ha fornito le risposte raccolte in questo 16° rapporto sullo stato dell’Agilità in azienda: circa un terzo dei partecipanti è uno Scrum Master o un coach interno, il che peraltro riflette una costante abbastanza stabile da cinque anni a questa parte.
Le aziende coinvolte non operano solo nell’ambito strettamente tecnologico IT (37%) ma anche nel campo bancario e finanziario (18%) con percentuali minori ma significative in settori quali quello medico e della salute (8%) e dei servizi professionali (8%).
Qualche considerazione generale
Nel 16th Annual State of Agile Report viene chiaramente enunciata una considerazione che chi si occupa di enterprise agility ha cominciato a formulare già da qualche tempo: le vicende di questi ultimi anni hanno influenzato il modo di concepire l’agilità, almeno per quel che riguarda l’applicazione in azienda. La pandemia del 2020-2021 e le turbolenze sui mercati dell’energia e delle materie prime causate dall’instabilità geopolitica in Europa orientale — e non solo — hanno avuto un impatto sul modo di concepire non tanto i valori e i principi agili, ovviamente, ma il modo concreto di metterli in pratica.
Alcune delle nozioni sul modo in cui “fare” agilità, che erano scontate prima di certi eventi globali, sono state modificate a causa della pandemia. È stato di conseguenza necessario fare dei tentativi e ricorrere a degli “espedienti”; ma queste soluzioni obbligate si stanno ora rivelando come possibili nuovi standard nel modo in cui si opera.
Per questo il modello “ibrido” in cui non si è sempre tutti contemporaneamente in presenza ottiene grandi apprezzamenti: c’è chiaramente anche chi resta ancorato al concetto del “tutti sempre in presenza” e chi, al contrario, spingerebbe addirittura per un modello prevalentemente “da remoto”. Ma il grosso degli intervistati (51%) propende, appunto, per un modello ibrido: parte in presenza, parte da remoto. È chiaro che su questi dati incide ancora il persistere di misure restrittive o, ancor più, semplicemente prudenziali legate al contagio, ma sarà interessante seguire l’evoluzione di questa tendenza per comprendere quanto essa sia legata a elementi contingenti o sia diventata ormai strutturale.
Banalità scontata o verità ricoosciuta?
Per quanto possa apparire scontato, gli intervistati riconoscono come elementi chiave nella adozione e nel buon funzionamento della enterprise agility i seguenti tre punti:
- pratiche
- persone
- tecnologia (intesa come strumenti, infrastrutture etc.)
Non che si esca tanto dal seminato, ovviamente, ma sta di fatto che questi restano gli elementi su cui la concreta applicazione di valori e principi agili si basa.
Vediamo un po’ più nel dettaglio questi aspetti.
Pratiche
Da un punto di vista delle pratiche adottate, si nota come Scrum rimanga l’infrastruttura metodologica più diffusa (l’87% degli intervistati dichiara di adottarlo). Ma anche Kanban è parecchio diffuso (56%) con altre pratiche meno pervasive seppure ancora presenti (ad esempio XP e altre metodologie che nel complesso fanno 19%).
Ma quel che è più interessante è leggere le motivazioni e le considerazioni che sono legate all’adozione delle pratiche. Le più votate sono risultate:
- accelerazione del Time-to-Market con il 52%;
- predicibilità più affidabile per la consegna con il 44%;
- riduzione dei rischi con il 31%.
Quanto appena riportato, inoltre, va nell’ottica di una certa riduzione dei costi, aspetto sicuramente da non sottovalutare.
Digital transformation
Altro elemento interessante è notare come in molti, circa la metà degli intervistati, attribuisca all’adozione di certe pratiche non solo la funzione di migliorare il modo in cui si sviluppa il software, ma estenda la loro portata all’intero ciclo di sviluppo e delivery del prodotto. Una percentuale minore fa notare come, sebbene le pratiche fossero state introdotte per lo sviluppo software, si siano poi estese a un processo di trasformazione più profonda che ha interessato tutta l’azienda nel suo complesso. Ma su questo aspetto della Digital Transformation hanno un peso ancor maggiore i temi inerenti alle persone.
Persone
A livello “basso”, in senso numerico e organizzativo, vale a dire nell’ambito dei team, concetti come persone al centro, cultura chiara e condivisa, leadership adeguata e scelta degli strumenti in funzione di quel che veramente serve al team sono concetti accettati non per dogma, ma perché hanno dimostrato tutta la loro efficacia nel corso degli anni.
Con questo approccio, si lavora meglio insieme, si ha un aumento del coinvolgimento in quel che si fa e diventa più facile allineare il proprio lavoro personale agli obiettivi di business generali.
Aspetti disfuzionali
Fin qui, tutto chiaro e apprezzato. Ma appare allora forse più interessante andare a vedere cosa non funziona, secondo gli intervistati, proprio nell’ambito delle persone e del loro ruolo nell’intera organizzazione.
Un primo scoglio, segnalato in più casi, è la difficoltà di far comprendere valori, principi e pratiche agili ai responsabili dell’area business. Del resto, l’agilità non è un concetto semplice che si comprende intuitivamente, ma richiede un continuo lavoro di informazione, formazione e verifica che i coach agili devon portare costantemente avanti ai diversi livelli, proprio nell’ottica di espandere l’adozione dell’enterprise agility.
I temi cruciali della cultura aziendale e della mancanza di supporto da parte del management appaiono come i principali motivi del fallimento dell’adozione di Agile nelle aziende.
In particolare, i principali motivi di fallimento vengono individuati nei seguenti punti:
- mancanza della adeguata leadership 42%
- insufficiente conoscenza dei temi Agile 40%
- generale resistenza al cambiamento da parte dell’organizzazione 40%
- inadeguato sostegno da parte del management 39%
- formazione/istruzione insufficiente 34%
- la trasformazione è guidata dalla tecnologia già presente in azienda 31%
E, sebbene alcune di queste voci siano piuttosto sovrapponibili, è chiaro comunque il quadro generale.
Metriche
A confermare l’importanza dell’aspetto organizzativo — e le organizzazioni sono fatte primariamente di persone — nella adozione dell’Agilità, c’è anche il tema delle metriche. Infatti uno dei punti chiave nell’enterprise agility consiste proprio nel riuscire, da parte delle persone, ad allineare le pratiche agili con gli obiettivi di business.
In tal senso, alle domande su cosa si faccia in azienda per favorire tale allineamento e quali metriche vengano adottare in merito, si sono ottenute numerose risposte, anche molto variate, che però possono essere raggruppate in tre categorie principali.
Un primo gruppo di metriche adottate sono quelle più generalmente di tipo “business”oppure legate alla soddisfazione del cliente:
- 39% metriche business;
- 30% feedback e soddisfacione dei clienti / utenti finali;
- 30% metriche relative al singolo progetto.
Il secondo gruppo di riposte, invece, fa riferimento a metriche maggiormente orientate agli OKR (Object & Key Results), ai punteggi NPS (Net Promoter Score) o ai KPI (Key Performance Indicator) di value stream.
- 27% OKR legati alle epiche;
- 25% NPS;
- 25% KPI di value stream.
Il terzo gruppo, peraltro il meno esteso, fa riferimento a metriche tipicamente IT, che misurano il flusso o di tipo DORA, molto diffuse nell’ambito DevOps. Si tratta di metriche sicuramente valide per misurare il ciclo di vita del software, ma che risultano meno utili per allineare il lavoro dei team con il valore di business:
- 20% metriche IT;
- 17% metriche di flusso;
- 4% metriche DORA.
Infine, è da notare come circa un quinto di coloro che hanno risposto al questionario (19%) dichiari di non conoscere con sicurezza quali metriche siano usate per misurare il valore di business.
Strumenti
Nell’ambito degli strumenti ci concentreremo solo su alcune brevi riflessioni.
La prima è che agli strumenti è riservata certamente una certa attenzione. Ma, sulla base di quanto scritto nel report appare chiaro come nelle considerazioni degli intervistati si ritengano comunque imporanti “Gli individui e le interazioni più che i processi e gli strumenti”, coerentemente con quanto enunciato nel Manifesto Agile [3].
Non è un caso infatti — ed è la seconda osservazione — che il 42% delle aziende possieda molti sistemi legacy o adotti determinati strumenti software per ragioni di accordi commerciali, i quali finiscono per “intralciare” l’adozione piena di metodologie agili e costringano il personale a dover gestire tecnologie eterogenee che accrescono il disallineamento.
Scaling
Il terzo aspetto, infine, riguarda i framework di scaling, elemento importante in un ambito come quello delle aziende di dimensioni ragguardevoli. Da quanto dichiarato dagli intervistati emerge che l’infrastruttura maggiormente adottata continua a essere SAFe (Scaled Agile Framework), cresciuto ulteriormente fino a un 53% di diffusione e seguito da Scrum@Scale / Scrum of Scrums che si attesta al 28%.
Una nuova stagione di “esplorazioni”?
Avviandoci alla conclusione, dal report 2022 sullo stato dell’agilità in azienda emergono alcuni dati interessanti.
Anzitutto è ormai chiaro come il concetto di Enterprise Agility percepisca oramai chiaramente la stretta interrelazione tra i diversi elementi operanti in azienda. In tal senso, ad esempio, è significativa la percentuale di intervistati (58%) che, ai diversi livelli, individua come cruciale per il successo l’allineamento di tutte le componenti — dirigenziali, tecniche e commerciali — aziendali, con una visibilità e tracciabilità che parte dall’iniziativa business, si estende allo sviluppo e giunge fino all’aspetto DevOps e all’utente finale.
È chiaro ormai che l’agilità ha superato il confine di IT / sviluppo software e si sta estendendo all’intera organizzazione, con i vantaggi — e anche le difficoltà e gli adattamenti — che ne conseguono. La trasformazione in senso agile è sempre meno un auspicio da raccontare alle conferenze e sempre più un’impresa in cui l’azienda si impegna quotidianamente. Da qui può nascere una stagione di ulteriori “esplorazioni agili” che, come la “rivoluzione” di inizio secolo nelle metodologie di sviluppo del software, possa portare verso territori fecondi in un’epoca di volatilità.
Riferimenti
[1] 16th Annual State of Agile Report
[2] Il post di Jeff Sutherland su LinkedIn
[3] Manifesto per lo sviluppo agile del software (2001)
https://agilemanifesto.org/iso/it/manifesto.html