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Nel numero:

99 settembre
, anno 2005

Il nome della cosa

Sun rivede e uniforma i nomi delle proprie piattaforme

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Massimiliano Bigatti

Massimiliano Bigatti è sviluppatore senior, autore tecnico e appassionato di fotografia.
Certificato, tra le altre, come SUN Certified Enterprise Architect for Java2 Enterprise
Edition Technology, lavora presso un importante business solution provider.
Nel tempo libero scrive per diverse riviste di informatica e ha scritto una decina di libri,
quasi tutti su Java, tra cui "Java e Open Source", Tecniche Nuove 2005.
Il suo sito personale è raggiungibile all‘indirizzo www.bigatti.it.

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Il nome della cosa

Sun rivede e uniforma i nomi delle proprie piattaforme

Immagine di Massimiliano Bigatti

Massimiliano Bigatti

  • Questo articolo parla di: Java

Il marketing di SUN rivede i nomi delle proprie piattaforme, per uniformarli e sfruttare l‘affermazione del nome “Java” tra i consumatori.

Non c‘è dubbio che il marchio “Java” sia molto conosciuto dai consumatori. Non solo tecnici, come programmatori ed architetti, professionisti e responsabili di azienda, ma anche dai ragazzini che utilizzano giochi Java sul cellulare.
Insomma, il nome Java è uscito dai laboratori e dagli uffici dei programmatori per abbracciare un più vasto mercato, per meglio affermarsi come brand.
Rientra in questa ottica il sito www.java.com, che è sostanzialmente una vetrina di quello che è possibile fare con la tecnologia Java e che riguarda direttamente gli utenti finali. La zona “Duke” contiene riferimenti ad altri siti SUN, chat, community, formazione, ed altro. Ci sono poi le zone dedicate ai giochi, probabilmente l‘area più sfruttata del sito da parte dei consumatori, quella orientata alle applicazioni mobili, destinate al funzionamento su PDA e cellulari e la zona dedicata alle applicazioni desktop, che girano sui normali personal computer.

Ma anche anni fa, quando Java muoveva i primi passi nell‘informatica e era conosciuto dagli addetti ai lavori, il brand era piuttosto forte.
Nonostante questo, in corrispondenza al rilascio della versione 1.2, SUN decise di cambiarne il nome. Java divenne quindi Java2, con l‘obiettivo di marcare nettamente le grandi differenze tra la precedente versione 1.1 e la nuova 1.2.
Un passo che sorprese un po‘ e lasciò un po‘ perplessi, per una serie di motivi. Per prima cosa, era così indispensabile sottolineare le grandi differenze tra le versioni 1.1 e 1.2. Esistevano effettivamente tutte queste diversità ?
Tutto il gioco valeva la candela? Modificare il nome di un prodotto comporta una sua minor riconoscibilità , almeno all‘inizio.
L‘uso di un numero nel nome poi è rischioso, perché collide con il numero di versione. Abbiamo infatti poi avuto Java2 1.3, Java2 1.4, Java2 5.0.
La presenza di più numeri nel nome confonde. Senza poi parlare del fatto che 1.5 è diventato 5.0.
Sembra che il marketing ci tenga molto a far capire che una nuova versione è meglio della precedente, ma forse l‘approccio è un po‘ datato. I salti pindarici di numeri di versione erano più in voga negli anni ‘90, dove i software passavano disinvoltamente dalla versione 1.0 alla 2.0 e poi magari alla 4.0.
Java, con le sue eredità  Unix, era partito bene, con uno schema di versione major.minor.revision (p.e. 1.1.7). Una numerazione chiara e pulita che è anche molto significativa per lo sviluppatore.
Purtroppo con la versione 1.2 il marketing prese il sopravvento, e si ebbe Java2. Poi abbiamo avuto Java 5.0.
Oggi è stato deciso un ulteriore cambio di nome, dove si perde il 2. Infatti:

  • J2SE 6.0 diventa Java SE 6
  • J2EE 5.0 diventa Java EE 5
  • J2ME diventa Java ME

La cosa interessante è che si perde anche il numero di revisione. Ad esempio, 5.0 diventa 5. Come chiameremo allora J2SE 6.1? Forse Java SE 6 versione 6.1? Oppure Java SE 6 revisione 1? Ma era così difficile chiamarla Java SE 6.1?
Il marketing di SUN inoltre suggerisce che, quando si scrive, la prima volta le piattaforme vengano chiamate:

  • Java Platform, Standard Edition 6
  • Java Platform, Enterprise Edition 5
  • Java Platform, Micro Edition

Java ME non ha numero di versione (si parla infatti di CLDC 1.0/1.1 ed altri profili), ma mi chiedo: quando più avanti negli anni svilupperanno ulteriormente Java ME, non si presenterà  il problema di affiancargli un numero di versione?
Ad ogni modo, fortunatamente (ma non sarebbe potuto essere diversamente), le versioni già  rilasciate manterranno la precedente nomenclatura. Avremo ancora J2EE 1.4, J2SE 5.0 o J2SE 1.4.x, ecc.
Riassumendo, la storia di Java ha visto, tra le altre, le seguenti versioni:

  • JDK 1.0.2
  • JDK 1.1
  • JDK 1.1.7
  • Java2 1.2
  • Java2 1.2.2
  • Java2 1.3
  • Java2 1.4
  • Java2 5.0
  • Java SE 6 (Java Platform, Standard Edition 6)

Mi rendo conto che il discorso comincia a farsi complesso, ma SUN ci viene in aiuto: per qualsiasi dubbio, è disponibile l‘help desk javanaming@sun.com, a cui potrete rivolgere tutte le domande del caso.

L‘erba del vicino…

È interessante a questo punto vedere come se la cavano i concorrenti, nel difficile compito di trovare un nuovo nome di versione ai propri prodotti. Cominciamo da un produttore che sicuramente sa come comunicare con gli utenti, Apple Computer.
Se si guarda ai prodotti hardware, si nota come ciascun prodotto sia identificato univocamente da un nome che ne rappresenta le funzionalità  di base e le caratteristiche. Ad esempio, per gli iPod abbiamo:

  • iPod Shuffle
  • iPod mini
  • iPod
  • iPod U2

Gli iPod Shuffle sono disponibili in due versioni: 512MB e 1GB. Quindi, se diciamo iPod Shuffle 512, riusciamo con una breve descrizione ad indentificare univocamente un prodotto, allo stesso modo che farebbe il suo codice prodotto M9724LL/A. E stiamo sicuri che, anche fra qualche anno, il termine iPod Shuffle 512 non potrà  essere confuso con altro prodotto, diverso ma con caratteristiche simili.
Con l‘hardware Apple si capisce dunque di cosa si sta parlando. Ma con il software?
Mac OS X, il sistema operativo di Cupertino è disponibile in due versioni:

  • Mac OS X
  • Mac OS X Server

Per ciascuno di questi lo schema di numerazione è preciso e lineare. Mac OS X 10.3 ha visto infatti le versioni:

  • 10.3.1
  • 10.3.2
  • 10.3.3

ora, con Mac OS X 10.4:

  • 10.4.1
  • 10.4.2

È strano vedere come una azienda molto orientata agli utenti come Apple utilizzi uno schema di versioni lineare e molto Unix-like mentre una società  con origini Unix come SUN salti da un nome ed uno schema all‘altro.
Inoltre Apple affianca, alle release principali, un nome identificativo, che ha preso l‘abitudine scegliere tra i felini. Abbiamo quindi avuto Puma (10.1), Jaguar (10.2), Panther (10.3), Tiger (10.4). Il nome ufficiale di prodotto dell‘ultima versione disponibile è quindi “Mac OS X Tiger”.
Come se la cava invece il colosso di Redmond, con il suo onnipresente Windows? Microsoft ha utilizzato per un certo periodo gli anni (95, 2000). Abbiamo visto dunque Window 95, Windows 2000. Poi sono cominciate le sigle (ME, XP).
Oggi Windows Longhorn diventa Windows Vista.
Ma qual è la differenza sostanziale tra gli schemi adottati da Apple, Microsoft e SUN? Le prime due aziende hanno manutenuto il nome del prodotto, che non è mai cambiato nel corso degli anni, anche se è stato caratterizzato da elementi descrittivi integrativi (Mac OS X Tiger, Windows Vista). Apple non ha mai avuto dubbi sul significato della “X”: vuole dire dieci, ma anche UniX, ma non ha mai confuso questo elemento con il numero di versione (10.1, 10.2, 10.3). E questo sarà  un vantaggio quando avremo Mac OS X 11.2 (Cat?).

Conclusioni

Da oggi, o meglio, dal giugno scorso, non esiste più Java2. Ora abbiamo semplicemente Java. Il nome è cambiato ancora, la sostanza, come sempre, è rimasta la stessa.

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Massimiliano Bigatti

Massimiliano Bigatti è sviluppatore senior, autore tecnico e appassionato di fotografia.
Certificato, tra le altre, come SUN Certified Enterprise Architect for Java2 Enterprise
Edition Technology, lavora presso un importante business solution provider.
Nel tempo libero scrive per diverse riviste di informatica e ha scritto una decina di libri,
quasi tutti su Java, tra cui "Java e Open Source", Tecniche Nuove 2005.
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