Inizia questo mese una nuova serie di articoli dedicati al Project Management in cui affrontiamo il tema della gestione dei progetti e dei gruppi di lavoro da un punto di vista ‘psicologico’ andando a sfruttare gli strumenti interpretativi che ci offre la Analisi Transazionale, una teoria psicologica ideata da Eric Berne negli anni Cinquanta/Sessanta.
Introduzione: perche’ Analisi Transazionale in un contesto di Project Management?
Nell’ultimo anno, durante le mie esperienze di project mangement (gestione di progetti, corsi tenuti, eventi a cui ho partecipato, consulenze erogate, libri o articoli letti) mi è capitato più o meno casualmente, anche se niente avviene per caso, di imbattermi nella Analisi Transazionale (AT) che ho scoperto poi essere una teoria psicologica elaborata nella seconda metà del Novecento da parte di un gruppo di psicoanalisti, che fa capo allo psichiatra statunitense Eric Berne il caposcuola [BRN], morto nel 1970.
La cosa mi ha incuriosito non poco visto che in effetti da sempre sono convinto che il project management sia una disciplina focalizzata sulla gestione di gruppi di lavoro che sono prima di tutto persone e individui sociali e poi anche programmatori, progettisti software, architetti, sistemisit etc…
Approfondendo le mie indagini e grazie al confronto con qualche rispettabile professionista del settore, mi sono reso conto di come semplici concetti alla base dell’Analisi Transazionale (AT) potevano aiutarmi a comprendere meglio le persone all’interno di un gruppo di lavoro, e soprattutto a interpretare le dinamiche di gruppo e i meccanismi di relazione che si evidenziano nella comune attività giornaliera di progetto.
Una doverosa premessa
L’Analisi Transazionale è una seria scuola psicoanalitica e, per svolgere pratica psicoterapeutica basata sui concetti della AT occorre essere laureati in psichiatria o psicologia e aver frequentato con successo una Scuola di Specializzazione in Psicoterapia riconosciuta dal Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica [ATS]. Questo significa che solo gli psicoterapeuti specializzati possono usare questa disciplina per scopi psicoterapeutici, così come avviene per altre scuole di psicoterapia: cambia l’approccio teorico-pratico, ma il percorso è il medesimo. Va anche detto che, a differenza di altri orientamenti di psicoterapia (p.e., psicoanalisi-piscodinamica, cognitivo-comportamentale, psicologia analitica junghiana, Gestalt…) maggiormente diffusi in Italia, qui da noi l’Analisi Transazionale è meno diffusa che, per esempio, negli Stati Uniti, sebbene negli ultimi anni anche essa si stia affermando e venga sempre più apprezzata e studiata.
Va detto comunque che tutti gli interessati possono frequentare dei corsi aperti e apprendere alcuni concetti base che possono poi trovare applicazione nella propria vita personale o nell’ambito del proprio lavoro.
In tal senso, per me l’apprendimento dei concetti di base di questa disciplina psicologica è stato di grande interesse e mi rendo condo di come queste tematiche abbiano reso molto pià chiara la comprensione di certi meccanismi e certe dinamiche all’interno di sessioni di consulenza e formazione sul Project Management erogate direttamente presso clienti in azienda.
Qualche esperienza pratica
Tra le esperienze svolte negli ultimi tempi, c’è stata l’organizzazione e la co-conduzione di sessioni di formazione in collaborazione con una psicologa di orientamento AT, indirizzate al miglioramento della comunicazione all’interno del gruppo di lavoro, o alla auto-organizzazione del tempo. Quel che mi ha positivamente colpito, osservando il lavoro della professionista e confrontandomi con i partecipanti è che lo spirito e l’esito di queste giornate è sempre stato molto proficuo e interessante: quasi mai ho incontrato un approccio scettico nei confronti dei principi della AT trasmessi dalla psicologa e dei miei esempi per calarli nella realtà del Project Management, ma vi è stata sempre una sostanziale adesione a quanto proposto, non per “fede” o per “suggestione”, quanto piuttosto perche’, come vedremo, l’AT ha, almeno nei suoi concetti base, un taglio molto sensato e pragmatico (che spesso fa dimenticare tutto il resto, ossia aspetti molto più complessi e sottili che invece sono presenti nell’armamentario culturale e scientifico di questa scuola psicologica).
Un errore da evitare
Ovviamente non tutto il PM si sovrappone ai concetti della AT e viceversa: certi concetti base di psicologia, che è quasi doveroso conoscere, non si possono sostituire all’analisi statistica o alle tecniche di gestione del flusso di cassa, all’analisi del ROI o ai concetti di Pareto per individuare il valore e l’opportunità di determinate scelte.
Ma i concetti base dell’AT possono entrare a far parte del bagaglio culturale del project manager che segue un approccio del “far sì che le cose accadano”, quello che prende in considerazioni anche la persona in se stessa (dinamiche intrapsichiche) e la persona nelle sue relazioni (dinamiche interpersonali) nell’ambiente di progetto, quello che tiene in grossa considerazione gli aspetti legati alla comunicazione e all’auto-organizzazione.
Un approccio differente, un diverso linguaggio, un diverso modo di vedere le cose
Ogni volta che ci si avvicina a una disciplina differente da quella che si è abituati a maneggiare quotidianamente, una delle difficoltà maggiori deriva dal diverso modo di affrontare i problemi dalla differente tecnica espositiva, dall’uso di un nuovo vocabolario. Il tutto spesso è reso più difficile dalla mancanza di un background culturale che ci permetta di comprendere rapidamente ogni passaggio del testo o della spiegazione. È un po’ come essere catapultati in terra straniera con una superficiale conoscenza di base della lingua (si è in grado di capire quello che ci viene detto) ma senza una approfondita conoscenza dei modi di dire e delle convenzioni (non si è del tutto capaci di interpretare il perche’ delle cose che ci sono dette).
Linguaggio
Da questo punto di vista l’Analisi Transazionale è relativamente comprensibile anche per un non addetto ai lavori: uno dei primi passi che qualsiasi seminario di introduzione alla AT fa è proprio quello di spiegare i suoi concetti base con un un linguaggio chiaro e comprensibile. È anche per questo motivo che, pur partendo da un uso psicoterapeutico in ambito clinico, grazie al suo linguaggio immediato ed efficace, l’AT è stata rapidamente utilizzata con successo nelle aziende, nelle scuole, nella formazione dei giovani e degli adulti, e nella gestione dei gruppi. Per questo viene spesso associata al PM come strumento per comprendere o giustificare determinate dinamiche di gruppo.
Approccio diretto
Una cosa che mi ha colpito particolarmente è il modo con cui la Analisi Transazionale viene presentata e raccontata: probabilmente accade lo stesso anche per altre discipline simili, ma colpisce come spesso viene usato un approccio diretto con frasi del tipo “la AT ci fornisce un quadro di come siamo strutturati dal punto di vista psicologico utilizzando un modello in tre parti, noto come modello degli stati dell’Io”.
Per chi lavora in informatica questa certezza (“un quadro di come siamo strutturati”) può apparire forte o comunque insolita: chi si sentirebbe di certificare che una determinata architettura o soluzione tecnologica “è certamente” la soluzione dei problemi o peggio che tutte le cause del problema siano state comprese e quindi risolte? In fondo il vecchio rimedio di “riavviare il sistema” non è forse il mantra di ogni buon tecnico, il quale è conscio che una analisi dettagliata e approfondita dei moltissimi aspetti che possono essere causa del problema sarebbe troppo costosa se non impossibile, e che quindi spesso è preferibile ripartire da zero magari resettando il sistema.
Gli psicologi invece ci appaiono molto sicuri di se’, e probabilmente hanno le loro ragioni: un approccio diretto e semplice a questioni di base complesse consente di trasmettere concetti importanti in maniera circostanziata, senza troppe parole. Questo approccio, comunque, in casi di applicazione al mondo aziendale, potrebbe spaventare o addirittura “irritare” qualche soggetto. Quindi le frasi vanno mitigate, senza però tradire il senso finale di quel che viene detto: “in maniera similare ad altre scuole che hanno i loro sistemi di interpretazione della personalità e dei suoi rapporti, questo modello propone uno schema tripartito che rappresenta una interpretazione possibile della struttura psicologica delle persone; è un modello la cui validità è riscontrabile anche grazie ai numerosi confronti pratici effettuati durante il lavoro di sperimentazione pratica”.
Definizioni
In questa serie di articoli, contestualizzando con esempi e casi realmente accaduti, cercheremo di introdurre il lettore ai concetti base dell’Analisi Transazionale applicata al project management, cercando di capire come le dinamiche di gruppo possano essere comprese e quindi meglio gestite nell’obiettivo di portare avanti il lavoro di gruppo e fare in modo che il progetto prosegua a completamento con successo.
Partiremo quindi con una trattazione teorica introduttiva sulla AT che passi in rassegna prima la cosiddetta analisi strutturale (ossia la dimensione “intrapsichica”, il modo in cui noi siamo fatti secondo l’AT) per poi passare alla analisi funzionale (ossia le dinamiche “interpersonali, cioècome interagiamo gli uni con gli altri); infine parleremo di transazioni, cioè degli scambi cheaccadono quando noi instauriamo una comunicazione o più genericamente uno scambio di stimoli e risposte con altre persone. Per fugare ogni dubbio, diciamo subito che in AT il termine transazione, che avremo modo di approfondire in seguito, assume un significato completamente differente da quello che è comunemente usato in informatica: in questo caso infatti non si intende ovviamente qualcosa che ha a che fare con un flusso dati sul database, ma bensì uno scambio di messaggi, una comunicazione orale o figurativa, fra due persone. Una transazione prevede sempre uno stimolo (per esempio, una domanda) e una risposta, che può essere di vario tipo. L’analisi del modo in cui evolve la conversazione, cioè la sequenza di transazioni, è uno degli aspetti più importanti di tutta la AT, ma non il solo.
Il modello teorico
Il modello teorico della AT si pone come obiettivo quello di cercare di capire come funzioniamo e come esprimiamo la nostra personalità in termini di comportamento. L’AT è anche una teoria della comunicazione basata sull’analisi delle transazioni, comunicazione che può avvenire fra specifici stati dell’Io coinvolti. Più avanti capiremo precisamente cosa si intende per stati dell’Io; per il momento basti dire che si tratta delle varie modalità con cui il nostro pensiero si forma e viene comunicato al nostro interlocutore.
Il modello teorico della AT può fornire altresì un metodo di analisi dei sistemi e delle organizzazioni: sin dall’ideazione, fu considerata dal fondatore Eric Berne come una teoria d’azione sociale largamente utilizzabile in una grande varietà di contesti educativi e organizzativi. Questo modello teorico permette di cogliere con immediatezza le dinamiche intrapsichiche e sociali delle situazioni problematiche: in pratica abbiamo a disposizione una griglia interpretativa che considera la “persona” come “essere in relazione” [AT101].
Lo schema strutturale
Veniamo quindi a descrivere lo schema strutturale, ossia il modo in cui, secondo l’AT, è “strutturata” la personalità. Berne propone il concetto di “tre stati dell’Io” ossia di aspetti ben riconoscibili della personalità.
Ogni stato dell’Io viene definito da Berne come “un sistema di sentimenti accompagnati da un relativo insieme di tipi di comportamento”: osservando pertanto il comportamento della persona che agisce, possiamo individuare lo stato dell’Io che ha generato tali atteggiamenti. Ovviamente lo scopo serve a individuare quale stato sta prevalendo in un determinato momento e a capire come sia possibile interagire al meglio con una persona, in funzione proprio dello stato che in quel momento si manifesta.
I tre stati dell’Io
Gli stati dell’Io, altrimenti detti strutture della personalità, sono i seguenti:
- Io “genitore”
- Io “adulto”
- Io “bambino”
Stato dell’Io Genitore (G)
L’Io Genitore, è lo stato dell’ego esteropsichico che “riproduce gli stati dell’ego dei propri genitori o la percezione che si ha degli stati dell’ego dei propri genitori”. È costituito da un insieme di atteggiamenti, percezioni, comportamenti che noi tutti abbiamo e che possono essere ricondotti in qualche modo a quelle figure che hanno avuto una grossa influenza su di noi durante il periodo dell’infanzia, gli anni formativi della coscienza.L’io Genitore consiste in una serie di registrazioni, a livello cerebrale, delle parole e dei comportamenti dei “genitori”. Quando agiamo attivando l’Io genitore è come se impersonassimo queste figure che ci hanno formato, come se pensassimo, giudicassimo, agissimo nel modo in cui loro si sono registrati nella nostra mente quando eravamo piccoli, anche se poi magari non abbiamo gradito le cose che dicevano o facevano. Lo stato del Genitore si viene formando dagli 0 ai 9/10 anni di vita del bambino, anche se poi viene costantemente aggiornato con nuovi input durante le altre fasi della vita.
Stato dell’Io Adulto (A)
L’Io Adulto è detto dell’ego neopsichico, che ci permette di valutare, pensare e agire in modo obiettivo. Lo stato dell’Io Adulto prevale quando una persona è conscia della realtà che la circonda, è capace di analizzarla in maniera oggettiva e realistica e si reagisce agli stimoli esterni sulla base di essi, senza “caricarli” di ulteriori significati o valori. Si usa spesso dire, usando una terminologia più filosofica che psicologica, che nello stato dell’io adulto siamo nel “qui e ora” (hic et nunc). In questo momento il nostro comportamento è espressione della nostra parte logica e razionale, adeguata alla realtà del momento, che raccoglie, registra e utilizza ogni tipo di informazione; qui possiamo verificare ed elaborare pensieri sulla base del nostro ragionamento. Secondo le teorie di Berne, lo stato dell’Io Adulto comincia a formarsi sin dai primi mesi di vita e raggiunge la piena maturazione solo verso i 12 anni di vita.
Stato dell’Io Bambino (B)
L’Io Bambino è lo stato “dell’ego archeopsichico, che rappresenta e contiene tracce arcaiche e le sedimentazioni emotive della prima infanzia”. Questo stato raccoglie le registrazioni dei sentimenti provati quando eravamo piccoli nei confronti delle parole o dei comportamenti dei genitori o di quelle figure che noi abbiamo identificato come le nostre figure genitoriali di riferimento. Qui possiamo pensare di collocare i nostri bisogni (principalmente affettivi, le cosiddette carezze), così come tutti quegli atteggiamenti e i comportamenti che erano tipici della nostra infanzia. Secondo Berne lo stato dell’Io Bambino si forma dagli 0 ai 5 anni di vita e ci accompagnerà per tutto il resto della vita. Questo ego contiene tutte le tipiche caratteristiche dei bambini, ma che noi mettiamo in atto tranquillamente anche in età adulta: per esempio l’impulso ad agire, o la capacità di godere dei piaceri,la creatività, la curiosità, la libera espressione delle emozioni, ma anche sentimenti come la gelosia, o comportamenti come la manipolazione.
Questa è la struttura della personalità per come è stata pensata da Eric Berne: la cosa importante da capire è che non va assunta come “verità di fede” o come unica possibilità di spiegare il modo in cui si può strutturare la nostra dinamica intrapsichica. Berne pensava ad esempio che certi processi di formazione della psiche si svolgessero entro ben determinati archi temporali, mentre oggi sappiamo dai progressi delle neuroscienze che certi processi formativi si protraggono più a lungo. Ma questi sono dettagli: quel che importa è se questo modello teorico può spiegare o meno certi fenomeni e può aiutarci a comprendere le dinamiche che si instaurano nella nostra psiche. E in questo va detto che tale modello mantiene tuttora la sua validità.
Lo schema GAB
La nostra personalità è quindi il risultato del convivere più o meno armonico oppure più o meno conflittuale dei tre stati dell’Io come descritti da Berne, sintetizzati dallo schema riportato in figura 1, detto, in italiano, schema GAB, da Genitore Adulto Bambino, (in inglese PAC, da Parent Adult Child).
Essi non si escludono, (non si è solo G o A o B, ma si cambia prevalenza di uno stato dell’Io a seconda dei momenti) ma vanno a formare quel complesso mix di sentimenti, affettività e comportamenti con i quali noi viviamo la nostra quotidianità interagiamo con gli altri e, perche’ no, lavoriamo all’interno di un gruppo di progetto.
Figura 1 – Lo schema del Genitore Adulto Bambino è la base con cui si può iniziare a modellare la struttura del nostro io e come noi interagiamo con gli altri.
Lo schema funzionale
Lo schema funzionale prende in esame i tre stati dell’Io (G A B) e ne approfondisce ulteriormente l’analisi per capire il modo in cui li utilizziamo: in pratica non ci si ferma al come siamo fatti, ma si cerca di comprendere anche il modo in cui funzionano: in tal senso, dal punto di vista funzionale, la schematizzazione di Berne prevede un’ulteriore suddivisione dei vari stati dell’Io, cioè come funzionano e come interagiscono tra loro.
Ulteriori suddivisioni
Nello schema funzionale:
- l’io Genitore (G) può manifestarsi come Genitore Affettivo (GA) e come Genitore Normativo (GN);
- l’io Bambino (B) può essere Bambino Libero (BL) o Bambino Adattato (BA);
- l’io Adulto non prevede ulteriori differenziazioni.
Vedremo tra pochissimo in cosa si differenziano queste “specializzazioni” dei tre stati dell’Io principali. Va anche notato come queste ulteriori specializzazioni (Genitore Normativo e Genitore Affettivo, Bambino Adattato e Bambino Libero) possono avere:
- una variante “negativa” (GN-, GA-, BA-, BL-)
- una variante positiva (GN+, GA+, BA+ BL+)
Anche se la situazione sembra complicarsi, vedremo subito di spiegare tutte queste categorie dello schema funzionale e si comprenderà come tale complessità sia solo apparente: uno dei punti di forza dell’AT sta proprio nella sostanziale linearità con cui definisce il suo modello teorico.
Ribadiamo che non è possibile ridurre la personalità a un solo stato dell’io: tutti noi agiamo mescolando questi stati, con una prevalenza di uno o dell’altro in funzione della condizione e dell’ambiente preso in esame (al lavoro si può essere GN a casa BA); è pur vero che normalmente ognuno di noi tende ad avere, almeno in certi contesti, una prevalenza, mai esclusiva però, di uno stato che rappresenta e sintetizza cosa noi siamo e come ci vedono le persone con le quali interagiamo.
Genitore Affettivo e Genitore Normativo
Come già detto, lo stato dell’Io Genitore si manifesta sia come in Genitore Affettivo (GA) che come Genitore Normativo (GN).
Genitore Affettivo (GA)
Il GA è rappresentato da quella serie di comportamenti che danno luogo ad atteggiamenti di cura, di protezione ma talvolta anche di iperprotezione e oppressione. Normalmente quando in noi prevale la figura del GA, ci comportiamo in modo protettivo e rassicurante mandando messaggi del tipo “Tu sei OK” (la frase è tipica nella trattazione di Berne). Il tono di voce è rassicurante, i gesti sono attenti e rispettosi. Le parole indicano comprensione e affetto. I messaggi sono di fare piuttosto che di non fare.
Il project manager in cui prevale la figura del genitore affettivo, esegue una azione di protezione del suo team di fronte alle difficoltà del progetto, lo difende dagli attacchi “politici” dei vari oppositori di progetto, funziona come nave rompighiaccio tracciando la strada per il percorso. In questo caso egli sa che ogni distrazione, impedimento o difficoltà non direttamente collegata a problemi direttamente legati dal lavoro dello staff dovranno essere rimossi prima che si paventino allo staff stesso. In lui le persone del gruppo vedono una figura di riferimento, un valido aiuto per superare tutte le avversità che per inesperienza non si sapranno affrontare.
Nella sua variante positiva, il PM che agisce da GA+, nell’assegnare i vari incarichi ai vari elementi del gruppo (es. i vari use case di progetto), comunica anche le tempistiche che sono state stimate per lo svolgimento delle singole azioni; nel tentativo di fare in modo che tali tempistiche siano rispettate.
Il PM GA+ non eserciterà una azione pressante e persecutoria nei confronti di chi per vari motivi non dovesse rispettare tali scadenze, ma cercherà invece di comprendere nel modo più preciso possibile i motivi per i quali tali ritardi si manifestano; questo comportamento dovrebbe avere come conseguenza quello di instaurare un rapporto di fiducia reciproca grazie al quale per esempio in fase di stima delle attività il programmatore non raddoppi le stime e il PM non le dimezzi.
Il Genitore Affettivo ha anche una versione negativa: il GA- è quello che estremizza il comportamento protettivo finendo per essere oppressivo, per creare situazioni troppo da “campana di vetro” che deresponsabilizza: il PM in questo caso elimina ogni ostacolo al proprio staff nella paura che possa non superarlo. In tal modo però i suoi colleghi non impareranno mai ad affrontare le difficoltà e non riusciranno ad acquistare fiducia in se stessi e nelle proprie capacità. Estremizzando, il PM GA- in questo caso verrà visto come un controllore bonario e affettuoso ma anche opprimente, che non si fida del proprio staffa, un po’ come una mamma-chioccia che non dà spazio ai colleghi; appare ovvio che in tale condizione il PM non è oggetto di grande stima da parte dello staff, finendo per apparire incapace di insegnare ai suoi collaboratori come lavorare.
Genitore Normativo (GN)
L’altra variante in cui si può declinare lo stato dell’Io Genitore è quello Normativo (GN), che rappresenta la parte che racchiude l’insieme dei precetti, dei principi morali, delle norme e dei giudizi sui valori, sia positivi che negativi. Rispetto al GA, il Genitore Normativo personifica un ruolo severo, essendo colui che somministra regole e dà ordini. Anche il Genitore Normativo ha una sua accezione negativa e una positiva.
Nella sua accezione positiva, il GN+ fornisce quell’insieme di norme e di disciplina che sono necessarie per crescere e stare al mondo. Un capo progetto o un PM che operi secondo questa forma mentale si comporterà in modo da focalizzare fortemente l’attenzione sul rispetto del processo, delle scadenze e della disciplina formale, sui vari artefatti. Per un Project Manager che si comporti come un GN+ sarà molto importante il rendiconto settimanale, la compilazione del PID nelle varie parti; probabilmente sacrificherà la parte didattica e di formazione sul campo. È una persona severa, ma si capisce che questa severità ha una ragione positiva, che viene in genere rispettata dal gruppo di lavoro.
Quando invece il Genitore Normativo fa emergere soprattuto i tratti della variante negativa, il GN- esaspera il suo aspetto di “guardiano” e spesso si pone come un aspro controllore. Il GN- tende a inviare messaggi di non fare anziche’ di fare (perche’ al minimo errore si viene puniti, e allora è meglio non fare), e tende a esagerare e generalizzare. Tale messaggio è trasmesso dal tono di voce, stridulo o innaturalmente grave, dall’uso delle parole, dall’espressione del viso, dai gesti. Il Gantt da una parte e la frusta dall’altra, un PM che faccia prevalere lo stato dell’Io Genitore Normativo negativo non tollera ritardi, non accetta giustificazioni e probabilmente tende a sottostimare lo sforzo compiuto dalle persone del team. Spesso non fornisce gli strumenti ai colleghi del team in una generica “avete voluto la bici (o ve l’hanno piazzata sotto il sedere)… ora pedalate”. Le persone nel gruppo potranno imparare molto auto-organizzandosi (in fondo l’arte di arrangiarsi è la prima cosa che si impara all’università) oppure soccombere (se le difficoltà sono sovradimensionate ai nostri mezzi o se per un motivo qualsiasi ci troviamo in difficoltà e non sappiamo come risolvere un problema). In entrambi i casi (“mi arrangio e ce la faccio” oppure “non so come fare e mi arrendo”) il ruolo del PM è fallito, dato che lui non è più di alcuna utilità. La cosa triste è che la maggior parte delle persone sono convinte che l’unico modo per fare in modo che le cose vadano avanti sia la disciplina cieca, senza rendersi conto che anche un sergente che urla può farla rispettare; da un PM forse ci aspettiamo qualcosa di più.
Adulto: senza ulteriori suddivisioni
Lo stato dell’Io Adulto è quello che osserva, raccoglie, registra e utilizza ogni tipo di informazione (sia informazioni interne, provenienti dagli altri stati dell’Io G e B, che informazioni esterne, provenienti dall’esperienza e dalla realtà circostante, comprese le interazioni con gli altri); l’A reagisce alla realtà in modo obiettivo, e ad esso viene ricondotta la capacità della persona di dare una risposta diretta qui e ora a quello che succede intorno utilizzando tutte le capacità di pensare, elaborare i dati, prendere decisioni, servirsi delle informazioni reali per esporre i fatti e valutare le probabilità. L’Adulto è quindi indispensabile alla sopravvivenza stessa dell’individuo, poiche’ consente di affrontare efficacemente il mondo esterno.
A differenza degli stati Genitore e Bambino, lo schema funzionale non individua ulteriori suddivisioni.
Bambino Adattato e Bambino Libero
Dal punto di vista funzionale lo stato B si divide in Bambino Adattato (BA) e Bambino Libero (BL).
Bambino Adattato (BA)
Il Bambino Adattato riconosce che vive in un mondo normato e regolato da leggi cui deve sottostare per poter vivere e prosperare. In generale il BA vive nella costante ricerca di conferme e attenzioni (le cosiddette “carezze“) in quelle che lui identifica come le figure “genitoriali” di riferimento. È per questo probabilmente una persona insicura.
Nella sua componente negativa, il BA- è succube di questo mondo di regole che sono vissute come vere e proprie imposizioni delle quali non desidera neanche conoscere lo scopo: le subisce passivamente. Il suo comportamento si tramuta in un vittimismo costante in cui la sua manifesta incapacità di svolgere anche semplici compiti viene mascherata da una evidente sfortuna o cattiveria cosmica che si abbatte su di lui. Il PM che agisce da BA- manifesta l’impossibilità di rispettare le scadenze sempre per colpa dello staff, o per colpa del committente (spesso il management o il cliente direttamente) che non fornisce indicazioni chiare sui requisiti, o perche’ gli obiettivi sono impossibili, o per altri mille motivi. Spesso la oggettiva “causa di un problema” viene sostituita con un “è colpa di”. Il suo atteggiamento non è certamente quello del “fare in modo che le cose accadano” ma piuttosto del “non posso farci niente, ma in queste condizioni mi è impossibile lavorare: ce l’hanno tutti con me”.
Chi si comporta da BA- spesso finisce per entrare in conflitto coi colleghi che vedono in lui una persona tendente alla sterile polemica fine a se stessa, incapace di vedere obiettivamente le difficoltà che si prospettano.
Esiste comunque anche una “interpretazione” positiva dello stato di Bambino Adattato. Lo stato del BA+ rappresenta un atteggiamento in cui la persona, conscia che si vive in un mondo di regole e imposizioni dalle quali è impossibile sottrarsi, convive con questo panorama cercando di adattare il suo agire quotidiano in maniera tale da poter comunque raggiungere i suoi obiettivi. Il BA+ non cerca di cambiare le regole o di rompere gli schemi: ci convive abbastanza serenamente. Probabilmente questo stato prevale spesso nella maggioranza delle persone che ci circondano ed è piuttosto plausibile che ognuno di noi viva in questo stato soprattutto nei contesti lavorativi o sociali. Il PM BA+ probabilmente sarà un bravo PM, sarà colui che in un modo o nell’altro arriverà a svolgere il compito assegnatoli; non dobbiamo però aspettarci da lui voli pindarici o chissà quali intuizioni rivoluzionarie. Probabilmente il suo fallimento, anche se non scontato, non deve sorprendere.
Bambino Libero (BL)
Lo stato del Bambino Libero (BL) ha una funzione di espressione libera, non vincolata da leggi e perciò esprime spontaneità, voglia di divertirsi e una funzione creativa. Nella caratterizzazione positiva, il BL+ è colui che esprime in totale libertà la sua fantasia, gode dei piaceri in maniera spontanea, sperimenta momenti di grande slancio e soddisfazione, senza però farsi del male ne’ oltrepassando la libertà dei suoi vicini.
Nella sua accezione negativa, il Bambino Libero tende ad esagerare nella sua esasperata ricerca di nuove forme i libertà; il BL- rischia di apparire come un bizzarro anarcoide invasore degli spazi altrui, quando non arrivi addirittura a farsi del male per la sua incapacità di coniugare la sua libertà e i confini obbiettivi della realtà.
Il PM BL+ probabilmente sarà il classico genio artistoide che con le sue intuizioni potrà andare ben oltre la classica pianificazione matematica e ragionieristica. È presumibile che, spinto da questa gioiosa libertà, sia incapace di valutare oggettivamente la realtà che lo circonda e quindi, proprio per il ruolo di osservatore e attore asettico che è richiesto al PM, non è detto che sia in grado di svolgere il suo ruolo correttamente. È comunque una persona che può dare molto al gruppo, può stimolarne lo spirito, può motivare con esempi e intuizioni fuori dagli schemi. In alcune persone questo atteggiamento può spaventare per cui tenere un BL+ in un ruolo di esempio e di controllo è fuorviante: mi è capitato più volte il caso in cui agire sul progetto con troppa libertà sul come fare le cose (“basta che siano fatte”) abbia portato al risultato opposto in cui le persone si sono sentite spaesate e in preda a crisi di ansia.
Il PM che invece agisca come Bambino Libero negativo è probabile che oltre a non essere in grado di analizzare criticamente la realtà, non sia nemmeno capace di rappresentare una guida saggia e solida per il team: presumibilmente sarà un caotico confusionario pessimo nel suo ruolo di controllore e facilitatore, intento solo a perseguire la sua personale soddisfazione. Il team con un PM BL-spesso si stressa prima del previsto e finisce per disconoscere gli obiettivi di gruppo demandando tutte le responsabilità di un eventuale insuccesso ai piani alti.
Le transazioni
Le transazioni sono degli scambi, delle comunicazioni, degli stimoli cui si risponde con altri stimoli con altre persone. Una transazione prevede sempre uno stimolo (per esempio, una domanda). L’analisi del modo in cui evolve la conversazione, cioè la sequenza di transazioni, è uno degli aspetti più importanti di tutta la AT e permette di capire quali stati dell’io entrino in gioco. Delle transazioni ci occuperemo nel prossimo articolo della serie.
Conclusioni
Tutto quello che si è visto fin qui può apparire più o meno bizzarro, più o meno sensato ma probabilmente la sensazione che in molti lettori sarà nata spontanea è legata al fatto se tutto questo abbia un senso: scomporre la nostra personalità in schemi cognitivo-comportamentali ben precisi, il fatto stesso di introdurre un “io” che si declina in vari modi potrebbe anche suscitare un “Io Scettico” che tende a sminuire il valore teorico e pratico di un tale approccio.
Come già detto, di modelli teorici ne esistono molti, come molte sono le scuole di piscoterapia. Ma quel che conta per noi è se il modello teorico dell’AT ci offre uno strumento per interpretare correttamente cause ed effetti del nostro comportamento quotidiano e il perche’ le persone che ci circondano si comportano in un determinato modo, e soprattutto, una modalità per poter mantenere una buona relazione con gli altri.
In questo senso ho trovato che le spiegazioni fornite dall’AT sono sperimentabili sul campo in modo più o meno diretto: le basi dell’Analisi Transazionale mettono a disposizione uno strumento teorico e metodologico che ben si applica alla riflessione su quanto vissuto con l’esperienza diretta nei contesti lavorativi.
Riferimenti
[AT101] M. Stella Scaramuzza, “Elementi di analisi transazionale”, Laboratorio di analisi delle interazioni educative, SSIS/Unive
http://www.counselling-care.it/pdf/pdf_AT/AT13.pdf
[BRN] La figura di Eric Berne, il caposcuola
http://www.counselling-care.it/pdf/pdf_AT/AT5.pdf
[ATS] Scuole di specializzazione riconosciute in Italia
http://www.psicologia-psicoterapia.it/scuole-psicoterapia/analisi-transazionale.html