Nella gestione di progetti, e quindi di gruppi di lavoro, occorre che ai diversi livelli si tengano presenti due componenti fondamentali, quali lo stress e il susseguente burnout. Si tratta di condizioni che, oltre a compromettere la fondamentale salute delle persone, hanno un impatto anche economico sul valore generato dal progetto.
Introduzione
Lo stress legato all’attività lavorativa rappresenta uno dei nodi principali con cui l’Europa deve misurarsi in tema di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Questa condizione interessa quasi un lavoratore su quattro e, secondo gli studi effettuati, pare che una percentuale compresa tra il 50% e il 60% di tutte le giornate lavorative perse sia dovuta allo stress. Ciò comporta costi enormi in termini di disagio personale oltre al rischio di influenze negative sul risultato economico di un’organizzazione. Lo stress influisce fortemente sulla redditività; in termini puramente economici si stima che il costo economico annuale dello stress legato all’attività lavorativa nell’Unione Europea sia pari a 20 miliardi di euro.
Di fronte ad un’esposizione prolungata a situazioni di stress si possono manifestare sintomi fisici, psichici o sociali legati proprio all’incapacità delle persone di colmare il divario tra i loro bisogni e la loro attività lavorativa. Le vittime dello stress da lavoro in Europa sarebbero circa 40 milioni di lavoratori, colpiti da malattie professionali gastrointestinali e cardiovascolari, spossatezza e depressione.
L’obiettivo dell’articolo è quello di mettere a fuoco lo stress, per riconoscerlo su di noi, o nelle persone con cui lavoriamo, e per prendere subito provvedimenti nel cambio di stile di gestione del nostro lavoro e di conseguenza a prevenire il burnout.
Che cos’è lo stress
Lo stress è uno stato di agitazione fisiologica e psicologica che si verifica quando un individuo è soggetto a pressioni esterne o interne. Di norma lo stress è un evento temporaneo, al quale segue in breve tempo un rilassamento.
Hans Selye (1936) definì come “Sindrome Generale di Adattamento” quella risposta che l’organismo mette in atto quando è soggetto agli effetti prolungati di svariati tipi di stressor, quali stimoli fisici (p.e. fatica), mentali (p.e. impegno lavorativo), sociali o ambientali (p.e. obblighi o richieste dell’ambiente sociale).
La Sindrome Generale di Adattamento
L’evoluzione della sindrome avviene nelle tre fasi riportate di seguito.
- Allarme: l’organismo risponde agli stressor mettendo in atto meccanismi di fronteggiamento (coping) sia fisici che mentali. Esempi sono costituiti dall’aumento del battito cardiaco, della pressione sanguigna, del tono muscolare e dal cosiddetto arousal (attivazione psicofisiologica).
- Resistenza: il corpo tenta di combattere e contrastare gli effetti negativi dell’affaticamento prolungato, producendo risposte ormonali specifiche da varie ghiandole, p.e. le ghiandole surrenali.
- Esaurimento: se gli stressor continuano ad agire, il soggetto può essere sopraffatto e possono prodursi effetti sfavorevoli permanenti a carico della struttura psichica e/o fisica (burnout).
Sintomi dello stress
Lo stress comporta sintomi fisici, psicologici e comportamentali ben riconoscibili.
Tra le alterazioni fisiologiche in condizioni di stress si riscontrano:
- l’aumento del battito cardiaco
- l’accelerazione del respiro
- il rilascio di adrenalina nel sangue
Sul piano psicologico lo stress si manifesta con stati di:
- ansia
- preoccupazione
- depressione
- disperazione
Da un punto di vista comportamentale può portare ad essere:
- irritabili
- smemorati
- critici
- iperprotettivi
Che cos’è lo stress lavoro correlato
Lo stress lavoro correlato è l’esito patologico di un processo stressogeno che colpisce i lavoratori qualora questi non rispondano in maniera adeguata ai carichi eccessivi di stress che il loro lavoro li porta ad assumere.
Maslach e Leiter (2000) hanno perfezionato le componenti della sindrome attraverso tre dimensioni: deterioramento dell’impegno nei confronti del lavoro, deterioramento delle emozioni originariamente associate al lavoro e un problema di adattamento tra persona e lavoro, a causa delle eccessive richieste di quest’ultimo.
L’articolo 3 dell’Accordo Europeo dell’8 ottobre 2004, così come recepito dall’Accordo Interconfederale del 9 giugno 2008, definisce lo stress lavoro correlato come “condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o aspettative riposte in loro” (art. 3, comma 1).
Le cause dello stress lavoro correlato
Il rischio stress lavoro correlato è riconducibile ad alcune caratteristiche del lavoro come:
- carichi lavorativi eccessivi,
- basso grado di controllo sull’attività svolta,
- basso sostegno organizzativo,
- ambiguità e conflitti di ruolo,
- scarse possibilità di sviluppo professionale,
- precarietà del lavoro,
- stipendio non adeguato
- presenza di varie forme di molestie (bullismo, mobbing, etc.).
Il calo in termini di salute fisica e mentale dei lavoratori porta inevitabilmente al deterioramento delle prestazioni dell’intera organizzazione: questo aspetto è riscontrabile in alcuni indicatori come l’aumento dell’assenteismo, l’aumento del tasso di turnover e la riduzione della produttività. Un altro indicatore principe della presenza di stress lavoro correlato è il problema del presenzialismo. Il presenzialismo è definibile come il semplice presenziare al lavoro senza apportare la propria totale portata produttiva a causa di problemi di salute. Questo fenomeno sembra emergere quando il lavoratore si sente stressato, ma, nel contempo, teme di perdere il posto e di essere etichettato come malato.
Che cosa e’ il burnout
Il burnout è il permanere nello stato di agitazione in maniera quasi perenne, o perch� ci troviamo ad affrontare una ripetuta serie di eventi stressanti, o perch� generiamo delle fantasie mentali che ci convincono di questo. I sintomi del burnout sono molto più gravi che quelli del semplice stress in quanto cronici.
Sintomi psicologici del burnout
I sintomi del burnout sono:
- alta resistenza ad andare al lavoro ogni giorno;
- apatia;
- demoralizzazione;
- difficoltà di concentrazione;
- disagio, disperazione;
- incubi notturni;
- irritabilità;
- preoccupazioni o paure eccessive o immotivate;
- sensazione di inadeguatezza;
- sensi di colpa;
- senso di frustrazione o di fallimento.
Tali sintomi possono essere suddivisi in varie categorie, che vediamo di seguito.
Collasso della motivazione
Si verifica un collasso della motivazione, quando si assiste a:
- distacco emotivo (perdita della capacità empatica);
- rigidità nell’imporre o applicare norme e regole;
- cinismo, disinteresse oppure ostilità o rifiuto (anche fisico) verso i clienti o, meno frequentemente, verso i colleghi;
- pessimismo.
Caduta dell’autostima
Il lavoratore non si sente realizzato sul lavoro e comincia a svalutarsi sia sul piano professionale, sia, successivamente, su quello personale. Nonostante si sforzi, non riesce a frenare questo crollo della fiducia nelle proprie capacità e risorse; i nuovi impegni gli sembrano insostenibili; ha la sensazione di non essere “all’altezza” dei problemi nel lavoro e nel privato.
Perdita di controllo
La persona non riesce più a controllare lo spazio o l’importanza del lavoro nella propria vita. Ha la sensazione che il lavoro lo “invada”; non riesce a “staccare” mentalmente; il pensiero dei clienti o i problemi con i colleghi gli creano sempre più malessere, anche ben oltre l’orario di lavoro.
Cinismo
La persona sviluppa un atteggiamento freddo e distaccato nei confronti del lavoro e delle persone che incontra sul lavoro. Riduce al minimo il proprio coinvolgimento nel lavoro e abbandona i propri ideali (difesa).
Esaurimento
La sensazione è quella di aver oltrepassato il limite massimo sia a livello emozionale che fisico; si prova un senso di prosciugamento, con incapacità di rilassarsi e di recuperare. La sensazione può essere quella di alzarsi la mattina stanchi come la sera precedente, totalmente privi di energia.
Inefficienza
La persona ha un senso pervasivo di inadeguatezza; qualsiasi progetto viene vissuto come opprimente e anche quel poco che realizza sembra insignificante.
I sintomi fisici del burnout
Il burnout si manifesta anche con sintomi di tipo fisico:
- disfunzioni gastrointestinali: gastrite, ulcera, colite, stitichezza, diarrea;
- disfunzioni a carico del Sistema Nervoso Centrale: astenia, cefalea, emicrania;
- disfunzioni sessuali: impotenza, frigidità, calo del desiderio;
- malattie della pelle: dermatite, eczema, acne, afte, orzaiolo;
- allergie e asma;
- insonnia e altri disturbi del sonno;
- disturbi dell’appetito;
- componenti psicosomatiche di artrite, cardiopatia, diabete.
I sintomi comportamentali del burnout
Il burnout si riflette anche sui comportamenti e il soggetto che si trovi nella condizione di burnout spesso manifesta dei chiari sintomi comportamentali.
- assenteismo;
- “fuga dalla relazione”: trascorrere più tempo del necessario al telefono, cercare scuse per uscire o svolgere attività che non richiedano interazioni con utenti e colleghi;
- progressivo ritiro dalla realtà lavorativa: presenziare alle riunioni senza intervenire, senza alcuna partecipazione emotiva;
- difficoltà a scherzare sul lavoro, talvolta anche solo a sorridere;
- perdita dell’autocontrollo: reazioni emotive violente, impulsive, verso utenti e/o colleghi;
- tabagismo e assunzione di sostanze psicoattive: alcool, psicofarmaci, stupefacenti.
Le cause del bornout
La prima causa riconosciuta del bornout è il sovraccarico di lavoro, inteso non solo come quantità di lavoro ma anche se la mansione svolta è adatta a noi. Infatti il disadattamento è presente quando la persona percepisce sia un carico di lavoro eccessivo (le richieste lavorative sono così elevate da esaurire le energie individuali al punto da non rendere possibile il recupero), sia quando, anche in presenza di un carico ragionevole, il tipo di lavoro non è adatto alla persona (si percepisce di non avere le abilità per svolgere una determinata attività) e quando il carico emotivo del lavoro è troppo elevato (il lavoro scatena una serie di emozioni che sono in contraddizione con i sentimenti della persona).
Un altro fattore importante è il senso di impotenza, cioè il soggetto non ritiene che ciò che fa o vuole fare riesca ad influire sull’esito di un determinato evento.
Elementi del disadattamento
Tra gli elementi che contribuiscono a creare disadattamento, se ne individuano alcuni in particolare.
- Mancanza di controllo: il disadattamento si verifica quando l’individuo percepisce di avere insufficiente controllo sulle risorse necessarie per svolgere il proprio lavoro oppure quando non ha sufficiente autorità per attuare l’attività nella maniera che ritiene più efficace.
- Riconoscimento insufficiente: si ha disadattamento quando si percepisce di ricevere un riconoscimento inadeguato per il lavoro svolto, inteso sia come remunerazione sia come mancata visibilità agli occhi del “capo”.
- Poco senso di comunità: è presente disadattamento quando crolla il senso di appartenenza comunitario all’ambiente di lavoro, ovvero quando si percepisce che manca il sostegno, la fiducia reciproca e il rispetto, e quindi le relazioni vengono vissute in modo distaccato e impersonale.
- Assenza di equità: si ha disadattamento quando non viene percepita l’equità nell’ambiente di lavoro in ambiti quali, ad esempio, l’assegnazione dei carichi di lavoro e della retribuzione o l’attribuzione di promozioni e avanzamenti di carriera.
- Valori contrastanti: il disadattamento nasce quando si vive un conflitto di valori all’interno del contesto di lavoro e cioè quando la persona non condivide i valori che l’organizzazione trasmette oppure quando i valori non trovano corrispondenza, a livello organizzativo, nelle scelte operate e nella condotta.
Le 4 fasi del burnout
La sindrome si manifesta generalmente seguendo quattro fasi:
- La prima, preparatoria, è quella dell’entusiasmo idealistico che spinge il soggetto a scegliere un lavoro.
- Stagnazione, il soggetto, sottoposto a carichi di lavoro e di stress eccessivi, inizia a rendersi conto di come le sue aspettative non coincidano con la realtà lavorativa. L’entusiasmo, l’interesse ed il senso di gratificazione legati alla professione iniziano a diminuire.
- Frustrazione il soggetto avverte sentimenti di inutilità, di inadeguatezza, di insoddisfazione, uniti alla percezione di essere sfruttato, oberato di lavoro e poco apprezzato; spesso tende a mettere in atto comportamenti di fuga dall’ambiente lavorativo, ed eventualmente atteggiamenti aggressivi verso gli altri o verso se stesso.
- Apatia, l’interesse e la passione per il proprio lavoro si spengono completamente e all’empatia subentra l’indifferenza, fino a una vera e propria “morte professionale”.
Fattori di rischio nelle organizzazioni
Già nel 2000, l’Agenzia Europea per la Salute e la Sicurezza su Lavoro ha stilato un elenco di quelle che sono le principali aree chiave a rischio stress all’interno di un’organizzazione. Secondo questa tassonomia dei fattori stressogeni esistono due principali ambiti: uno relativo al contenuto del lavoro (ossia tutte quelle caratteristiche che fanno parte dell’attività svolta) e un secondo relativo al contesto in cui si svolge il lavoro (ossia l’insieme delle variabili più attinenti all’organizzazione che all’attività svolta). Secondo il modello della European Agency, ognuno di questi due ambiti contiene al suo interno delle aree chiave di rischio stress lavoro correlato, all’interno delle quali si possono osservare diverse dimensioni di rischio, delle quali si riportano alcuni esempi nei paragrafi seguenti
Contenuto del lavoro
Rientrano in questo ambito diversi aspetti:
- Ambiente e attrezzature: condizioni fisiche di lavoro (illuminazione, rumore, clima, etc.); problemi inerenti l’affidabilità, la disponibilità, l’idoneità, la manutenzione, l’obsolescenza o la riparazione di strutture ed attrezzature di lavoro; condizioni di sicurezza rispetto ai vari rischi esistenti.
- Disegno del compito lavorativo: lavoro ripetitivo e lavoro frammentato; mancata definizione di competenze e conoscenze necessarie a svolgere il lavoro, sottoutilizzo delle competenze individuali; mancata conoscenza di scopi e processi.
- Carico e ritmo di lavoro: sovraccarico o sottocarico di lavoro; mancanza di controllo sul ritmo, tempo insufficiente per eseguire il compito, scadenze pressanti;
- Orario di lavoro: lavoro a turni, orari di lavoro rigidi o imprevedibili, eccessivamente lunghi o che alterano i ritmi sociali; assenza di pause.
Cosa fare?
In base a quanto sopra detto, diverse sono le aree in cui è possibile intervenire se ci accorgiamo di essere stressati a causa del lavoro o se riscontriamo certi “sintomi” nell’ambito del gruppo di lavoro.
Compiti del “dipendente”
Recuperare la motivazione che lo ha spinto a scegliere la professione. Se non si è sicuri del perch� facciamo quello che facciamo sarà difficile riuscire a sostenere i dubbi e le frustrazioni.
Adeguare le proprie aspettative alla realtà: non sempre ciò che ci immaginiamo è poi davvero realizzabile, nonostante i nostri sforzi ci sono limiti esterni che riguardano l’organizzazione che a volte sono invalicabili.
Porre attenzione alla salute fisica: mangiare regolarmente, dormire ore sufficienti, trovare del tempo per staccare.
Trovare strategie per una buona gestione del tempo di lavoro per evitare di sovraccaricarsi: scegliere per ogni impegno l’ora del giorno più adatta, anche in rapporto al livello di energia; dividere i grandi progetti in piccoli passi, più facilmente gestibili, e stabilire un limite di tempo, una scadenza per portare a termine ogni singolo passo.
Imparare a dire di no.
Mantenere buoni relazioni con i colleghi, comunicando ed ascoltando efficacemente (vedi articolo sulla comunicazione efficace).
Lavorare in rete è altresì importante per non sentirsi soli in quello che facciamo ed evitare di sovraccaricarsi (vedi articolo sul lavoro di squadra).
Inoltre la formazione continua è un buon modo per motivarsi, saperne sempre di più, sapendo che comunque non ne sapremo mai abbastanza.
Compiti del “capo”
La dirigenza deve creare un buon clima; per fare questo è necessario che sia accessibile e coerente il più possibile.
Chiarire gli obiettivi e la mission aziendale per far sentire i dipendenti parte di una squadra.
Rispettare tutti, pronto ad ascoltare, anche i dissensi.
Coinvolgere il più possibile gli operatori nelle decisioni, fornendo la giusta motivazione con una comunicazione che sia circolare.
Fornire feedback completi ed efficaci, che siano soprattutto proattivi.
Formare gli operatori, sia a livello teorico (informazioni nuove e all’avanguardia) sia creando team.
Esprimersi in pubblico solo con parole di apprezzamento e criticare (costruttivamente) i lavoratori solo in privato.
Prevenzione
All’interno di un’azienda prevenire lo stress e il conseguente burnout è possibile; ed è un’azione che si compie a due livelli: prevenzione primaria e secondaria.
La prevenzione primaria nelle organizzazioni consiste in una buona e mirata selezione del personale; la prevenzione consiste nell’individuare gli operatori “a rischio” di burn-out. Gli operatori “a rischio” sono quelli le cui caratteristiche di personalità sono le stesse che possono diventare fattori soggettivi di stress.
Come forma di prevenzione secondaria il team può fare formazione continua su argomenti specifici, nell’ambito dei quali l’esperto esterno, o uno specialista interno, può trasmettere nuove conoscenze e nuove tecniche finalizzate a ridurre lo stress professionale.
Incontrarsi
Un’altra buona forma di prevenzione è avere dei momenti in cui lo staff si riunisce sistematicamente con incontri calendarizzati e in gruppo affronta i problemi di comunicazione e gestione. Il gruppo può essere condotto da un supervisore esterno esperto di comunicazione.
Le feste sono un altro modo per assicurare la coesione, la fiducia e il rispetto reciproco all’interno del team. Le feste devono aver luogo al di fuori del setting professionale.
I rapporti di amicizia tra operatori al di fuori del setting rappresentano un altro metodo di prevenzione del burn-out.
Riferimenti bibliografici
[1] Bernstein G. S. – Halaszyn J. A., “Io, operatore sociale”, Erickson, Trento 1999
[2] Bonino S., “Psicologia per la salute”, Casa Editrice Ambrosiana, Milano 1988
[3] Cherniss C., “La sindrome del burn-out”, Centro Scientifico Torinese, Torino 1986
[4] Levrero A., “Burn-out e qualità del servizio: analisi del fenomeno e proposte per una soluzione”, SO.GE.COM Editrice, Milano 1998
[5] Maslach C., “La sindrome del burnout”, Cittadella, Assisi 1992
[6] Rossati A. – Magro G., “Stress e burnout”, Carocci, Roma 1999