L’importanza dell’immagine
Qualche tempo fa ero a cena con dei conoscenti. La discussione si muove su vari ambiti e si finisce anche a parlare delle varie attività lavorative. Quando spiego che mi occupo di storytelling, una delle commensali mi dice: “Ecco! Io ho un’idea, un progetto in testa, ma ogni volta che provo a mettermi a scriverne, a parlarne, mi mancano sempre le parole. Non riesco a trovare le parole che spiegano bene quello che ho in mente”. A quel punto le ho risposto: “Ma hai mai provato a mettere questa tua idea sotto forma di immagine?”.
Lei sembrava sorpresa alla proposta, e la cosa non mi sorprende: anche per educazione scolastica, siamo sempre stati abituati a mettere i nostri pensieri prima di tutto in forma scritta, a memorizzare più che altro parole, frasi e concetti; in un bellissimo racconto di Eva Luna racconta, di Isabel Allende [1], la protagonista imparava a usare le parole al punto tale che venderle era diventato il suo mestiere.
Immaginare
Certo, le parole sono importanti strumenti. Ma ci sono momenti in cui capita che la parola “rimanga sulla punta della lingua”, e in cui il nostro vocabolario mentale fa cilecca. E se siamo a un incontro di lavoro, che sia un colloquio o una riunione, la situazione diventa spinosa, quanto meno imbarazzante.
Che fare in questi casi? Il consiglio è apparentemente semplice: si ricorre all’uso di immagini. Del resto, per spiegare il processo mentale creativo, si dice immaginare e non “parolare”… Non è un caso. Le immagini possono fungere da impalcatura per il pensiero, e rappresentare lo “scheletro” dei concetti che andranno ad agganciarsi a questa impalcatura e che, grazie ad essa, staranno in piedi, e avranno una forma ben definita.
Limiti e pregi dell’educazione scolastica
Abbiamo detto che l’educazione scolastica ci spinge anzitutto a lavorare con la parola e spesso con la parola scritta. Ma se questo è vero per le fasi più avanzate degli studi, le cose sono diverse per i primi momenti dell’apprendimento strutturato. Torniamo bambini e cerchiamo di ricordare: come abbiamo fatto, quando eravamo piccoli, magari già a partire dalla scuola dell’infanzia, a imparare le lettere dell’alfabeto e le prime semplici parole? Esatto! Associandole a delle immagini: “A come ape”, “B come barca” e così via.
Ora che non siamo più bambini, ma magari dei seri professionisti in ambito IT, quello che propongo è comunque un lavoro simile: usare prima di tutto delle immagini per definire al meglio l’idea, e focalizzare il progetto che si vuole proporre. Poi, successivamente, usare le parole per descrivere e narrare le immagini create.
La storia ci insegna
Parafrasando Epitteto, abbiamo due occhi e una bocca, senza contare che prima della scrittura, la nostra iniziale forma di comunicazione è stata proprio l’immagine: si pensi alle pitture nelle grotte preistoriche o ai racconti millenari degli aborigeni australiani che vengono dipinti nei vari elementi del paesaggio con un preciso linguaggio visivo. E si pensi ai geroglifici egiziani, vera forma di “scrittura per immagini”.
Ma anche nelle società e nelle civiltà dotate di scrittura alfabetica, l’immagine ha avuto un ruolo fondamentale nel racconto: pur fondata sui suoi testi sacri, la stessa religione cattolica ha sfruttato il potere dell’immagine, attraverso affreschi e dipinti, per mostrare e insegnare al popolo analfabeta i passi della Bibbia. La vista è il senso più importante nei primi mesi di vita di un bambino, e le sue capacità motorie si sviluppano di pari passo a quelle visive.
Esercizi con le immagini
Fatte tutte le premesse, iniziamo un po’ a vedere come effettivamente riuscire a lavorare con le immagini. Un esercizio molto utile, da fare in gruppo è quello chiamato “Fotografia di una strada di Roma”.
Sviluppare la memoria visiva
Si tratta di descrivere, anzi forse è meglio dire di “creare”, una fotografia. Questa fotografia, inizialmente ha solo una strada: poi, a turno, ognuno ci aggiunge un dettaglio, ripetendo anche quelli precedentemente aggiunti dagli altri. Non importa se non si ricorda tutto: il punto focale dell’esercizio è sviluppare una memoria visiva e legarla alla descrizione a parole.
Oltre a ciò questo esercizio consente di superare la propria “autocensura” nei confronti di un’idea. Capiterà, infatti, che nei primi tempi si tenderà a “censurarsi”, ossia a rifiutare una propria immagine perché la si pensa stupida, o non adatta alla situazione; bisogna allenare la mente, invece, a tirare fuori il più possibile, in immagini.
Strutturare il racconto per immagini
Una storia, un’idea o un progetto, sono come la tela di un arazzo: la storia è raccontata su tutta la superficie della stoffa, in maniera fluida e continua. C’è però un affascinante manufatto medievale, della fine dell’XI secolo, in cui la storia è narrata scena dopo scena, come in una sorta di libro a fumetti.
Si tratta del cosiddetto Arazzo di Bayeux che racconta la storia della conquista dell’Inghilterra da parte dei Normanni, culminata nel 1066 con la vittoria ad Hastings di Guglielmo il Conquistatore sugli Anglosassoni. Questo tessuto ricamato, lungo quasi settanta metri, è divisto in varie scene successive, in cui si svolgono gli eventi: la storia è tutta “narrata”, ma al tempo stessa è scandita in tante sezioni, con immagini di re e nobili, a barche sul mare, a momenti di battaglia, a situazioni di vita campestre. La potenza espressiva di queste scene è tale che ne è stata realizzata una versione “animata” che è possibile guardare su YouTube [2].
Questo tipo di esperienza visiva ci insegna che, pur mantenendo un’immagine generale della storia, conviene suddividere il progetto che si vuole esporre in momenti chiari e separati fra loro, e a ognuno di essi riuscire a dare un’immagine ben definita.
I dettagli delle immagini
Si fa presto a parlare di “immagini” in senso generale, ma ciò che ci consente di sviluppare un approccio al racconto sempre più approfondito è la capacità di figurarsi i dettagli delle immagini. Un esempio con le fiabe è il mantello di Cappuccetto Rosso. Sappiamo perfettamente qual è il suo colore. Ma quanto è grande? Copre interamente la bambina, o le arriva solo fino sotto le spalle? Di che materiale è fatto? E sì, va bene, è rosso… ma di che gradazione?
Questo lavoro di immaginazione del dettaglio è possibile ed è consigliato farlo anche per altro, come il cestino da portare alla nonna, il lupo, la foresta e così via. Non si deve aver paura di essere quanto più dettagliati possibile, anzi: più particolari avrà l’immagine, più facile sarà per la nostra mente riuscire a trovare parole e frasi che la possano descrivere al meglio.
Questo tipo di processi richiedono tempo, e non sono immediati. A volte può capitare di non riuscire a creare subito; in questi casi, il consiglio è di fare tutt’altro, non di inchiodarsi. L’immagine può arrivare all’improvviso: magari proprio mentre si è immersi in un lavoro particolarmente concettuale, la mente aprirà uno spiraglio.
Il corpo e le immagini
La creazione dell’immagine non passa solo per la mente: anche il corpo può essere fonte di creazione. Un esercizio divertente da fare in gruppo è “Io sono…”: una persona parte affermando di essere un qualcosa di concreto o astratto, e lo rappresenta con una posizione del corpo. Agganciandosi a quello, gli altri membri si aggiungono al Tableau Vivant [4] rappresentando altri oggetti, o dettagli del primo. Ad esempio, partendo una giacca, qualcuno può diventarne il bottone, un altro magari è l’attaccapanni dove è appesa, e così via. Come già detto precedentemente, sarà molto facile che la mente “censuri” le nostre idee, ma questi giochi ed esercizi servono proprio a cercare di sbloccare il nostro cervello.
Dalle immagini alle parole
Ma una volta trovate le immagini, dopo, come si procede? La scelta delle parole e delle frasi da usare per descrivere e narrare è molto soggettiva: in base al proprio carattere e a ciò che si vuole comunicare verranno usate parole diverse.
In questa fase del procedimento si tende a scrivere, anche per poter ricordare meglio ciò che si vuole dire; personalmente consiglio però di evitare la memorizzazione dello scritto, ma soltanto delle varie fasi del progetto, soffermandosi sull’uso di “parole chiave” che possano riportare alla mente l’immagine che si è creata di quel determinato momento.
Ricordando l’ordine, la sequenza delle immagini che si è generata, con magari particolare attenzione a determinati dettagli, la testa avrà molta più libertà di cercare, se non la specifica parola, dei suoi sinonimi che possano comunque aiutare a portare avanti il discorso.
In seguito si passa al parlare propriamente del progetto, ed anche in questa fase si può lavorare ulteriormente sull’immagine, con un esercizio che è preferibile fare in coppia: mentre la persona comincia a “raccontare” del progetto, l’altra gli farà una serie di domande concentrate principalmente sulla descrizione del suddetto, che può assomigliare allo stesso tipo di atteggiamento di un cliente di fronte alla proposta di un servizio, che pertanto chiederà di descriverlo nelle sue particolarità.
Questo tipo di lavoro, ovviamente, porta ad avere una presentazione del progetto lunga, e tuttavia permette di osservarlo letteralmente a 360°, in ogni sua caratteristica.
Verso la sintesi
E una volta che si ha la sicurezza di riuscire “a vedere” ogni cosa del progetto, si passa alla fase di sintesi: un esercizio che mi è capitato di fare, e trovo molto interessante, è di raccontare una storia in 1 minuto.
È un ottimo esercizio per raccogliere e riordinare tutto il lavoro fatto in precedenza: con l’utilizzo di immagini chiare e una sequenza precisa, il cervello funziona molto più velocemente, e pian piano si riesce a sintetizzare il lavoro fino al punto di essere in grado di stare dentro i 60 secondi.
Oltretutto, in un mondo dove ultimamente la comunicazione verbale si fa sempre più stretta e il messaggio deve necessariamente arrivare immediatamente al destinatario, questo lavoro aiuta molto nell’esplicazione pulita e chiara di un progetto, con l’aggiunta personale di qualche dettaglio per incuriosire il cliente.
Conclusioni
In questo articolo abbiamo visto come le immagini possano essere alla base di una storia da narrare e come sia possibile passare dalle immagini alle parole e ai concetti. Si tratta, ovviamente, solo di una panoramica generale, di una base su cui iniziare il lavoro di creazione. Ma partendo da qui e approfondendo, questo approccio essere applicabile a tante altre possibilità nel mondo del lavoro: a voi scoprire quali.