La facilitazione e gli stili relazionali
Per svolgere al meglio il suo ruolo di facilitatore lo Scrum Master, fra le altre cose, dovrebbe essere in grado di riconoscere e gestire le dinamiche di relazione fra le persone. Per esempio, all’interno di una retrospettiva o di un meeting, comprendere come le persone interagiscono o che modalità di relazione usano è di fondamentale importanza per agevolare lo scambio di informazioni e per permettere al team di definire e raggiungere un obiettivo comune.
Per questo motivo, dopo i temi affrontati nelle puntate precedenti, questo mese parliamo di stili relazionali.
Gli psicologi che hanno studiato questi aspetti hanno identificato quattro stili relazionali che caratterizzano come ognuno di noi reagisce agli eventi e alle situazioni:
- Passivo
- Aggressivo
- Manipolativo (o passivo aggressivo)
- Assertivo
Si tratta di archetipi sociali acquisiti durante le prime esperienze sociali (famiglia) e in quelle successive (amici, scuola,..): sono quindi atteggiamenti che non sono congeniti della nostra personalità, ma possono essere appresi (e quindi anche fatti evolvere con gli anni).
Caratterizzano il nostro modo di porsi nei confronti degli interlocutori con i quali assumiamo comportamenti che possiamo catalogare in base a due variabili: il focus che abbiamo (verso noi stessi o verso l’altro) e alla capacità di condividere apertamente il proprio pensiero.
Figura 1 – le due direttrici per la classificazione dei 4 stili relazionali
Queste quattro aree caratterizzano la predominante del nostro atteggiamento che è pero’ la risultante di mix e sfumature: che ciascuno di noi predilige uno stile rispetto a un altro, anche se poi lo stile relazionale agito spesso dipende dal contesto, dagli interlocutori, dal nostro stato d’animo preciso, dal tempo a disposizione. Non è possibile quindi classificare in modo assoluto e netto le persone.
Stile relazionale passivo
A livello cognitivo chi adotta uno stile passivo parte dalla assunzione spesso inconscia di essere peggiore degli altri. Può essere un atteggiamento legato a una bassa autostima o a condizionamenti ambientali: lo spettro possibile passa da uno stile riservato o timido a persone che difficilmente prendono una posizione per paura della confrontazione pubblica che questa comporterebbe (e finiscono per non riuscire a farsi rispettare). Si adattano alla decisione del gruppo. Non esprimono le proprie opinioni ma anzi cercano l’approvazione degli altri.
Il focus di una persona di questo tipo è sugli altri, che segue con attenzione per non entrare in conflitto.
Verbalmente non afferma, ma conferma e supporta quanto già detto.
Cerca il compromesso o addirittura “compra” le posizioni che gli vengono imposte.
La comunicazione non verbale denota una totale assenza di presenza scenica.
Figura 2 – Espressioni verbale non verbale e cognitivo dello stile relazionale passivo
Lo stile relazionale passivo può avere vantaggi e svantaggi all’interno del gruppo.
Da un lato può risultare gentile e accomodante e agevolare così la conversazione quando ci sono difficoltà nella comunicazione (es. primo incontro fra sconosciuti o quando le gerarchie creano barriere).
Dall’altro alla lunga la gentilezza può risultare noiosa se non addirittura fastidiosa o far apparire la persona di poco valore. Uno stile passivo è di ostacolo per comprendere in modo rapido necessità, desideri e pensieri dell’altro.
Una persona di questo tipo può a volte trovare, paradossalmente, in un aggressivo un valido supporto per le proprie insicurezze anche se questo potrebbe limitante: un passivo potrebbe trovare difficile esprimere cosa realmente vuole dal gruppo o dal progetto, mentre in aggressivo potrebbe fagocitare tutta l’attenzione del resto del gruppo.
Come Scrum Master ricordate che il vostro compito è quello di facilitare le dinamiche di conversazione e lo scambio di informazioni finalizzate allo sviluppo di un prodotto durante il lavoro di progetto; non siete lì per fornire supporto psicologico al gruppo.
Un buon modo per non cadere in trappole degne della serie The Mentalist, è quello di concentrare il vostro lavoro su tematiche come la “definizione degli obiettivi del team in funzione del progetto”, “i working agreement” e simili.
L’uso di strumenti di discussione con formati prestabiliti potrebbe aiutarvi. Per questo cercate il formato più adatto al contesto: es. se pensate sia necessario un momento di supporto a chi è più remissivo a esprimere (o trovare) le proprie ragioni potreste optare per lavori individuali anonimi da condividere poi in momenti comuni dove sarete voi a condurre la conversazione: questo è un archetipo che funziona piuttosto bene dato che “contiene” gli esuberanti e protegge i “timidi”.
Avremo modo di entrare nel dettaglio di questi temi quando parleremo di formati di facilitazione.
Stile relazionale aggressivo
Questo stile si manifesta in varie sfumature che vanno da una spiccata tendenza di dire quello che si pensa, si sente e si vuole (trasparenza) fino ad arrivare all’imposizione sugli altri.
Lo stile aggressivo ha una forte concentrazione su se stesso e un limitato ascolto dell’altro.
Dal punto di vista cognitivo una persona aggressiva reputa più importante quello che pensa, sente e desidera lui rispetto a quanto pensa, sente o desidera l’altro. A un aggressivo non interessa la posizione dell’altro e nemmeno le conseguenze che questo possa sulla relazione con l’altro.
Uno stile relazionale aggressivo si declina (e quindi può essere riconosciuto) sul verbale non verbale, cognitivo secondo questo schema:
Figura 3 – Espressioni verbale non verbale e cognitivo dello stile relazionale aggressivo
Nella comunicazione verbale, una persona aggressiva usa frasi come “non ho bisogno di nessuno”, “Se una persona sbaglia non è colpa mia”, “Non posso essere criticato”, “o io o te”, “Esiste un solo modo di fare questa cosa (il mio)” e altro ancora.
Il non verbale invece è sempre orientato a creare distanza o stabilire un rapporto di sudditanza: lo sguardo è fisso, accigliato e minaccioso. Con la sua mimica facciale accigliata e critica, il mento è proteso in avanti e in alto si pone in una posizione supponente, di attacco / intimidazione.
Spesso il volume della voce è alto in modo spropositato rispetto al contesto e usa un tono aspro.
La gestualità è quella di una persona che vuole pontificare e intimidire: punta l’indice oppure tiene le mani sui fianchi le mani si muovono a scatti.
Anche dal punto di vista fisico, un aggressivo si muove nello spazio senza curarsi troppo dei vicini, ma invadendo la bolla prossemica dell’altro.
A livello cognitivo è convinto della propria superiorità che rafforza con sentimenti tendenzialmente negativi (e dannosi per le relazioni di gruppo): rabbia-ira, noia-intolleranza-fastidio, risentimento-irritazione-rancore, astio-ostilità.
Nonostante questo quadro “negativo”, chi agisce uno stile aggressivo ha dei vantaggi personali legati al raggiunto dei propri obiettivi (“dicendo ciò che voglio subito e presto posso avere un vantaggio sugli altri”), alla efficienza (poco tempo speso a fare speculazioni), basso consumo di energia cognitiva (a differenza di un passivo che passa molto tempo a pensare cosa fare e non fare) e nel breve periodo una forte immagine sociale. Purtroppo è poco probabile che possano tradursi in benefici per il gruppo.
Anche per la persona stessa lo stile aggressivo è fortemente limitante: la sua strategia d’azione è povera (a differenza di un passivo-aggressivo che in genere è un abile stratega), spesso l’irruenza lo porta a creare situazioni critiche (i cui effetti sono controproducenti); nel lungo periodo si trova spesso isolato e i rapporti con gli altri si logorano.
Il tutto può ritorcersi contro portando a minare la fiducia di se stesso (a causa della mancanza di capacità di controllare se stesso), generazione di stress.
Per lo Scrum Master uno stile aggressivo è quasi sempre dannoso (sia per il suo lavoro che per i team). La strategia più efficace, se lo scopo è aiutare il gruppo a crescere, potrebbe essere quello di evidenziare gli effetti del suo comportamento sul gruppo. Qualora l’aggressivo non abbia interesse per il bene del gruppo (o peggio ancora non si renda conto che lo sta danneggiando), occorre limitarne gli effetti. Anche in questo caso si può optare su format di facilitazione che isolino o incanalino la sua “esuberanza” (es. 1-2-4-All di Liberating Structures https://www.liberatingstructures.com/1-1-2-4-all). Lo Scrum Master dovrebbe alternare momenti di discussione si gruppo a momenti più intimi in cui si analizzino gli effetti dello stile aggressivo.
La bolla prossemica
La bolla prossemica è la disciplina che studia lo spazio personale, lo spazio sociale e come noi li percepiamo; il termine è stato coniato dall’antropologo americano Edward T. Hall. Lo spazio che ci separa dagli altri è uno spazio mentale, esiste nella nostra mappa del mondo ed è chiamato spazio prossemico o bolla prossemica.
l termine, derivato dal latino prox(imitas) «prossimità», probabilmente composto col suffisso inglese -emics come per phonemics «fonemica» e simili, è stato introdotto e coniato dall’antropologo Edward T. Hall nel 1963 per indicare lo studio delle relazioni di vicinanza nella comunicazione.
Figura 4 – La rappresentazione spaziale della bolla prossemica
Hall ha osservato che la distanza relazionale tra le persone è correlata con la distanza fisica, ha definito e misurato quindi quattro “zone” interpersonali:
- La distanza intima (0-45 cm).
- La distanza personale (45–120 cm) per l’interazione tra amici.
- La distanza sociale (1-2-3-4-5 metri) per la comunicazione tra conoscenti o il rapporto insegnante-allievo.
- La distanza pubblica (oltre i 3-4-5 metri) per le pubbliche relazioni.
Conclusione
Questo articolo rappresenta la prima parte di una mini-trattazione dedicata agli stili relazionali. Abbiamo parlato di stile passivo e aggressivo. Nella prossima puntata affrontiamo i restanti due ovvero lo stile manipolativo (detto a volte anche passivo-aggressivo) e quello assertivo.