Premessa: la storia e la teoria che ci sta dietro
Su MokaByte stiamo pubblicando una serie di articoli scritti nello stile del cosiddetto business novel. Si tratta di un genere piuttosto diffuso nel panorama nordamericano dell’editoria specializzata, in cui si affrontano temi di tipo professionale e aziendale non con un saggio, ma con racconti o un romanzo in cui problemi, ipotesi per risolverli, soluzioni adottate e riflessioni teoriche si intrecciano alle vicende dei personaggi, alle loro azioni.
Più che spiegare un tema, si racconta una storia, allo scopo di parlare di argomenti complessi ma con un taglio leggero e vicino all’esperienza, sperando di rendere il tutto più coinvolgente per il lettore.
In questo caso, la nostra storia parla della creazione di ecosistemi digitali e di come le organizzazioni e le aziende adottino dei cambiamenti che portano allo sviluppo di tali ecosistemi digitali.
Per agevolare la comprensione della teoria inserita all’interno del racconto, abbiamo pensato di estrapolare dalla nostra narrazione i concetti teorici e di inserirli in articoli di approfondimento a sé stanti, come quello che state leggendo.
Sia gli articoli narrativi che quelli “teorici” fanno riferimento al mio lavoro di agile coach all’interno dell’azienda di consulenza e coaching per cui opero.
Inception di prodotto: from vision to backlog
Nel Product Management, un prodotto — applicazione digitale, servizio online, oggetto fisico… — si intende di successo se soddisfa le necessità di un utilizzatore finale.
Per questo motivo, nel processo di creazione di un prodotto, diventa estremamente importante partire dalla identificazione e definizione di tali necessità in modo da costruire poi un prodotto che permetta di esaudire questi bisogni.
Questa fase, che viene spesso denominata come Product Inception (il “concepimento del prodotto”) proprio a rimarcarne l’importanza, ha come scopo quello di produrre il Product Backlog; questo backlog quindi rappresenta l’elenco delle necessità la cui traduzione in funzionalità porterà alla definizione del prodotto finito.
È per questo motivo che spesso la inception di prodotto viene definita anche come la procedura che permette di passare dalla vision al backlog.
Product Inception in breve
Di inception di prodotto abbiamo già parlato a più riprese su queste pagine [1], [2], [3], [4] e per questo possiamo qui ricordarne in modo sintetico, i passaggi essenziali.
- Si parte dalla definizione della visione del prodotto che fornisce una panoramica di alto livello di ciò che si vuole raggiungere con il prodotto e quali problemi si intende risolvere.
- Si passa all’identificazione delle personas, per comprendere le esigenze, le motivazioni e i comportamenti dei vari segmenti di clienti a cui il prodotto si rivolge. Per ogni personas, oltre a definire le caratteristiche demografiche e i comportamenti (abitudini di acquisto, utilizzo dei prodotti, interazioni con i canali di comunicazione, etc.), si elencano i bisogni di business, ovvero i problemi che i clienti incontrano e che il prodotto si propone di risolvere.
- Si arriva quindi alla creazione dei customer journey: per ogni bisogno di business identificato, si crea un customer journey che descrive il percorso che un cliente compie dall’inizio alla fine del processo di interazione con il prodotto.
Inception di prodotti per gli ecosistemi digitali
Nel processo appena visto, un ruolo centrale è svolto dal customer journey, che sintetizza l’esperienza utente mentre usa il prodotto per raggiungere il proprio obiettivo. In tal senso, un prodotto di successo, oltre a permettere di risolvere i bisogni di business di un utente, deve offrire un’esperienza utente gradevole, senza intoppi e facilmente eseguibile. In gergo si dice deve offrire un customer journey frictionless e seamless. Quando si parla di ecosistemi digitali, questo concetto si amplifica in modo considerevole.
Il processo qui visto è valido per la creazione di un qualsiasi prodotto che debba soddisfare le esigenze dell’utente target, offrendo un’esperienza utente ottimale. Il tema “esperienza utente ottimale” assume un peso importante quando si parla di prodotti che debbano “vivere” all’interno di ecosistemi digitali: in tale ambiente, infatti, i diversi prodotti interagiscono tra loro scambiandosi dati e creando esperienze utente più integrate e personalizzate. Si usa il termine ecosistema non a caso.
In un ecosistema digitale, i customer journey di diverse aree di business, segmenti di mercato e tipologie di necessità utente possono avere interconnessioni e punti di scambio.
Nello sviluppo di un prodotto digitale è importante quindi porre attenzione all’integrazione dei customer journey, al fine di garantire un’esperienza utente coerente e omogenea con gli altri prodotti dell’ecosistema. Tale integrazione si può ottenere in vari modi che osservano il problema da punti di vista differenti.
In questo articolo, prendendo spunto dalla storia raccontata nella puntata gemella [5], ne proponiamo uno che in diversi contesti di progetto ha mostrato una certa efficacia: questo approccio crea un sistema di scambio che abbiamo chiamato Digital Bazar.
Digital Bazar
Abbiamo scelto la metafora del bazar per indicare un processo in cui si mettono in contatto domanda e offerta in modo da creare opportunità vantaggiose per entrambe le parti coinvolte nella trattativa, proprio come accade in un mercato.
Lo scopo è quello di partire dai Customer Journeys identificati nel processo standard di inception, che molto probabilmente saranno viaggi indipendenti fra loro, e di arrivare a collegarli fra loro mediante per composizione, inserimento o intersezione. Il processo di collegamento si basa sul processo di scambio delle risorse che entrano in gioco durante i viaggi utente.
Per ogni customer journey, si possono individuare i dati necessari in input (domanda) e i dati prodotti in output (offerta). Questo in genere permette di comprendere come le informazioni possano essere scambiate tra i diversi customer journeys; siu creano le connessioni quindi tenendo conto dei dati di domanda e offerta, e individuando i punti di contatto, le sovrapposizioni e le lacune che potrebbero influenzare l’esperienza complessiva dell’utente.
Riaggregazione delle interconnessioni
I dati prodotti in un determinato step di un customer journey possono diventare input per un’altra journey, creando opportunità per scambi di dati tra i vari contesti.
Nel workshop svolto dai vari responsabili delle diverse aziende “consorelle”, c’era la necessità di mettere in luce come i dati richiesti e prodotti da qualcuno di loro potessero diventare importanti per qualcun altro. In questo mutuo scambio di informazioni consiste un primo passo per la creazione di una applicazione X-O.
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Un esempio più esteso
Per spiegare il processo di integrazione di vari customer journey, riprendiamo in esame l’esempio presentato nella parte gemella [5] della storia: parliamo del customer journey per l’acquisto di un’auto con finanziamento leasing.
Gli attori coinvolti potrebbero essere i seguenti, con un’ovvia semplificazione a scopo didattico:
- Casa madre (in sigla CM): rappresenta il marchio sul territorio nazionale, svolge tutte le operazioni di comunicazione e marketing, quelle amministrative, e il coordinamento con la rete concessionari, provvedendo agli acquisti dalle fabbriche e alla distribuzione sul territorio dei veicoli. Inoltre gestisce i canali digitali unificati (p.e.: sito web, app assistenza. etc.).
- Concessionari (in sigla DEAL): sono i punti di contatto fisico con il cliente, offrono prevendita, vendita fisica/ritiro veicoli, assistenza post vendita.
- Finanziaria (in sigla FS, Financial Services): anche se un cliente la vede come parte della casa madre, è un’azienda a se stante a tutti gli effetti. Offre tutti i servizi finanziari a supporto dell’acquisto di un veicolo (p.e.: leasing, finanziamenti, noleggio a lungo termie, etc.).
Il percorso dell’utente per procedere all’acquisto potrebbe seguire questi passi:
- CM. Consapevolezza: l’utente vede una pubblicità televisiva, un annuncio online o legge un articolo su un nuovo modello di auto che cattura il suo interesse.
- CM. Ricerca sul web della casa madre per ulteriori approfondimenti.
- DEAL. Visita al concessionario per vedere l’auto di persona, fare un test drive e raccogliere ulteriori informazioni sul veicolo e sulle opzioni di leasing disponibili.
- CM. Richiesta finanziamento.
- FS. Configurazione del finanziamento.
- CM. Stipula contratto online
- DEAL. Ritiro auto al concessionario
Dati raccolti e dati prodotti
In ogni fase del customer journey, si raccolgono e producono diversi tipi di dati che possono essere utilizzati per personalizzare l’esperienza del cliente o che possono venir condivisi con terze parti in uno scambio, se consentito dal cliente e nel rispetto delle leggi sulla privacy e protezione dei dati. Ecco una panoramica dei dati per ciascun passaggio:
Consapevolezza:
- Dati necessari: Nessuno.
- Dati prodotti: Interessi del cliente e comportamenti di navigazione online.
Ricerca e web:
- Dati necessari: Nessuno.
- Dati prodotti: Ricerca e confronto dei modelli, caratteristiche e prezzi delle auto; comportamenti di navigazione online e interazione con i siti dei produttori e concessionari.
Visita al concessionario:
- Dati necessari: Contatto (nome, email, telefono).
- Dati prodotti: Preferenze del cliente riguardo modello, colore, caratteristiche; feedback sul test drive; informazioni sulle opzioni di leasing desiderate.
Richiesta finanziamento:
- Dati necessari: Informazioni personali e finanziarie per determinare l’idoneità al leasing.
- Dati prodotti: Dettagli sulle offerte di leasing e preferenze del cliente.
Configurazione del finanziamento:
- Dati necessari: Documenti di identità, reddito, verifica del credito e altre informazioni finanziarie; dati auto, contratto base.
- Dati prodotti: Offerte di leasing preferite, incentivi e promozioni considerate.
Stipula del contratto online
- Dati necessari: Informazioni personali, dettagli del contratto e documenti di identità.
- Dati prodotti: Dettagli del contratto firmato, data di consegna e informazioni sull’auto.
Ritiro auto
- Dati necessari: Documentazione stipula contratto.
- Dati prodotti: Documentazione di viaggio (libretto, richiami per tagliandi, etc.).
Lo scambio di dati
I dati prodotti ai vari step potrebbero essere utilizzati come input per altri “viaggi utente” e viceversa.
Allo step 5 del customer journey, i dati sulla configurazione del finanziamento e i dettagli del contratto di leasing sono utili a vari dipartimenti di un’azienda automobilistica. Il dipartimento finanziario monitora le approvazioni e il cash flow, mentre il dipartimento vendite valuta l’efficacia delle strategie e identifica modelli di auto popolari. Il marketing crea campagne mirate e strategie efficaci, il servizio clienti offre supporto personalizzato e l’analisi e pianificazione strategica guidano le decisioni aziendali. Infine, la gestione del rischio e compliance valuta i rischi e le conseguenti contromisure.
Come creare le connessioni
L’uso dello scambio delle risorse è molto utile nel momento in cui si devono mettere in contatto journey differenti. Ogni passaggio di un determinato customer journey, infatti, raccoglie dati necessari in entrata e produce dati in uscita (figura 5).
Ogni step di questo viaggio come visto in precedenza potrebbe essere valutato in base ai dati prodotti e a quelli invece necessari. E lo stesso potrebbe essere fatto per altri viaggi, andando così a trovare delle connessioni (figura 6).
A partire da tali punti di connessione, si arriva a nuovi scenari di UX tramite meccanismi di inserimento (figura 7) e congiunzione (figura 8).
Perché si parte dai dati?
Il meccanismo appena visto può apparire inizialmente macchinoso e, successivamente, invece piuttosto ovvio nel momento in cui si arriva a identificare le connessioni. Da li in poi appare chiaro come collegare i “viaggi”, per cui ci si potrebbe chiedere a cosa possa servire tutta questa complessità.
Nella nostra esperienza, quando si lavora all’interno di organizzazioni complesse — come il gruppo del ramo automotive protagonista della nostra storia, con diverse realtà o aziende separate — in pochi hanno le idee chiare su come strutturare un percorso utente sui prodotti da realizzare. E le idee risultano spesso ancor più confuse se si chiede di pensare a questi “cammini” in modo da individuare subito le connessioni. È questo infatti un risultato che tipicamente emerge a valle di un lavoro curato da esperti della materia (tipicamente UX designer).
Se però andate a chiedere ai vari stakeholder di che cosa hanno bisogno per erogare un servizio al cliente o, viceversa, quale tipo di output possono produrre, quasi tutti hanno le idee chiare, anche se limitatamente al proprio contesto, quindi in modo settoriale e non ancora in un’ottica di ecosistema e collaborazione.
Abbiamo pertantoi organizzato molte sessioni di “baratto” dove i partecipanti sono stati invitati a rispondere a domande del tipo “Di cosa hai bisogno per fare questa cosa?” oppure “Che cosa cerchi?” e “Cosa offri in cambio?”. Questo è il meccanismo del Digital Bazar.
Questo tipo di lavoro, svolto in gruppo, spesso intorno allo stesso tavolo, ha portato a risultati molto interessanti, destrutturati ma comunque utili (figura 9).
Questo meccanismo ha permesso di capire che vi erano degli interessi comuni, che infatti potevano essere semplicemente risolti con qualche raggruppamento o connessione (figura 10).
Connessioni sociali prima che tecniche
Il risultato più utile in questi casi non è solo quello di trovare le connessioni fra i customer journey, ma piuttosto quello di creare collegamenti fra domanda-offerta e di stabilire quindi collaborazioni fra persone che appartengono ad ambiti differenti (uffici, reparti, dipartimenti, aziende, organizzazioni).
Il beneficio è quindi quello di usare un linguaggio non tecnico ma comune a tutte le persone, il linguaggio del mercato, del “bazar”, per creare un sodalizio sociale prima ancora di arrivare a mettere sul piatto tecnicismi e strumenti specialistici, peraltro utili, come quelli per esempio dei designer UX.
I customer journey in ecosistemi digitali
Quindi, per riassumere, in un ecosistema digitale, i diversi prodotti digitali possono interagire fra loro scambiandosi dati. Semplificando, molto è come se i vari customer journey dovessero collegarsi fra loro per offrire un’unica esperienza utente omogenea, organica.
Non è solo un problema di connessioni fra differenti customer journey, ma anche fra i diversi proprietari/responsabili di quei dati. Creare interconnessioni in cui i vari customer journey possano collegarsi tra loro per offrire un’esperienza utente omogenea e organica presenta infatti delle complessità sia a livello tecnico/implementativo che “sociale” (dimensione sociotecnica).
Aspetti chiave per creare le connessioni sociotecniche
Possiamo identificare alcune caratteristiche chiave nella creazione di interconnessioni all’interno degli ecosistemi digitali.
- Interoperabilità dei sistemi: assicurarsi che i sistemi, le piattaforme e le tecnologie utilizzate dai diversi prodotti digitali siano compatibili e in grado di comunicare tra loro. Questo può richiedere l’uso di API (Application Programming Interface), di standard di comunicazione e formati di dati comuni.
- Condivisione e governance dei dati: stabilire protocolli e linee guida chiare per la condivisione, l’accesso e l’utilizzo dei dati tra i diversi prodotti digitali e i responsabili dei dati. Questo include la definizione di ruoli e responsabilità, la gestione delle autorizzazioni e la conformità alle leggi e ai regolamenti sulla privacy e sulla protezione dei dati.
- Flussi di lavoro e processi: progettare flussi di lavoro e processi che permettano ai diversi customer journey di interagire e integrarsi tra loro. Ciò può includere l’automazione di alcune attività, il coordinamento tra i diversi team e la creazione di un’unica visione del cliente attraverso i diversi touchpoint.
- Personalizzazione e contestualizzazione: utilizzare i dati condivisi tra i diversi prodotti digitali per offrire esperienze personalizzate e contestualizzate agli utenti. Ad esempio, se un cliente ha mostrato interesse per un particolare prodotto in un customer journey, un altro prodotto digitale potrebbe utilizzare queste informazioni per offrire contenuti o promozioni pertinenti.
- Misurazione e analisi: monitorare e analizzare le interazioni tra i diversi customer journey, identificare le opportunità di miglioramento e ottimizzare l’esperienza utente complessiva.
- Collaborazione tra team e stakeholder: favorire una cultura di collaborazione e condivisione tra i team e gli stakeholder coinvolti nei diversi customer journey, in modo che lavorino insieme per creare un’esperienza utente omogenea e organica.
Riferimenti
[1] Giulio Roggero – Stefano Leli, Dalla visione al prodotto. I parte: Come impostare la visione di prodotto, MokaByte 199, ottobre 2014
https://www.mokabyte.it/2014/10/01/liftoff-1/
[2] Giulio Roggero – Stefano Leli, Dalla visione al prodotto. II parte: Primi passi con i canvas. La Vision Board, MokaByte 200, novembre 2014
https://www.mokabyte.it/2014/11/01/liftoff-2/
[3] Giovanni Puliti, Dalla visione al prodotto. III parte: Raccogliere le storie con la User Story Map, MokaByte 202, gennaio 2015
https://www.mokabyte.it/2015/01/01/liftoff-3/
[4] Giovanni Puliti, Dalla visione al prodotto. IV parte: All together now, MokaByte 203, febbraio 2015
https://www.mokabyte.it/2015/02/01/liftoff-4/
[5] Giovanni Pulit, Digital revolution: trasformare le aziende in ecosistemi digitali. V parte: Progettiamo un’applicazione Cross Organisation (XO), MokaByte 294, maggio 2023)
https://www.mokabyte.it/2023/05/14/digitalrevolution-5/